E’ senza dubbio positivo il bilancio del primo anno e mezzo di apertura del Rainbow Lab, lo spazio di vico Gibello pensato per offrire un luogo di incontro, confronto e formazione per la comunità LGBTQI+ e per la cittadinanza.
Negli spazi allestiti nel centro storico diverse sono le associazioni che hanno trovato ospitalità, proponendo momenti di confronto su temi di attualità, laboratori e momenti ludici, ponendo l’accento sull’importanza dello spazio sicuro e sull’accettazione, imparando anche l’importanza del linguaggio inclusivo.
Ilaria Gibelli, avvocata e attivista del Coordinamento Liguria Pride spiega: “Siamo molto soddisfatti e soddisfatte di questo progetto nato a cavallo del Covid. Abbiamo deciso di lasciare la nostra vecchia sede di via Mascherona, in cui eravamo ospiti di Rete di Donne per la politica per lavorare su questo spazio nel centro storico.
Una scelta che ci ha premiato: siamo riusciti e riuscite, in questo anno e mezzo, a tenere delle politiche indipendenti da qualsiasi istituzione e associazione per poter liberamente esprimere qui le nostre idee. Questo ci ha permesso di avvicinare molte più persone alle nostre attività e, soprattutto, di poterne fare molte di più. Abbiamo uno spazio esteticamente molto bello, a suo tempo tante persone ci hanno aiutato con materiali, con la composizione del bagno, con le luci, dipingendo. Abbiamo potuto creare un luogo accogliente in cui le persone si possano esprimere e sentirsi libere di essere se stesse.
In questo bello siamo riusciti a fare un sacco di attività, molte di più di quelle che avevamo pensato in apertura. Ci eravamo dati degli obiettivi ma con la possibilità di rimanere aperti a qualsiasi attività e questo, nel tempo, sta sempre più implementando. Oramai noi stessi organizzatori e organizzatrici facciamo fatica a trovare spazi liberi nel nostro calendario. Ci sono laboratori sull’educazione sessuale fatta dai giovani Pansoti, presentazioni di libri grazie alla libreria BookMorning di via della Maddalena che è diventata un appuntamento fisso, almeno due o tre libri al mese li presenta qua, i laboratori di Rete di Donne per la politica e tutti i laboratori e le attività delle associazioni, ormai le attività che offriamo sono a 360 gradi.
Possiamo dire che abbiamo un posto e uno spazio per tutti e tutte le persone che gravitano nella nostra comunità genovese”.
Anche Laura Guidetti di Rete di Donne per la politica è entusiasta del percorso fatto finora.
“Per me - spiega Guidetti - è veramente un grande vanto e motivo d’orgoglio il fatto di essere state quell’associazione e quella rete di gruppi femministi che hanno ospitato il coordinamento Liguria Rainbow fin dalla nascita. Abbiamo convissuto e diviso lo spazio poi è nato questo progetto, ci abbiamo creduto ed è anche la nostra sede. E’ uno spazio misto, aperto, eterogeneo in tanti modi, per generi, generazioni, identità, cose che si fanno, aspirazioni, progetti e cose pratiche. Anche Rete di Donne in questo spazio porta le sue discussione e le sue riflessioni, presenta libri, fa attività culturale. Abbiamo condiviso anche con Non Una di Meno, nella lettura condivisa di testi che abbiamo scelto insieme ma è un luogo di progetto perché in questa città gli spazi così ampi, centrali, di facile accesso, sono pochissimi. Molti costano, anche quelli comunali ormai hanno un costo e dei vincoli di orario che impediscono effettivamente il dispiegamento dei progetti, Questo è un luogo di grande progettazione”.
Uno spazio inclusivo diventato casa per tanti gruppi, e a proposito Guidetti continua: "Sono nati il gruppo Corpi Liberi che, a lunedì alterni propone momenti di parola con laboratori in cui si mette in gioco il corpo di chiunque perché aperto veramente a tutte le soggettività; c’è un grosso progetto che è Volpi a Sei Code, un gruppo ludico ma sta facendo tanto lavoro, accoglie tantissimo ed è molto attento alle dinamiche dello spazio sicuro e nell’attività ludica, in realtà, produce pensiero e anche grande riflessione e cambiamento.
L’altro grandissimo progetto è Zenatrans, un progetto di progetti perché, alla fin fine è un continuo spin off di attività volte verso l’esterno, sia rivolte alle persone in transizione, persone non binarie che hanno voglia e bisogno di incontrarsi e trovarsi in uno spazio di ascolto e di comunicazione tra di loro, ma anche uno spazio dove si fa educazione, dove si fa formazione, dove si fa autoformazione e si contratta con l’esterno, quindi con i soggetti istituzionali, per il benessere di tutte, tutti e tuttu”.
