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Economia | 03 aprile 2023, 09:00

Vigile del fuoco morto durante un’immersione subacquea, il ministero dell’Interno chiede indietro l’equo indennizzo alla famiglia

Una vicenda che, per una volta, si era conclusa senza la necessità di ricorrere ad estenuanti procedimenti giudiziari.

Vigile del fuoco morto durante un’immersione subacquea, il ministero dell’Interno chiede indietro l’equo indennizzo alla famiglia

Un vigile del fuoco è morto nel 2011 durante un’immersione subacquea davanti l’Isola d’Elba. La vedova aveva ottenuto il riconoscimento della causa di servizio e l’equo indennizzo. Una vicenda che, per una volta, si era conclusa senza la necessità di ricorrere ad estenuanti procedimenti giudiziari.

Invece, 5 anni dopo, il Ministero dell’Interno ha annullato il precedente decreto e respinto la domanda. Quando ormai la famiglia di Giorgio Tinagli stava trovando una nuova serenità dopo la morte dell’uomo, a soli 45 anni, il provvedimento è stato letto come un accanimento. Al loro fianco si è schierato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, che con un ricorso al Tar ha rimesso le cose a posto. I giudici amministrativi del Lazio hanno, infatti, considerando l’ultimo atto del ministero illegittimo.

“Come Ona – ha dichiarato l’avvocato Bonanni - lavoriamo ogni giorno perché vengano riconosciuti i diritti dei vigili del fuoco che sono stati anche, per decenni, esposti all’amianto. Il minerale che doveva proteggerli dal fuoco ha causato, invece, tantissime malattie tra cui il mesotelioma”.

I fatti risalgono al 17 ottobre 2011, quando Tinagli si è immerso in località “Punta del Nasone, Marciana Marina”. Purtroppo poco dopo è stato colpito da un collasso cardiocircolatorio che non gli ha dato scampo. Nel 2012 la moglie ha presentato al Comando provinciale dei vigili del fuoco di Livorno l’istanza per il riconoscimento di causa di servizio. Il ministero dell’Interno nel 2015 la riconobbe e concesse un equo indennizzo di 8.525 euro per la vedova e la stessa somma per ognuna delle due figlie. Nel 2016 madre e figlie hanno chiesto anche il riconoscimento dello status di vittima del dovere di Tinagli. A questo punto, però, il ministero dell’Interno ha annullato il provvedimento con il quale aveva riconosciuto la causa di servizio. Sarebbe emerso, infatti, un nuovo documento che attestava che l’incidente del vigile del fuoco fosse avvenuto fuori dal servizio. L’uomo in quel momento non avrebbe effettuato “attività per conto dei vigili del fuoco, ma quale volontario della Associazione Explore Team Chimera che operava in convenzione con l’allora Sovraintendenza Archeologica Regione Toscana”.

L’avvocato Bonanni ha contestato il fatto che l’annullamento sia stato conseguente al ritrovamento di un nuovo documento. Infatti la situazione era nota già al momento dell’istruzione della pratica e, se mai, sarebbe stata l’amministrazione ad errare, e non i richiedenti che erano, invece, in buona fede. “Che il coniuge dell’istante – dicono infatti i giudici amministrativi – non fosse effettivamente in servizio al momento della sua morte, era, infatti, agevolmente evincibile ab origine dal Comando di appartenenza … il che costituiva elemento accertabile e da accertare fin dalla prima istanza formulata da parte ricorrente”. Inoltre, secondo il Tar, il provvedimento in autotutela del ministero dell’Interno è stato “adottato ben oltre il termine di mesi diciotto fissato ‘ex lege’ per l’adozione dell’atto di ritiro”. Erano passati, infatti, ben 5 anni.

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