Attualità - 30 ottobre 2023, 10:02

Torna la Marcia della Memoria in ricordo della deportazione degli ebrei di Genova

Organizzata dalla comunità di Sant’Egidio, dalla comunità ebraica di Genova e dal centro culturale Primo Levi, la manifestazione vedrà la partecipazione di Edith Bruck, scrittrice e testimone della Shoah, e Noemi Di Segni, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

La Comunità di Sant'Egidio, insieme alla Comunità Ebraica di Genova e al Centro culturale Primo Levi, invitano alla Marcia della Memoria in occasione dell'80° anniversario della deportazione degli ebrei di Genova, perché chi ricorda il passato ha a cuore il futuro.

L'evento ha inizio alle ore 16.30 di giovedì 2 novembre, con partenza dalla Sinagoga di Genova per concludersi in Galleria Mazzini.

In Sinagoga si svolgeranno gli interventi di Raffaella Petraroli Luzzati, presidente della Comunità ebraica di Genova;  Miryam Kraus, presidente dell’ANED di Genova; Giuseppe Momigliano, rabbino capo della Comunità ebraica di Genova. 

Si esibirà il coro Shlomot. 

Alle 17.30 circa è previsto l’avvio della Marcia silenziosa verso Galleria Mazzini. Dopo i saluti delle autorità, prenderanno la parola: Noemi Di Segni, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane; Andrea Chiappori, responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Liguria;  Alberto Rizzerio, presidente del Centro Culturale Primo Levi;

Edith Bruck, scrittrice e testimone della Shoah.

La deportazione

La deportazione degli ebrei di Genova. Il 3 novembre 1943 scatta la retata della sinagoga di Genova. Attirati con uno stratagemma al Tempio, diversi ebrei genovesi vengono arrestati dalle SS e quindi portati a Marassi. Alcuni però si salvano, grazie all’allarme di una donna che, accortasi della trappola, facendo cenni dalla finestra al principio della via, riuscì ad avvisare i malcapitati di quanto stava succedendo. Nei giorni successivi gli arresti riguardano varie abitazioni di ebrei genovesi e coinvolgono anche le Riviere. Sono oltre cinquanta gli ebrei catturati nei primi giorni di novembre in Liguria. Il 1° dicembre vengono inviati a Milano, e da lì in treno ad Auschwitz. Di quel primo gruppo si salva solo Giuseppe Di Porto, ebreo romano che aveva cercato scampo a Genova, ma che in città fu catturato dai tedeschi. Complessivamente furono 261 gli ebrei genovesi deportati (più del 20% degli iscritti alla Comunità), alcuni catturati in città, altri mentre cercavano di raggiungere luoghi sicuri, come la Svizzera. Tornarono solo in venti.

Le celebrazioni a Genova

Da tredici anni la Comunità di Sant’Egidio, la Comunità Ebraica di Genova e il Centro culturale Primo Levi, ricordano i tragici eventi del novembre 1943 con una marcia silenziosa, illuminata dalle fiaccole e accompagnata dai nomi dei campi di sterminio, che tocca tutti i luoghi che fecero da scenario a quegli eventi e in particolare Galleria Mazzini – il punto dove venne arrestato il rabbino Emanuele Pacifici, ricordato da una “pietra d’inciampo” – e la Sinagoga di passo Bertora, che il 3 novembre di 80 anni fa venne profanata dalla retata nazista che diede inizio alla deportazione degli ebrei genovesi. Si tratta di un evento che coinvolge tutta la città (soprattutto i giovani, le scuole, persone di diversa nazionalità e religione) che nasce dall’antica amicizia di Sant’Egidio con gli ebrei: a Roma, dal 1994, una manifestazione ricorda ogni anno la deportazione della comunità israelitica, il 16 ottobre 1943, ed è diventata ormai un appuntamento per tutta la città, con una grande presenza anche delle comunità immigrate. Nel 2010 Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica romana, ricordò la figura del nonno Riccardo, rabbino di Genova catturato e ucciso in Galleria Mazzini nel novembre 1943. «La memoria della Shoah nelle nostre città – spiegò allora Pacifici – non deve essere solo fatta di un ricordo doloroso, ma deve essere una festa, soprattutto per noi ebrei: deve dire che noi ci siamo ancora e che la vita ha vinto sulla morte. E ricordare le discriminazioni di allora serve per costruire un futuro diverso». Tra i compagni di questa memoria, anche i testimoni delle storie luminose di “giusti” che tentarono di porre un argine al male e all’indifferenza. Tra questi, i parenti di monsignor Francesco Repetto, segretario dell’allora arcivescovo Pietro Boetto, uno dei sacerdoti genovesi insigniti del titolo di “Giusto tra le Nazioni” per aver salvato decine di ebrei.   

Redazione