Attualità - 21 maggio 2023, 07:20

Meraviglie e leggende di Genova - La Cheullia

La cheullia è stata muta testimone della storia del quartiere di Madre di Dio, oggi completamente distrutto. Un pensiero speciale alla professoressa Fiorella Guarnero Merello

Chéulia dónde t'ê
me ricòrdo a mæ cazétta
de quànd'êa anco-ìn figeu
Chéulia dónde t'ê
t'ê o ricòrdo mæ ciù câo
che ascordâse no se peu
Chéulia dónde t'ê
co-î patæli, quàttro stràsse
e a fasciêua pe-o figeu
mi daiéiva a mæ fortùnn-a
pe rivédde i mæ caróggi
e mæ stràsse, i mæ strofóggi
che me stâvan tànto a-o cheu.

Traduzione: Cheullia, dove sei?/mi ricordo la mia casetta/di quand'ero ancora bambino!/Cheullia, dove sei?/è il mio più caro ricordo/che scordare non si può./Cheullia, dove sei?/con i pannolini, quattro stracci/ed il fasciatoio per il bambino./Io darei la mia fortuna /per rivedere i miei caruggi/i miei stracci e i miei giocattoli/che mi stavano dentro il cuore.

Questo è il ritornello della Cansun da Cheullia, dedicata a quella parte di centro storico che oggi, per volontà di qualcuno e interesse di pochi, rimane solo un ricordo.

La Cheullia, la collina, costeggiava le mura del Barbarossa, tra Porta Soprana e il ponte di Carignano, estendendosi lungo il percorso dei Rio Torbido.

La strada, che si allungava per gran parte del Borgo dei Lanaiuoli, accompagnava via Madre di Dio e il suo fitto dedalo di vicoli fino al mare.

Un agglomerato di case altissime, in una delle aree abitate più antiche della città: da piazza Ponticello, i palazzi si appoggiavano gli uni agli altri scendendo e salendo tra le creuze dove, tra gli altri, nacque Niccolò Paganini.

E proprio quelle case che si abbracciavano, come a sorreggersi a vicenda, erano la traduzione architettonica dello spirito degli abitanti del quartiere, capaci di quel mutuo aiuto nonostante le scarse possibilità economiche.

Un quartiere che non dormiva mai, dove gli uomini si alternavano sulle banchine del porto, dove le donne lavoravano mentre badavano ai bambini, a tutti quei bambini che giocavano per strada.

Un quartiere oggi distrutto, cancellato con la scusa della povertà e della delinquenza ma che era ben diverso da come era stato descritto.

Inutili sono state le lotte degli abitanti che hanno visto finire in un cumulo di detriti le loro case, la storia che tanti, prima di loro, avevano tramandato. Vano il tentativo di bloccare la demolizione della casa natale del grande violinista genovese, distrutta insieme alle altre per far posto al Centro Direzionale, oggi ancora li a testimoniare il grande fallimento di quel terribile progetto.

Ciò che resta di quel quartiere e della demolizione è un ricordo che ci viene affidato da chi quei vicoli li ha vissuti e oggi ha i capelli bianchi, ulteriormente testimoniato dalla Colonna Infame che sta tra piazza Sarzano e salita Re Magi.

Il centro storico appartiene a tutti, tutti ne siamo tutori ed eredi.

Queste poche righe sono dedicate alla professoressa Fiorella Guarnero Merello, scomparsa mercoledì scorso.

La professoressa Guarnero, con passione e dedizione rari, ha saputo raccontare quel centro storico spesso sconosciuto, quella “Genova Profonda” che appartiene a tutti. 

Un aggettivo non casuale ma che ben descrive quel sentire della gente di mare, ancorata alla sua origine e capace di aprirsi al mondo e che Guarnero, genovese per amore, è stata capace di cogliere e raccontare.