Mentre nel mondo va in scena la crisi energetica, portando con sé la sempre vorticosa roulette di pareri e opinioni su più fronti c’è invece chi, come l’Osservatorio uBroker per l’Energia, cerca di fare chiarezza spiegando passo per passo ai consumatori quel che accade.
Ed è così che alla voce ‘Price Cap’, tra le più cercate anche su Google dagli utenti in questo periodo, scopriamo che “Esso è il limite di prezzo che le società possono applicare al loro prodotto: in questo caso, luce e gas”. Ma sulla obiettiva raggiungibilità effettiva di un obiettivo concreto così strategico e determinate, occorre riflettere su solide basi di ragionamento.
“Scopo del tetto del costo è avviare idonee politiche di protezione del potere d’acquisto dei consumatori, garantendo il fatto che le compagnie primarie e più in vista, quelle dai fatturati più imponenti, evitino di procacciarsi per via di importanti effetti speculativi profitti eccessivi. Da qui il motivo per cui la Ue ha avanzato una proposta di legge per consentire agli Stati Membri di dotarsi dell’opportunità di poter determinare una soglia massima ai listini energetici”, spiega l’esperto Cristiano Bilucaglia.
“A ben guardare, però, – prosegue l’imprenditore del settore - anche l’escamotage del Price Cap presenta oggettivamente in sé, a livello realizzativo e fattuale, alcune criticità intrinseche. A essere in gioco sono essenzialmente due parametri: il potere contrattuale e il debito. Motivo per cui, se una nazione possiede forniture energetiche in quantità sufficiente, disporrà di un evidente margine di contrattazione per negoziare prezzi migliori con i propri fornitori qualora si ravvisassero all’orizzonte periodi di difficoltà energetica”.
In tal caso, se il fornitore ritenesse di poter spuntare prezzi migliori rifornendo altri porti, al di là delle plusvalenze già incassate per via della situazione energetica eccezionale in corso, “Lo Stato potrà contare su una rosa di altri fornitori interessati ad avviare o accrescere un rapporto contrattuale alle sue condizioni. In ultima analisi, maggiore l’autonomia energetica, in senso assoluto così come dai fornitori cosiddetti ostili, maggiore la probabilità che gli altri fornitori accettino le condizioni di prezzo massimo imposte dallo Stato.”, approfondisce Cristiano Bilucaglia dell’Osservatorio uBroker per l’Energia.
“In caso di assenza di tale autonomia energetica e del conseguente potere contrattuale che ne deriva, l’unica soluzione restante per l’imposizione di un Price Cap coincide con la copertura economica dello Stato sul gap di costo che si crea tra il prezzo reale e quello “massimo”. Fatto che ad esempio, per uno Stato con un debito pubblico irrecuperabile e mastodontico come quello italiano, si rivelerebbe oltremodo ancor più controproducente: poiché, per bilanciare la spesa, si renderebbe necessario il varo di nuove imposte, unitamente a un taglio dei servizi”.
In aggiunta un tetto massimo potrebbe disincentivare il risparmio energetico aumentando la probabilità di razionamenti energetici domestici che si è con grande impegno cercato di evitare.
Per poi chiosare “La nostra arma più efficace in quanto individui resta il risparmio energetico collettivo. Quella del governo la sburocratizzazione negli investimenti rinnovabili”.