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Eventi | 04 luglio 2023, 07:20

Goa-Boa 2023, Venerus torna a Genova e presenta “Il segreto”

Venerus torna a esibirsi live per la 25esima edizione del festival dopo l’esperienza del 2021: "Vorrei che il pubblico tornasse a casa con la sensazione di aver visto qualcosa di bello e di libero"

Goa-Boa 2023, Venerus torna a Genova e presenta “Il segreto”

Eclettico, innovativo e sperimentatore. 

Se si dovessero ridurre a tre gli aggettivi per descrivere Venerus, a buon conto questi sarebbero i più indicati per raccontare la sua musica e la sua carriera finora.

L’artista 29enne ha da poco rilasciato il suo secondo album, “Il Segreto”, un disco dove protagonista è il contatto con il reale e dove emerge prepotente la componente cantautore dell’artista.

Registrato in presa diretta, senza metronomo o passaggi di editing successivi, l’album si rifà alle tecniche tradizionali degli anni ’60 e ’70 in cui il suono retro diventa contemporaneo.

Non manca il gusto all’internazionalità, caratteristica che Andrea Venerus ha da sempre inserito nelle sue produzioni.

Ne abbiamo parlato direttamente con lui in vista del concerto del 4 luglio, dove l’artista torna a esibirsi sul palco del GoaBoa per quella che si preannuncia essere una serata capace di incantare e rapire gli spettatori.

Partiamo subito con il parlare del concerto. Torni a Genova, sul palco del GoaBoa dopo l’esperienza del 2021. Quell’anno, per via della pandemia, c’erano ancora diverse restrizioni. Che ricordi hai di quell’appuntamento e cosa ci dobbiamo aspettare dal nuovo live?

E’ stato un concerto molto bello, quello a cui vi riferite. Una parte di quel concerto è anche finita nel disco live. Mi ricordo che mentre stavamo suonando è passato un traghetto gigantesco dietro e siamo tutti rimasti allibiti da quanto fosse grande. Una scenografia mobile, una location stupenda.

In generale il concerto è una versione un po’ più matura: dal punto di vista dei live, penso di aver fatto un percorso molto lineare in questi anni e sono cresciuto, migliorando, asciugando e raffinando. 

Genova è una città a cui sono molto legato, mia madre tra l’altro è di Genova ed è un posto in cui sono stato spesso e ho anche scritto della musica.

Il resto è sempre un po’ un mistero, va anche in base alla serata, come gira.

Le prime due date del tour sono state veramente speciali e di solito più si va avanti nel tour più diventa bello.

In questi anni ti hanno accostato un sacco di definizioni, la più gettonata è ‘sperimentale’. Se dovessi definire il tuo genere, come lo racconteresti a chi ancora non ti conosce?

Penso che, specialmente in questo disco, sperimentale sia più una questione legata alla costruzione tecnica. Nei precedenti era anche una cosa a livello di sound ma dal mio punto di vista, l’ultimo disco è abbastanza lineare all’ascolto. E’ un lavoro cantautorale, le canzoni sono al centro. Poi è chiaro che le mie influenze e le cose che ascolto hanno un effetto sulle sonorità, però penso che qui la questione di sperimentazione sia una cosa un po’ più nascosta, legata prevalentemente alla tecnologia che abbiamo usato.

Sento di andare verso un percorso abbastanza cantautorale, in realtà. Diciamo che ho accettato un po’ che sono un cantante italiano. Penso che il genere, alla fine, sia una cosa che abbia sempre meno influenze sulla mia musica. Dipende molto da disco a disco, questo ha un suono quasi più rock, da un certo punto di vista. Il prossimo chi lo sa. Non penso di ragionare a generi. E’ anche un po’ difficile cercare di trovarne uno.

In carriera hai avuto diverse collaborazioni, sono stati tantissimi gli artisti con cui hai lavorato, Qual è stata per te quella più stimolante?

Beh, sicuramente quella con Mace che è la persona con cui ho fatto più cose e avuto un rapporto umano più intenso. Abbiamo fatto davvero di tutto. Quindi avendo condiviso così tanto, sicuramente la collaborazione è più ricca.

Dal punto di vista di altri artisti, nel senso stretto del termine, non saprei. Con Gemitaiz ho un rapporto umano super e quindi, indipendentemente da tutto, mi viene difficile metterlo in secondo piano. Alla fine penso che collaborare sia prima di tutto incontrarsi, conoscersi e con lui ho avuto un grande rapporto e mi verrebbe da dire lui.

Tornando a parlare dello spettacolo, che cosa speri che rimanga al pubblico che viene a vedere un tuo concerto? Con quale emozione o pensiero torna a casa?

Mi piace questa domanda. Spero rimanga un po’ sia la sensazione di aver assistito a qualcosa che potenzialmente non avevano visto prima. Poi, idealmente qualcosa di bello. La sensazione di aver assistito a qualcosa di libero, di fuori dagli schemi, non nel senso di strano ma nel senso di spettacolo che semplicemente ha voglia di esistere per come è un’interazione tra le persone sul palco. Poi idealmente la voglia di andare a riascoltare i dischi e capire cosa è cambiato, perché dal vivo cambio tanto le cose e le riarrangio in modo diverso. Potrebbe essere interessante anche cercare le canzoni e capire che lavoro è stato fatto. Sicuramente curiosità e voglia di scoprire.

Chiara Orsetti e Isabella Rizzitano

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