Si è aperta con un lungo applauso al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la quarantesima assemblea annuale di Anci, in corso a Genova.
“Grazie per aver onorato la città”, esordisce il sindaco di Genova Marco Bucci prendendo la parola dopo l’intervento da remoto della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, rimasta a Roma.
Come Meloni, Bucci ha ricordato la paternità dell’Inno d’Italia, composto da Mameli e Novaro, e suonato per la prima volta nella chiesa di Nostra Signora di Loreto nel 1847.
“La Marsigliese si chiama così perché è stata suonata per la prima volta a Marsiglia, potremmo chiamare l’Inno di Mameli ‘la Genovese’”, scherza il primo cittadino, che si sincera di far capire il gioco ma ribadisce: “Vogliamo che sia una grande assemblea, che dia visibilità al territorio, vogliamo che l’assemblea sia un momento in cui si possano scambiare idee, opinioni, condividere obiettivi. Vogliamo che le nostre città diventino belle e grandi, se lo facciamo con le nostre città, lo facciamo con tutta Italia”.
Il primo cittadino ha poi ricordato le sfide che la nazione ha davanti e che rappresentano un’occasione di crescita a cui è necessario non sottrarsi.
Poi la proposta, rivolta a Decaro: “Nella nostra nazione, 645 comuni hanno il mare come parte del loro territorio. Il mare non è solo spiaggia e ombrelloni, ma è tantissimo, ci dà energia, futuro. Ci da tanto. Questi comuni potrebbero parlassi, potremmo fare una specie di circolo dei comuni del mare, l’Italia può vantare tanti comuni del mare e di cui dobbiamo essere orgogliosi”. “Non andate via da qui - conclude - senza aver assaggiato le trenette al pesto e la focaccia. Ricordatevi che Genova sarà capace di abbracciarvi, lo ha fatto per secoli nel passato abbracciando persone che andavano per mare, parlando diverse lingue ma qui trovando un porto sicuro”.
Subito dopo anche il presidente della Regione Giovanni Toti ha salutato l’assemblea: “In questa sala oggi c’è il meglio della Repubblica Italiana. C’è il nostro Presidente, che rappresenta l’unità, e tutti voi, le peculiarità del nostro territorio”.
“Se esiste un ‘modello Genova’ - conclude Toti - è quella capacità di dialogo che siamo riusciti a mettere in piedi tra tutti coloro che devono partecipare al bene comune. Quello è il contributo che possiamo dare”.
Applauditissimo anche il presidente di Anci Antonio Decaro, accolto con una standing ovattino da parte degli oltre tremila sindaci presenti in sala che sceglie di aprire il suo intervento citando Guccini.
Dopo un omaggio al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, recentemente scomparso, Decaro è entrato nel merito facendo il punto della situazione. Prima però, un passaggio dedicato al presidente Mattarella, ancora una volta presente all’assemblea Anci: “Presidente, Lei oggi compie 3186 giorni di servizio della Repubblica nella sua carica più alta e rappresentativa. L’hanno definita ‘il Presidente dei record’. Ma per me e per i miei colleghi sarà sempre ‘il Presidente dei Sindaci’.
Il presidente di Anci ha poi riflettuto sulle sfide che sono state affrontate negli ultimi sette anni, inclusi i cambiamenti politici e sociali che hanno interessato l’Italia, a partire dalla pandemia che ha segnato gli ultimi anni.
