Attualità - 18 marzo 2023, 09:30

Dritto al punto... con la psicologa - Il controllo: un'ossessione pericolosa

Cosa significa quando abbiamo bisogno di controllare le situazioni o le persone che ci stanno attorno? Ce ne accorgiamo sempre?

La questione del controllo è molto complicata. Le sue radici affondano in un terreno molto complesso, da ricercare nel globale funzionamento della persona, non tanto nella situazione specifica o nella relazione specifica in cui si sta verificando questo aspetto. Come in tutti i meccanismi psicologici, il lavoro della nostra mente viene sì influenzato dall'esterno infatti, ma dipende in gran parte dal nostro punto di partenza e da come siamo impostati al nostro interno.

Per controllo intendo una misura di forzatura della realtà all'interno della quale una persona tende consciamente o inconsciamente, a manovrare dentro la sua mente attraverso pensieri propri o desideri propri, la realtà e le persone, immaginando che le cose o gli altri dovranno comportarsi o muoversi "proprio così". Il controllo, in questo, senso si fa sentire molto bene dalle persone coinvolte, che si sentiranno forzate a fare in un certo modo, sia che questo sia detto esplicitamente o meno, oppure si sentiranno impotenti di agire per loro unica volontà. E ancora, si sentiranno giudicati o valutati come in un test, se non gestiscono le cose esattamente come era previsto nel piano della persona controllante.

Spesso il meccanismo del controllo non è altro che una difesa. Può essere attuato a più livelli e quindi assumere diversi significati, che avranno ciascuno le proprie caratteristiche, sulla base del vissuto personale di ciascuno. Fare un discorso omogeneo è quindi molto complesso. In generale però, per aiutarci a riconoscere tale meccanismo e mettersi ai ripari, può essere utile capirne la natura. Esso può essere infatti una difesa spesso dalla paura della perdita. Se ti controllo, vuole dire che non ti posso perdere, o almeno mi illudo di questo, perché ti vincolo e ti stringo dentro le mie reti. 

La paura della perdita spesso ci fa agire in modo controllante o giudicante dell'altro, e il rischio è quello di fare sentire sotto accusa o di non vedere veramente le caratteristiche dell'altra persona. Ricadere quindi in un meccanismo individualistico, o per meglio dire, narcisistico. 

Spesso in questi momenti può capitare che poi ci si senta profondamente soli, e in effetti è proprio così che capita. La persona che controlla rimarrà infatti sola nel suo giudizio di come le cose dovrebbero andare, senza guardare bene l'altro. La persona controllata non verrà vista nei suoi bisogni ma solo nella sua "funzione" di assolvere un compito, dunque si sentirà forzata e da sola. Risultato? Che il terreno per la perdita vera del legame a quel punto è preparato.

Attenzione ad accorgersi di questo meccanismo quando non lasciamo le persone attorno a noi libere di esprimersi come credono e come sono, e perché no, anche di spiazzarci ogni tanto. Il legame è improvvisazione, è adattamento, è disponibilità al compromesso. È guardare costantemente se stessi e l'altro in un ballo ritmico e regolare. E il controllo, rispetto a questo, tiene solo molto fermi.