Le vittime del dovere appartenenti alle forze armate e i dipendenti pubblici che riportano danni o si ammalano a causa del servizio svolto, hanno diritto ai benefici della speciale elargizione e agli assegni vitalizi. Così come al risarcimento dei danni. Quando, purtroppo, muoiono, queste prestazioni sono erogate ai familiari superstiti.
La legge è chiara, ma ottenere quanto dovuto non è affatto semplice. In molto casi, infatti, è necessario intraprendere lunghi ed estenuanti procedimenti giudiziari. Così è stato per i familiari di Federico Tisato, deceduto per mesotelioma pleurico causato dall’amianto respirato sulle navi della Marina Militare, Centauro e Cigno, dove ha prestato servizio tra il 1965 e il 1971. Alla vedova, la moglie Loretta, il Ministero dell’Interno dovrà concedere 400mila euro di arretrati, più assegni vitalizi per circa 1900 euro al mese. Il motorista navale vicentino, però, è morto nel 2016 e soltanto qualche settimana fa il Tribunale di Vicenza ha condannato il Ministero della Difesa al riconoscimento a vittima del dovere del militare. Dopo 7 anni in cui la famiglia ha dovuto superare in fretta il lutto e lottare per i propri diritti. Lo ha fatto affiancata, sin dall’inizio, dall’Osservatorio Nazionale Amianto e dal suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni. È stato l’avvocato a dimostrare come le esposizioni alla fibra killer abbiano attivato il processo infiammatorio che poi ha portato al mesotelioma e alla morte dell’uomo. Tutto confermato anche dalla perizia del medico legale, Arturo Cianciosi. Nessun diritto, invece è stato riconosciuto a Francesca ed Elisa, le figlie del motorista navale, che all’epoca della morte del papà avevano 32 e 35 anni, perché alla sua dipartita non erano a suo carico. “Continua la disparità di trattamento tra orfani di vittime del dovere e quelli del terrorismo e della criminalità organizzata, che invece ricevono sempre i benefici – ha detto Bonanni, che rileva – le orfane, pur non essendo fiscalmente a carico, sono sempre figlie dell’uomo vittima del dovere”.
Lo stesso è stato per la famiglia Arcieri. Anche Salvatore Arcieri è stato motorista navale presso la Marina militare. In servizio per 6 anni è stato a contatto con l’asbesto sulle navi Mitilo, Chimera e Vittorio Veneto. Molti anni dopo si è ammalato di mesotelioma e nel 2009 è venuto a mancare. Anche in questo caso la Corte d’Appello di Catania ha confermato la condanna dei ministeri della Difesa e dell’Interno a riconoscere il militare vittima del dovere. La moglie e 2 figli, ancora a carico alla morte del padre, hanno ottenuto i benefici amianto. Gli altri 3 figli, invece, sono rimasti esclusi.
“Si tratta della problematica degli orfani non a carico – ha spiegato Bonanni – per i quali l’Ona sta portando avanti la battaglia dell’equiparazione. Sono stato audito anche in Senato sulla questione nel 2019, durante la prima Commissione affari costituzionali. La discriminazione riguarda anche coloro che sono vittime di azioni delinquenziali, la legge distingue infatti tra coloro che sono vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e chi, invece, della delinquenza ordinaria. Gli orfani di questi ultimi, se non a carico, non hanno diritto ai benefici”.