Sport - 06 gennaio 2023, 10:51

Il gol più difficile non gli è riuscito: il mondo del calcio dice addio a Gianluca Vialli

L'ex attaccante di Samp, Juve e Nazionale ha perso - come Mihajlovic - la battaglia contro il cancro. Se ne va a 58 anni dopo una vita di successi

Un altro campione che se ne va troppo presto. Un altro grande giocatore, dopo Sinisa Mihajlovic, che perde la battaglia per la vita. Il calcio italiano e mondiale dicono addio a Gianluca Vialli, il capitano della Juve vincitrice dell'ultima Champions, nel 1996 a Roma contro l'Ajax, una vita di gol e di successi iniziata con la Cremonese di Emiliano Mondonico (altro primattore vinto dal cancro), proseguita con la Samp del suo 'gemello' Roberto Mancini, condotta allo storico scudetto del 1991, prima della lunga avventura in bianconero e del finale di carriera nel Chelsea, di cui fu anche allenatore.

Persa la lotta contro il tumore al pancreas

Il tumore al pancreas che lo aveva aggredito negli anni scorsi si era aggravato di recente, tanto da costringere il dirigente azzurro ad abbandonare i suoi impegni al fianco della Nazionale per dedicare maggiore tempo alle terapie e alle cure. Quando poi si è saputo che anche la madre 87enne Maria Teresa era volata nei giorni scorsi a Londra - dove l'ex attaccante vive da anni - per stargli accanto in ospedale si è intuito che la situazione stava precipitando. Fino alla tragica notizia arrivata pochi minuti fa.

Negli ultimi giorni tutto il mondo del calcio si era stretto attorno a lui, con decine di messaggi di incoraggiamento da parte di calciatori, ex compagni, amici e tifosi. Compresi quelli della Juve. Un grande striscione, su tre righe, era stato esposto sulle inferriate dell'Allianz Stadium: "Vialli uomo vero, vinci questa battaglia da vero guerriero". Perché tutti, pur divisi dal colore della fede calcistica, sono stati uniti nel sostenerlo nella partita più difficile.

Dalla Cremonese a 'Stradivialli"

"Stradivialli", come lo aveva ribattezzato il maestro del giornalismo sportivo Gianni Brera, se ne è andato all'età di 58 anni. Il gol in rovesciata erano la sua specialità, tanto da averne fatto per alcuni addirittura l'erede di 'rombo di tuono' Gigi Riva. Vialli però, era più centravanti, anche se moderno e di manovra, rispetto al grande numero 11 del Cagliari e della Nazionale. In comune hanno l'aver portato al vincere uno scudetto squadre che non appartenevano al gruppo delle più blasonate. Quel trionfo del 1991 della Sampdoria è stato l'ultimo prima che il calcio italiano conoscesse l'egemonia del trio Juve-Milan-Inter, con le uniche eccezioni di Lazio e Roma nel 2000 e 2001.

Il quadriennio con la Juve

Dopo aver portato i blucerchiati alla finale di Champions (persa nei supplementari contro il Barcellona), Vialli decise che a 28 anni la sua avventura a Genova era finita e accettò la corte della Vecchia Signora. In breve ne diventò il leader, malgrado la presenza in squadra di un certo Roberto Baggio, ma nel primo biennio furono più le delusioni e gli infortuni che i successi. La svolta arrivò nell'estate del 1994, quando Marcello Lippi prese il posto del Trap sulla panchina bianconera. A 30 anni Vialli conobbe una seconda giovinezza e da capitano e trascinatore guidò la squadra prima allo scudetto (che mancava da nove stagioni) e poi alla agognata Champions League, con un repertorio di gol, giocate di classe ma anche spirito di sacrificio messo al servizio della squadra.

La (breve) avventura in panchina

Fu lui ad alzare al cielo di Roma la coppa dalle grandi orecchie, prima di misurarsi con una nuova esperienza, di calcio e di vita, scegliendo Londra e il Chelsea. Gli anni ruggenti erano ormai alle spalle, ma da giocatore-allenatore Vialli si tolse alcune soddisfazioni importanti, tanto da lasciar presagire che avrebbe avuto un futuro luminoso anche in panchina. All'inizio degli anni Duemila i tifosi della curva Scirea invocarono a lungo il suo nome ("Abbiamo un sogno nel cuore Gianluca allenatore") quando le cose non andavano bene, prima del ritorno di Lippi.

La malattia e la chiamata in azzurro

Poi, in realtà, Vialli non ebbe molta fortuna come tecnico e scelse di occuparsi di altro e nel tempo si è reinventato commentatore ed opinionista tv. Prima che il suo vecchio amico Mancini, divenuto ct della Nazionale, gli chiedesse di dargli una mano diventando capo delegazione degli Azzurri. Un incarico che gli fu assegnato quando già aveva scoperto la malattia, ma il tornare con il Club Italia e vivere la grande esperienza e il successo del 2021 agli Europei sono stati una medicina formidabile per lui.

Tutti abbiamo ancora negli occhi il lungo abbraccio tra lui e il Mancio, dopo il rigore decisivo parato da Gigio Donnarumma nella finale di Wembley contro l'Inghilterra. Per Vialli, che in nazionale non ebbe mai molta gloria da calciatore (fallendo clamorosamente l'appuntamento con i Mondiali di Italia 90), un modo per cancellare le delusioni del passato e contribuire a scrivere una pagina di storia, anche se con un ruolo marginale.

Il suo posto nella storia del calcio e della Juve, però, nessuno potrà mai portarglielo via, neppure la malattia più subdola. Buon viaggio bomber.

Massimo De Marzi