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Attualità | 21 novembre 2023, 08:00

Librai per amore - Hugo, l’uomo sempre gentile di via San Vincenzo: “Quella volta che comprò anche Umberto Eco”

Tantissimi gli aneddoti di questo venditore proveniente dal Sud America: “E pensare che ho iniziato per caso. Ero disoccupato e mi sono messo a dare il bianco negli appartamenti. Poi un editore aveva problemi di umidità e…”

Librai per amore - Hugo, l’uomo sempre gentile di via San Vincenzo: “Quella volta che comprò anche Umberto Eco”

 Si chiama Hugo Attilio, è nato in Uruguay ma ha vissuto molti anni in Argentina, e da tredici anni è il proprietario della bancarella di libri che si trova in via San Vincenzo, sotto i portici, poco prima della stazione Brignole. Ha due cognomi come si usa in Sudamerica, quello del papà, Diz, e quello della mamma, Janavel, un bagaglio di vita sicuramente pesante ma che non sembra aver minimamente spento il sorriso e la voglia di seguire la propria passione. 

“Esistono i turisti per caso, io sono un libraio per caso” commenta ridendo quando gli domandiamo come è nata la sua passione per i libri. “Ero a Genova ed ero da poco disoccupato, così ho accettato la proposta di una mia amica di dare il bianco in un appartamento. A Cuba avevo lavorato in una brigata internazionale e avevo fatto un po’ tutti i lavori, così ho accettato. Ho fatto un buon lavoro, tanto che si è sparsa la voce, e mi hanno segnalato di contattare una persona che aveva una casa editrice in piazza Campetto. Si chiamava Corrado Basile, e aveva problemi di umidità e si sa che non va molto d’accordo con i libri. Ho iniziato quindi a lavorare per lui, ma una volta finiti gli interventi mi ha assunto per distribuire i libri in giro per l’Italia. Io non avevo esperienza, mi piaceva leggere, ma ho accettato. Poi mi sono fermato in negozio, gli davo una mano a compilare gli schedari: non era un lavoro facile, c’erano volumi sulla storia d’Italia, tante prime edizioni di romanzi, era molto impegnativo. Ho iniziato a conoscere gli autori, a imparare. Ho poi gestito un’altra bancarella prima di questa, era di un signore francese, finché non ho avuto l’occasione di prendere un posto più piccolo, tredici anni fa. E ora siamo qui”.  

 

Come mai ha scelto di prendere una bancarella di dimensioni ridotte? “Avevo annusato che stavano arrivando tempi nuovi: iniziavano a chiudere le piccole aziende, e per gestire un posto così avrei dovuto assumere qualcuno, non era il momento. All’inizio dell’attività gli affari andavano molto bene, si vendevano tanti libri, compravano addirittura enciclopedie intere, ora nemmeno se le regalassi riuscirei a darle via” (ride).

Secondo il signor Hugo, “vecchi sanno queste cose, i giovani allora avevano molta più disponibilità economica. Io poi ho avuto sempre una clientela un po’ di nicchia, tanti arrivavano cercando prime edizioni di Montale, Pasolini, Gadda, grandi autori. Erano altri tempi. I ragazzi che oggi frequentano la bancarella è palese che non hanno la disponibilità economica che c’era prima. I genitori hanno chiuso il rubinetto o girano meno soldi, non so. So che, allo stato delle cose, bisogna avere un coraggio enorme per continuare a vendere libri. Ho la partita Iva, pago il commercialista, l’occupazione del suolo pubblico. Delle volte devo chiedere a genovesi e amici simpatici di non chiedermi sconti perché non so come fare, ho un sacco di spese”. 

Un posto così di passaggio come l’uscita di una delle stazioni principali della città ha sicuramente regalato qualche avventura particolare nel corso degli anni. C’è qualche aneddoto che ricorda con piacere?

“I miei clienti sono quasi tutti particolari. Ci sono stati però diversi episodi che ricordo con piacere. Per esempio, un giorno mentre ero seduto a lavorare sono arrivati una signora insieme a un uomo, non li conoscevo. La donna mi chiede se avevo dei Romanzi della Palma, che sono dei libri pubblicati negli anni Trenta, che venivano letti soprattutto dal pubblico femminile. Io ne avevo qualcuno in magazzino, e quando gliel’ho detto mi ha risposto: ‘Bene, è lui che li cerca. Lo riconosce? È Umberto Eco’. Questa è una zona di passaggio, c’è la stazione dei treni, non è che lui è venuto al mio banchetto, è passato di qua e ha visto i libri, però ero emozionato. Gli ho chiesto come mai era interessato a questi libri: mi ha svelato che alcuni grandi nomi della letteratura del Novecento, quando erano giovani e alle prime armi, avevano scritto racconti che poi erano stati pubblicati su questa collana, come Eugenio Montale per esempio. Trovare un racconto inedito di uno di loro aveva un valore notevole”.

Ma Umberto Eco non è il solo personaggio noto che è capitato nel chiosco di Hugo: “Un giorno arriva davanti alla bancarella un signore con un bastone, accompagnato da due giovani e da una badante brasiliana, interessati a due prime edizioni di Guido Ceronetti. La ragazza mi chiede il prezzo, e mi sembrava strano fosse interessata. Quando gliel’ho detto mi ha indicato il signore che era con lei, che era proprio Ceronetti, l’autore. Volevo farmi firmare da lui uno dei suoi libri per venderlo, ma li ha comprati lui perché voleva regalarli e gli costava meno comprarli che cercarli a casa sua. Però mi ha fatto una dedica nella mia lingua, parlava tante lingue”.

L’ultimo degli episodi che il libraio di via San Vincenzo ricorda con piacere riguarda Emanuele Filiberto di Savoia. “Ho visto un gruppo di persone che girava qui in zona, c’era anche Casini, erano tutti giovani. Quel giorno avevo un libro interessante proprio sui Savoia, e uno di loro ha detto a un altro di prenderlo. Quando ho sentito la voce ho riconosciuto che era lui, Emanuele Filiberto. Ci siamo presentati, ha comprato il libro e mi ha dato anche un santino. Si chiamano santini, no?”.

Hugo è divertente, ironico, con quella punta di disincanto nella voce che però non vuole prendere il sopravvento. Esposti in bella vista nella sua bancarella ci sono libri di storia, politici, di guerra, sugli ufo e romanzi sempre diversi a seconda della giornata in cui lo si va a trovare. “Non è una libreria, è una bancarella” tiene a sottolineare. Forse perché, in questo modo, può essere sempre più somigliante possibile alla persona che la tiene in vita.

Chiara Orsetti

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