Quando si sente per la prima volta cantare Celeste, al secolo Mattia Brancati, non si può non rimanere colpiti dalla timbrica particolare, ammaliante e potente, che lo rende immediatamente riconoscibile.
Se poi ci si sofferma a un ascolto più attento, vengono fuori tantissime sfumature, dei colori veri e propri, che Celeste mette all’interno delle sue canzoni.
Pop, elettronica, cantautorato, tutto insieme realizza la particolare “galleria d’arte” dove Celeste è capace di trasportare l’ascoltatore.
Un percorso che già nel nome si caratterizza in modo forte, come racconta lo stesso Mattia: “A un certo punto della vita mi sono detto ‘il mio secondo nome è molto originale’, lo devo a mia madre, fuori esattamente come me, e ho deciso di usarlo”.
Andando alla musica, Celeste ha da poco rilasciato “Super-Fluo” e lo ha già cantato live in diverse occasioni riscuotendo il favore del pubblico.
“Sta andando bene, potrebbe andare meglio perché mi merito di più, sempre. Tutti ce lo meritiamo d’altronde - scherza Mattia - Questo progetto è nato un paio di anni fa ed è più ampio di Super-Fluo che è il singolo definito più commerciale e il primo con cui ho deciso di esordire anche se i miei rapporti con la musica sono molto precedenti e partono dal 2017.
Quell’anno ho vinto la borsa di studio per il Cet di Mogol. Li ho conosciuto Martina Vinci che ha creduto molto in me e mi ha spronato a scrivere.
Dunque, iniziando a scrivere ho capito che potevano uscire delle cose buone. Lo ha capito anche lei e il produttore di questo disco, Stefano Gualtieri. E’ iniziata così quest’epopea, direi, per creare questo progetto che si chiama Superfluo.
Il progetto è basato sui colori, ovvero ogni pezzo cita un colore nel titolo e anche all’interno della canzone, e racconta un po’ di me, forse come non mi piace raccontarmi a parole, nella vita di tutti i giorni”.
Tante le influenze che ha raccolto Celeste nel tempo: “Partiamo dal presupposto che non mi reputo un musicista perché non so suonare niente, giusto due note sul piano per fare i vocalizzi. Mi piace entrare da spettatore nel mondo della musica e portare, più che altro, quello che interessa me, se poi interessa anche a qualcun’altra ben venga. Finora sembra che un pochino abbia destato interesse. Amo molto l’elettronica, diciamo che per me l’apoteosi del bene è Battiato, nel mondo italiano ha saputo coniugare un tipo di testo piuttosto colto con delle musiche anche d'intrattenimento o comunque più leggere. Queste sonorità sintetiche mi affascinano perché alleggeriscono una mia anima pesantissima”.
“Io sono vecchio, dobbiamo partire da questo presupposto - ride ancora Celeste mentre prosegue il suo racconto - Ho un’anima anziana. Non è la musica che mi ha ispirato, è più il mondo dell’arte perché, per anni, insieme a un gruppo di persone molto volenterose e pazienti, abbiamo gestito CottonFioc, un festival che trattava di arte.
Per esempio, una volta sono andato a Milano alla casa editrice che detiene i miei diritti a far ascoltare il progetto. Finito l’ascolto, la direttrice, un po’ frastornata dal progetto che era ancora in fase embrionale quindi meno in focus rispetto ad adesso, mi dice ‘sembra di essere usciti da una mostra di arte contemporanea con queste sonorità’. Per me questo è il riferimento anche se non è particolarmente popolare a differenza del mio modo di cantare che invece lo è, perché è melodico”.
Appuntamenti live all’orizzonte sembrano essere diversi, e si parte proprio stasera alle Ortiche: “Sarò ospite di una rassegna che inizia con me che si chiama ‘Rapsodie’ e che si basa sulla parola. Questo mi ha molto onorato, devo dire. Prima raccontavo a chi mi intervista di essere molto vanitoso, il fatto che sia stato invitato in un festival della parola e non della musica, vuol dire che ho lavorato bene insieme ai miei colleghi e per l’occasione sarò accompagnato da uno strepitoso musicista che è Modus”.