Cultura - 03 aprile 2023, 10:54

Alla Tosse il 'Fenomeno Laplante': luci e ombre di un'epoca non troppo lontana

La storia del capo indiano che strizza l'occhio alle camicie nere di Mussolini emoziona e convince: le repliche sono attese per la prossima stagione

Nell’Italia scossa e attonita nel periodo in cui si è consumato il delitto di Giacomo Matteotti accadono fatti non proprio ordinari: non si tratta solo dell’inizio di una delle pagine più controverse della storia della nostra penisola, ma di una vicenda non troppo conosciuta che riguarda un capo indiano d’America che raggiunge la Sardegna con lo scopo di voler stabilire un’alleanza tra il suo popolo e le camicie nere di Mussolini

White Elk (Cervo Bianco) è il nome di questo misterioso personaggio che sbarca al porto di Cagliari e inizia a girare per l’intero paese, acclamato dalle folle e accolto con entusiasmo da grandi e piccini, signore comprese, rimaste ammaliate dal fascino di quello che sembrava rappresentare una versione esotica dell’uomo forte che tanto affascina ciclicamente il Belpaese.  

Questi i fatti attorno ai quali si muove la storia raccontata all’interno de "Il fenomeno Laplante", andata in scena al Teatro della Tosse in prima nazionale dal 23 marzo al 2 aprile, e che sarà riproposta nella prossima stagione, come anticipato dagli stessi attori sul palco durante l’ultima rappresentazione. 

Scritto da Maurizio Patella, già finalista al premio “Shakespeare is not 2021” e al Premio Riccione per il teatro 2021, e con la regia di Emanuele Conte, “Il Fenomeno Laplante” può considerarsi un cabaret futurista elettronico in cui i tre protagonisti, Luca Mammoli, Enrico Pittaluga e Graziano Sirressi, scambiano abiti e ruoli, identità e disagi, regalando uno spaccato ironico e doloroso di quel che è accaduto nella tarda primavera del 1924. 

Vestiti con i colori della bandiera italiana, colori talvolta un po’ confusi come la nazione che rappresentano, gli attori riescono a dar voce a molteplici personaggi, con tutte le sfumature necessarie a contestualizzare un momento storico che sembrava di passaggio (“Durerà tre mesi, poi finirà questa buffonata” è un mantra che viene ripetuto spesso) e che invece ha segnato profondamente anni e destini, e non solo all’interno dei confini segnati.  

Grottesco e divertente, inquietante ed emozionante, lo spettacolo riesce a fornire una chiave di lettura nuova per un tema eviscerato in ogni sua forma dalla letteratura e dalle arti, cercando di riportare l’attenzione su quanto sia necessario non dimenticare, non normalizzare vicende che sembrano appartenere al passato ma che restano terribilmente attuali e contemporanee se si amplia l’orizzonte al di là del proprio quotidiano.  

Giochi di luci e ombre sui volti e sul palco, giochi di potere su una nazione che prova a trovare nell’ennesimo "uomo forte" un’ancora di salvezza, pur iniziando a intuire che nulla, dopo, sarà come prima. “Il fenomeno Laplante” dimostra, ancora una volta, che il raccontare storie con garbo e delicatezza non fa perdere loro potenza, anzi: amplifica ulteriormente la crudele amarezza che contraddistingue un’epoca, lasciando un cattivo sapore in bocca e nel cuore, simile alla consapevolezza di non voler ripetere nulla di quanto già accaduto.