Genova e il suo porto sono imprescindibili l’uno dall’altra. Attorno ai moli è stata costruita la fortuna della Superba che ha sempre investito nei commerci e nell’ampliamento dei suoi traffici grazie anche a un sistema di tasse, in particolar modo quelle imposte alle prostitute.
Attorno al porto sono state diverse le attività che si sono sviluppate, tra cui quella dei cadrai, impiegati dal basso Medioevo e fino agli anni ’60.
Non tutti i lavoratori, dai marinai agli impiegati stabili dell’area, riuscivano a raggiungere le trattorie della darsena per potersi concedere la pausa pranzo.
Da qui l’idea, nata proprio dai gestori delle attività e spinta dai lavoratori: allestire dei gozzi o delle piccole chiatte su cui sistemare le vivande già pronte per portarle direttamente a bordo delle navi ormeggiate in porto.
Su queste piccole imbarcazioni venivano caricati dei paioli di rame con dentro minestrone; alcune di queste erano anche dotate di fornelli in ghisa o terracotta per poter riscaldare il cibo.
Così, al mezzogiorno, nelle acque del porto si sentiva urlare: “Cadrai, cadrai, gh’emmo ’n minestron speciale!”, proponendo i menu e issando i pasti direttamente a bordo con dei cestini di paglia su cui venivano poggiate le scodelle.
Non solo minestrone, ma anche focaccia, torte salate, farinate e del bianco di Coronata componevano il menu di quello che si può definire il primo ‘delivery’.
Durante il periodo di massima espansione dell’attività, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, in porto si contavano circa 40 tra chiatte e gozzi dei ‘cadrai’, vera e propria dimostrazione del senso pratico dei genovesi.