Ed è proprio Zenatrans il grande impegno che ha guidato gli organizzatori e le organizzatrici, uno spazio pensato per sostenere le persone non binarie, trans e non solo.
Inaugurato il 3 novembre del 2021, Zenatrans è da subito diventato un riferimento anche per il quartiere e per la società.
Lo chiarisce Mattia Piccinini, psicologo e psicoterapeuta impegnato nel progetto: “Zenatrans è il progetto del coordinamento Liguria Rainbow rivolto a persone trans binarie e non binarie, a familiari, partner e a persone alleate. Questo primo anno e mezzo di Zenatrans è stato oltre le nostre aspettative, abbiamo dovuto raddoppiare le date del gruppo di auto aiuto perché oltre a quello fisicamente al Rainbow Lab, abbiamo ricevuto molte richieste da fuori Genova e da fuori regione. Abbiamo deciso di raddoppiare la data anche on line per rispondere alle esigenze di chi non riusciva a venire in sede.
Abbiamo fatto diversi laboratori con tematiche spesso poco battute anche all’interno della comunità LGBTQI+, aprendole alla cittadinanza e trovando molta risposta sul tema del non binarismo, dello sport e delle persone transgender, i temi dei percorsi chirurgici ormonali e le discriminazioni, e i maltrattamenti che non sono così conosciuti come la transfobia più generica.
Zena trans dall’inizio ha avuto l’obiettivo di sostenere le persone transgender nel loro percorso e lo ha fatto direttamente, ad esempio con me come psicologo e psicoterapeuta e con Ilaria come avvocata, con noi anche persone transgender che hanno fatto l’esperienza.
Siamo riusciti ad aiutare diverse persone e a cambiare le condizioni all’interno delle istituzioni e dei percorsi sanitari allentando un po’ le maglie e i vincoli che le persone trans si sono trovate di fronte”.
“Noi siamo due persone cis e abbiamo deciso di dedicare tanto tempo in questo progetto - prosegue Gibelli - All’interno della realtà tante persone stanno crescendo, soprattuto trans e non binarie. Molto spesso sono le prime persone che non hanno tante energie da dedicare all’attivismo perché ogni giorno combattono una battaglia importante, trovandosi ad affrontare un coming out forzato. Abbiamo pensato quindi di diffondere quali sono le tematiche delle persone trans non binarie nella vita di tutti i giorni. Uno degli obiettivi di Zenatrans è stato quello di dialogare con le istituzioni e fortunatamente stiamo facendo questo. Io, come professionista insieme a Pietro Ciliberti che insieme a me si occupa di fare le perizie psichiatriche, ho avuto la possibilità di parlare con il Presidente della Sezione di Famiglia del Tribunale di Genova proprio di queste tematiche. Questo è importante perché i giudici poco sanno, come anche i sanitari, di questi temi. Riuscire a parlargli direttamente, per poi creare le sentenze del domani, è fondamentale”.
Ancora: “Insieme ad AGEDO abbiamo fatto un incontro importante per contribuire alla formazione del nuovo protocollo tra Endocrinologia e Asl per la tutela di persone in transizione. Siamo riusciti a mettere mano a questo, a fissarci incontri che saranno trimestrali o semestrali, e a far si che venga depatologizzata la condizione delle persone trans andando ad agire anche sui linguaggi. Molto spesso sono proprio le parole che feriscono queste persone. Semplicemente l’utilizzo del death name, di un articolo al maschile anziché al femminile, sono cose che per una persona che non è abituata sono indifferenti ma sono cose che possono avere conseguenze sia psicologiche che fisiche. Queste persone vengono misgenderate, trattate quindi in un modo che non gli appartiene. Anche in questo protocollo abbiamo cercato di utilizzare un linguaggio inclusivo, non diciamo ‘disforia’ ma ‘incongruenza di genere’. Abbiamo cercato di far si che sia operativo un servizio costante alle persone trans e non binarie che però non sia un servizio per analizzare la patologia ma per aiutare queste persone in un percorso e, fortunatamente, devo dire che abbiamo di fronte delle persone che a queste tematiche ci prestano attenzione e che sono alleate. Questo purtroppo non può essere altrettanto nelle istituzioni con le quali, purtroppo non abbiamo dialogo, Abbiamo tanto dialogo però con le scuole e ci impegnano anche nell’adozione di regolamenti delle identità alias nelle scuole perché pensiamo sia importante che una persona, a prescindere dai documenti anagrafici, possa esprimere liberamente la propria identità di genere o eleggere un nome all’interno di quello che è il secondo ambente più importante frequentato dagli adolescenti che è la scuola”.