Buona Pasquetta a tutti!
No, non è un errore. Il 6 gennaio, infatti, a Genova si celebra la Pasquetta.
Un modo che oggi appare desueto ma che ha spiegato molto bene il professor Fiorenzo Toso, noto linguista recentemente scomparso e che prima di lui, nel 1851, aveva raccontato Giovanni Casaccia nel Vocabolario Genovese - Italiano.
Casaccia spiegava dell’antica credenza che ancora oggi è diffusa in paesi come la Spagna per cui il 6 gennaio si aspettavano i doni dei “tre re” e non l’arrivo della Befana; a Genova quindi la Pasquetta “si celebra a’ 6 di gennajo per l’apparizione della stella a’ Magi“.
Partendo da qui, il professor Toso, nel suo Piccolo Dizionario Etimologico Ligure ha raccontato: “Diversamente che in italiano, con Pasquetta non si indica in Liguria il giorno dopo Pasqua [che viene nominata Lunedì dell’Angelo n.d.r.], ma la festività dell’Epifania, ‘la cui solennità si celebra ‘a 6 di gennajo per l’apparizione della stella a’ Magi’ (1851, Casaccia).
Quest’uso, in passato condiviso anche in Corsica e in diverse aree dell’Italia settentrionale e centrale, potrebbe risalire al fatto che in occasione dell’Epifania veniva dato l’annuncio della data delle feste non fisse del ciclo pasquale. E’ vero però che in alcune lingue, il termine ‘Pasqua’ indica anche altre feste, e che lo spagnolo ad esempio distingue tra la ‘Pascua de Resurrecciòn’ e la ‘Pascua de Navidad’, che è il Natale: anche nei vernacoli toscani si trova ‘Pasqua di Natale’ o ‘Pasqua della Natività’ (o ‘Pasqua di ceppo’) per indicare il Natale, e l’Epifania vi è detta talvolta ‘Pasqua di Befana’ o ‘Pasqua Epifania’, circostanza che fa pensare anche in Liguria a un uso del diminutivo ‘Pasquetta’ in riferimento alla festa maggiore della ‘Pasqua di Natività’”.
Proprio dalla corruzione del termine Epifania deriva Befana, in dialetto genovese Basara, un’anziana donnina che distribuiva ciapelette, le caramelle, in gerle di vimini e in sacchi di iuta che col tempo hanno lasciato posto a calze e scarpe.
Un’altra piccola curiosità: la scarpetta è un’usanza prettamente ligure che veniva riempita di castagne secche, mandarini, cipolla aglio e marenghi d’oro, le monete “d’oro” di cioccolata.