“Mentre fuori dai nostri Municipi spesso il mondo sembra aver perso la ragione - ha continuato Decaro - noi siamo rimasti lì, inchiodati alle nostre piccole e grandi responsabilità. Lo abbiamo fatto nonostante le difficoltà, nonostante qualcuno a volte abbia provato a screditarci. Lo abbiamo fatto perché era giusto farlo. Perché, se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi anni insieme è che questo Paese non può fare a meno dei suoi sindaci. Pensate alla forza che Marco Bucci ha dovuto trovare quando è stato nominato commissario per la ricostruzione del ponte Morandi. Ricostruire un ponte e ricostruire la fiducia dei suoi concittadini. Ricostruire una comunità, restituire la speranza dopo il dolore, riaccendere il coraggio dopo la delusione, rimettersi in cammino dopo una caduta. Questo fanno i sindaci, ogni giorno. Questo abbiamo fatto di fronte a qualsiasi bisogno o urgenza. Davanti a situazioni conosciute o sconosciute. Come quando ci siamo dovuti “inventare” nel vero senso della parola, quello strano meccanismo, brutto a dirsi ma non a farsi, della perequazione. Abbiamo superato la spesa storica e distribuito le risorse in modo da aiutare i Comuni che avevano più bisogno, tenendo conto per ognuno della capacità fiscale e dei fabbisogni standard . Lo abbiamo fatto senza litigare. Sappiamo essere squadra nonostante le distanze o le differenze. Questa è, e deve esserlo sempre, la nostra forza. Il Paese sa di poter contare sui sindaci perché sa che i sindaci, quando prendono un impegno, lo portano avanti fino in fondo. E la ricompensa più bella che avremo sarà sempre l’abbraccio di un genitore che all’apertura di un nuovo asilo nido, nonostante gli occhi lucidi perché deve salutare da lontano suo figlio, ti dice grazie perché finalmente non dovrà rinunciare al lavoro”.
Decaro ha fatto sapere che quello odierno è il suo ultimo discorso come presidente: “Adesso più che mai mi sembra di vedere in ognuno dei vostri volti, come se fossero fotografie alla fine di un viaggio, le immagini più intense, che raccontano il nostro incredibile mestiere: quello di sindaco. Vedo la gioia mentre tagliate il nastro di un nuovo parco, dopo anni di intoppi, procedure assurde e autorizzazioni che sembrano non arrivare mai. Vedo la vostra disperazione davanti a una famiglia che ha appena perso la casa crollata tra le macerie di un terremoto. e vedo la vostra passione ostinata nel provare, in tutti i modi a dare una mano, anche solo con un abbraccio, con una parola di conforto. Vi vedo sudati mentre spalate il fango, vi vedo incazzati mentre sbattete i pugni sui tavoli istituzionali. Vedo qualcuno scattare come un centometrista alle olimpiadi e ogni riferimento al sindaco di Firenze è voluto. Vi vedo con i mezzi, pochi, ma con la passione, tanta. Tutte queste immagini le porterò con me e ne farò tesoro”.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha poi salutato l’assemblea, accolto da un nuovo lungo applauso, Mattarella ha ringraziato chi è intervenuto prima di lui e rivolgendosi al sindaco Bucci ha ricordato l’impegno della città “che ha saputo accettare l’inaccettabile tragedia del Ponte Morandi, dando prova del grande impegno, anche se il sultano raggiunto non ricucirà la ferita, insanabile”.
Il presidente ha poi sottolineato il ruolo centrale dei Comuni, ‘istituzioni dinamiche’ da cui passa la tenuta della coesione sociale e dello sviluppo dell’Italia. ‘I comuni - ha continuato Mattarella - sono termometri immediati dello stato di salute della nostra comunità. Sono la prefigurazione di ciò che viene poi accolto nelle scelte del Governo. Sono la prova della vitalità della nostra democrazia. Va perseguita con ostinazione la strada del sempre maggiore coinvolgimento dei cittadini anche per contrastare la preoccupante tendenza al disimpegno elettorale”.
Per Mattarella, ‘investire sui comuni vuol dire investire sulla concretezza dell’Italia’ terra che vanta un patrimonio culturale e di bellezza che accresce il valore del Paese.
"Ai comuni è chiesto spesso di intervenire senza avere le risorse necessarie e con i sindaci in prima linea - prosegue il capo dello Stato - E’ il caso di calamità naturali, di flussi migratori, ciascuno deve fare al meglio la sua parte con politiche di prevenzione”, ribadendo la complessità del lavoro della comunità degli amministratori locali e ricordando i sindaci minacciati nello svolgimento del loro lavoro, Mattarella ha poi augurato a tutti i presenti una buona assemblea, salutata dall’ennesima standing ovation.