Nove persone coinvolte nel fallimento della Aspera S.p.a., la società guidata dall’architetto Alex Amirfeiz che si occupava di costruzioni civili e industriali,ed era specializzata nel recupero e nella conservazione d'immobili storici e monumentali, sono state sottoposte a misure cautelari e interdittive su indicazione del Gip di Genova, che ha accolto in maniera parziale le richieste avanzate dalla procura della Repubblica. Per l’imprenditore, volto noto delle cronache genovesi e famoso anche per essere stato il braccio destro dell’ex presidente della Regione Sandro Biasotti, sono scattati gli arresti domiciliari.
Cinque commercialisti sono stati sottoposti al il divieto di esercitare la professione; per loro e per gli altri tre indagati è scattato anche il divieto di lavorare in imprese e uffici direttivi delle persone giuridiche.
Otto degli indagati rivestivano incarichi nel consiglio di amministrazione e nel collegio sindacale della società, mentre il nono ricopriva l’incarico revisore legale. Inoltre, il Gip ha disposto anche il sequestro delle disponibilità finanziarie e dei beni dell’amministratore delegato, per un totale di tre milioni e trecentomila euro.
Le accuse mosse dalla procura e parzialmente accolte dal Gip riguardano bancarotta fraudolenta per distrazione e dissipazione, false comunicazioni sociali, bancarotta impropria da false comunicazioni e auto-riciclaggio. L’indagine svolta mirava ad approfondire i contenuti della relazione prodotta dal curatore fallimentare di Aspera. Sono inoltre stati effettuati accertamenti anche mediante l'esame della copiosa documentazione acquisita sui rapporti commerciali intrattenuti dalla SPA fallita con le società a questa collegate.
Secondo la GdF Procura della Repubblica, in molti casi nei passaggi di denaro tra le società, non è stato possibile individuare valide ragioni economiche che giustificassero tali operazioni.
Gli investigatori hanno analizzato i bilanci e libri contabili societari accertando numerose operazioni oggetto di contestazione, tra le quali: al completa svalutazione di crediti maturati nel tempo e stralciati nell'ultimo bilancio prima del fallimento, l'effettuazione di pagamenti su conti transitori privi di giustificazione contabile, l'esecuzione di bonifici per finanziamenti infruttiferi e successiva rinuncia al credito maturato, la indebita svalutazione di rimanenze.
La crisi che ha portato Aspera al fallimento è cominciata, stando a quanto accertato dagli inquirenti, nel 2015: in tale periodo la società non è riuscita a far fronte in modo regolare alle obbligazioni a causa di una progressiva diminuzione del patrimonio sociale. A bilancio, però, sono stati messi fatti rilevanti non rispondenti al vero, impedendo così a terzi creditori di di avere al piena consapevolezza sulla reale condizione debitoria. Il fallimento è stato decretato quattro anni più tardi, nel 2019.
L'attività investigativa, comunque suscettibile di ulteriori vagli, ha permesso altresì di accertare:
- un'esposizione debitoria a carico della fallita a partire dal 2014 e fino al fallimento del 2018, pari a circa diciotto milioni di euro di debiti, nonché
- la prosecuzione dell'attività imprenditoriale omettendo, senza che si provvedesse ala convocazione dell'assemblea per l'adozione di provvedimenti urgenti che avrebbero fato emergere li grave stato d'insolvenza.