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Eventi | 02 giugno 2023, 15:29

Agapanto, le suggestioni di Francesco Diluca si impossessano di Palazzo Lomellino (video)

Il percorso, curato da Ernesto Giuntini, porta le opere dell’artista contemporaneo a dialogare con il palazzo seicentesco in un omaggio alla natura che racconta punti di vista e riflessioni inediti

Agapanto, le suggestioni di Francesco Diluca si impossessano di Palazzo Lomellino (video)

Ha inaugurato ieri con Post Fata Resurgo, la suggestiva performance che si è svolta nel ninfeo di Palazzo Lomellino, la mostra “Agapanto” di Francesco Diluca, curata da Ernesto Giuntini.

Una grande scultura composta di lana di ferro e vetro, incendiata, ha di fatto dato il via alla mostra che resterà visitabile fino al prossimo 16 luglio.

Un percorso, quello portato tra le stanze del palazzo di via Garibaldi, che è un vero e proprio viaggio nella creatività e nei pensieri di Diluca.

Gli ambienti seicenteschi cambiano, mutano negli intenti dell’allestimento di Giuntini, creato in stretto rapporto con l’artista, e dialogano continuamente con le opere di Diluca.

Le creazioni dell’artista si impossessano dello spazio, sia all’interno sia all’esterno, e raccontano una storia che si ripete dove la natura è protagonista in un omaggio alla bellezza della vita, in particolar modo quella sottomarina.

Suggestioni continue che si collegano tra loro e che si richiamano in un continuo “via vai” tra il primo piano e il giardino segreto.

A proposito, proprio Francesco Diluca racconta: “La mostra si lega all’architettura, ma si lega anche alla vegetazione del palazzo. E’ una mostra che si chiama ‘Agapanto' ma è anche un’opera stessa perché l’opera inserita nel ninfeo è, se vogliamo, la radice dell’agapanto che è questo fiore bellissimo che inizia a sbocciare a giugno e dà un colore unico al giardino”.

Ancora: “E’ una mostra che si divide in tre atti: il primo è un atto molto intimo che si svolge nelle sale di Palazzo Lomellino dove vado a raccontare il mondo dei coralli e di alcune creature marine di cui non dirò altro. Andiamo poi nel giardino dove c’è un racconto sul fiore dove, con nuove tecnologie, vado a raccontare in modo inedito al palazzo.

In ultimo c’è il lavoro legato alla performance, alla combustione dell’opera legata alla caducità, al passare del tempo, alla metamorfosi e all’eterno cambiamento che tutti noi vediamo e di cui ci dimentichiamo ma che esiste”.

A dare maggiore forza alle opere c’è l’allestimento creato da Giuntini: “Sono un impostore - scherza - perché non sono un curatore ma uno sceneggiatore e scrittore. Francesco mi ha coinvolto perché voleva raccontare una storia, così abbiamo iniziato a fare questo percorso insieme. Io mi sono sentito inadatto all’inizio, perché ovviamente c’erano una professionalità e una dimensione di carriera di Francesco che mi hanno fatto sentire sulle spalle dei giganti e ospite in quello che è un lavoro e una produzione artistica che mi è affine ma che, dal punto di vista professionale mi è estranea. Pare che sia andata bene anche se l’ultima parola spetta al pubblico. Francesco è stato molto bravo a far dialogare tutte le forze che sono servite per questa esposizione: dialogare artisticamente con il palazzo e con tutto il contesto naturale che governa la sua produzione artistica”.

Il palazzo ha una storia che l’artista omaggia ricollegandosi al mare e ai commerci che la famiglia Lomellino aveva a Tabarca, con la pesca del corallo. Ma quasi non ci si aspetterebbe di trovare l’arte contemporanea in uno dei palazzi che meglio racconta la storia del Seicento genovese, invece questo legame funziona molto bene.

Ancora, Giuntini aggiunge: “Ha comandato il dialogo con il palazzo. La prima stanza che abbiamo allestito è quella che abbiamo chiamato ‘La stanza del mondo’. Sopra c’è l’affresco dello Strozzi con l’America. Quindi, così come sul soffitto c’era questo affresco che parlava del Nuovo Mondo, lì abbiamo deciso di mettere il mondo personale dell’artista, quindi come funziona il suo motore artistico. Da li ci siamo staccati per dare dei capitoli a questa storia che non è una storia lineare ma è una storia ciclica. Abbiamo capito, rispetto a questa stanza centrale, come disporre le altre per creare un racconto che il visitatore può fruire partendo dalla prima sala e passando anche per quella centrale poi andando nell’esposizione all’aperto, o che può apprezzare camminando nelle le sale, ripassando dal centro, ritornando nelle sale. Veramente ha comandato il dialogo con palazzo, quello che fa Francesco tutte le volte che espone. Lui ha sempre questo ascolto degli spazi dove lavora ed è poi questo dialogo una mutua valorizzazione”.

Il curatore non ha dubbi, chi andrà alla mostra Agapanto dovrà portarsi il costume da bagno, “perché Francesco ci porta in fondo all’oceano. Ha scelto questo contesto naturale per attingere alla fascinazione totale della natura, dell’ecosistema naturale e quindi di prepararsi in un’immersione in cui si gioca a esplorare un mondo sottomarino che parla molto, in realtà di quello che succede in superficie”.

Isabella Rizzitano

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