Bruno Morchio è tornato. Questa volta, però, non è Bacci Pagano a essere protagonista della storia, bensì un nuovo personaggio: Mariolino Migliaccio. Al centro della narrazione c’è sempre Genova, il suo dedalo di vicoli e di intenzioni, il suo essere accogliente e inospitale a seconda delle circostanze e delle anime che vi si affacciano.
Il nuovo libro si intitola ‘La fine è ignota’, e rappresenta un nuovo capitolo della serie di noir pubblicati dallo scrittore genovese per la casa editrice Rizzoli.
Anche in questo caso, come per Pagano, l’autore sceglie di raccontare la storia in prima persona, vestendo i panni del protagonista, cercando di vivere le sue storie, i suoi pensieri, le sue bramosie.
“Mariolino Migliaccio ha 33 anni, un trauma alle spalle e in condizioni economiche al limite: il passo successivo per lui, se le cose continuassero ad andare male, sarebbe il Massoero” spiega Bruno Morchio “Ho voluto immedesimarmi in un personaggio così giovane perché il futuro non è più nostro: io e Bacci Pagano siamo dei ‘fossili’, e lui ha chiuso la sua parabola di vita. Raccontare il futuro è molto più interessante, anche se Genova e l’Italia in generale non sono un paese per giovani. Chi ha risorse familiari alle spalle scappa all’estero: volevo raccontare la storia di un giovane che si trova a vivere senza aiuti in una città che non riesce ad accoglierlo”.
La madre di Mariolino di professione faceva la prostituta, esercitando a casa anche in presenza del figlio, ma è riuscita comunque a trasmettergli i valori fondamentali ed era il suo unico punto di riferimento; rientrando da scuola la trova a terra, in un lago di sangue, e da lì inizia la sua nuova vita. Non potendo più pagare l’affitto e non potendo proseguire il suo percorso di studi, decide di aprire un’agenzia di investigazione: senza licenza, senza esperienza e senza aiuti esterni riceve i suoi clienti in un bar di vico San Sepolcro e vive in una stanza all’interno di una pensione da cui non riesce a vedere neanche il cielo.
“Al contrario di Bacci Pagano, Mariolino Migliaccio è costretto a prendere casi di cui spesso si vergogna, ma che gli consentono di vivere” - spiega Bruno Morchio - “Non può permettersi di rifiutare nulla. Così si trova a doversi mettere sulle tracce di una prostituta scomparsa, in cambio di un sacco di soldi, mettendosi anche in situazioni piuttosto pericolose. Per tutto il romanzo si troverà in situazioni apparentemente senza via d’uscita, drammaticamente solo, fatta eccezione per alcuni suoi informatori che vivono la strada e che, come lui, sono ai margini della società. Un’altra differenza tra i due investigatori è il look, il modo di presentarsi al mondo: l’immagine di Bacci Pagano è perfetta, sempre ben vestito e pettinato; Mariolino Migliaccio è uno ‘sgarrupato’ dentro e fuori”.
Il centro storico Genova è sempre l’ambientazione preferita di Morchio, dentro a cui i personaggi si muovono e si delineano, diventando presenze quasi tangibili per i lettori. “La città che viene fuori ne ‘La fine è ignota’ è molto più cupa di quella dei romanzi di Bacci Pagano: non offre opportunità al protagonista e deve cercarle da solo, con le unghie e con i denti.
In qualche modo questa visione somiglia alla realtà: Genova è una città pensata per i vecchi, la politica guarda a chi vota e a votare sono per la maggior parte le persone più grandi. Questo è un problema: se la città non pensa a qualcosa che possa far rimanere le nuove generazioni qui le cose si metteranno male”.
Nel centro storico vive anche lo stesso autore: “I vicoli non hanno subito trasformazioni legate al turismo, come è successo ai centri storici di tante grandi città. Qui vivono tante persone, ci sono negozi e laboratori artigiani, le strade sono frequentate. I fenomeni di degrado sono legati soprattutto a una politica che ha consentito il ‘liberi tutti’ per la movida senza nessuna politica culturale alle spalle. Un tempo i locali erano affollati per ascoltare buona musica, non ci si incontrava solo per bere senza aggregazione culturale”.
Bruno Morchio è psicologo e psicanalista, ormai in pensione: quanto ha influito questa formazione per delineare personaggi così forti e così diversi come i protagonisti delle sue storie?
“Ho sempre pensato che influisse molto questo tipo di preparazione, di impostazione, sia per le storie sia per le griglie di lettura della realtà. Oggi sono ancora più consapevole, perché credo che l’interesse per il mio lavoro derivi proprio dal fatto che quello che vado a raccontare, a rappresentare, è vero, è una forma di ispirazione, non un cliché. Ci sono molti giallastri che parlano di cose che non hanno molto a che fare con la realtà. È evasione, intrattenimento, ma viene meno un elemento fondamentale per la letteratura: l’essere veicolo di conoscenza, il raccontare qualcosa dall’interno”.
Prima di salutarci, commentiamo a pochi giorni di distanza, l’elezione di Elly Schlein a segretaria del PD, fortemente appoggiata dall’autore, e il fatto che ora i partiti principali in Italia abbiano entrambi una donna alla loro guida. “Ho sostenuto Schlein con convinzione: non sono del PD, mi sono sentito per anni senza casa dal punto di vista politico, ma mi sembra che sia riuscita a dire qualcosa di nuovo. Farà molta fatica a tenere insieme il diavolo e l’acqua santa, ma ha vinto contro tutti i pronostici perché le persone sono andate a votare, facendo la differenza. Credo invece che per quanto riguarda Giorgia Meloni le cose siano diverse: non ha influito il suo essere donna nella scelta, non è stato un elemento determinante, si è trattato di un voto di protesta dato al partito di opposizione, come abbiamo visto accadere spesso nella storia del paese”.