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In Breve

| 26 novembre 2022, 09:30

La depersonalizzazione in adolescenza: di cosa si tratta e come occuparsene

Si tratta di una sensazione invasiva, come se parlassimo o muovessimo il corpo di qualcun altro, fino a diventare invalidante

La depersonalizzazione in adolescenza: di cosa si tratta e come occuparsene

Sempre più spesso sintomi dissociativi si affacciano nel panorama clinico di ragazzi adolescenti, giovani e giovanissimi. Non stupisce questa sintomatologia patologica, se si inizia a considerare l'ambiente attuale dentro ciascuno di loro (e di noi) vive.

La depersonalizzazione si mostra come un sintomo piuttosto invasivo nella giornata di una persona, risulta avvenire anche in più momenti dello stesso giorno. Avviene che ci si osservi come da fuori, che non si riconosca il proprio corpo, le proprie azioni o le proprie parole, ma che si colga tutto questo come facente parte di un'altra persona, non se stessi. Come se parlassimo e muovessimo il corpo di qualcun altro. È una sensazione che può essere accompagnata da sintomi fisici quali giramenti di testa o vertigini, ansia e confusione. 

Un ragazzo o una ragazza giovani spesso rischiano di vivere questi sintomi strutturali (cioè che colpiscono la struttura della personalità), perché sono ancora indefiniti, ancora alla ricerca di se stessi, di una propria struttura solida. Ancora non sanno chi sono. E questo li rende dubbiosi, spesso impauriti, dalle loro stesse caratteristiche o reazioni. Dunque un sintomo come questo viene percepito quando di fondo esiste una problematica sull'identità e sui confini tra noi e il mondo. Intanto l'identità di costruisce pian piano e nel mondo in cui siamo immersi, questo risulta semore più complesso: bisogna guardare bene le situazioni che ci stanno attorno, non cadere nella seduttiva facilità delle cose troppo immediate, troppo pronte e troppo semplici. Bisogna essere convinti e tranquilli di portare sé stessi, di aprirsi, di incontrare gli altri con fiducia e con sguardo attento. Bisogna, sempre con gli altri, definire dei confini netti e sicuri, differenziarsi: avremo lati uguali, simili, ma anche molto diversi. Insomma, costruire la propria identità significa costruire nella propria mente l'idea che noi siamo noi, gli altri sono gli altri, senza inquinamenti di sorta. Semplice a dirsi, molto difficile a farsi, soprattutto per un ragazzo giovane. 

Se si avverte un sintomo di questo genere lo si percepirà invalidante. Il ragazzo o ragazza potrebbe sembrare assente o disinteressato alle cose che capitano attorno. Spesso può essere perché rapito, stranito e preoccupato per queste sensazioni che sente. 

Per risolvere un sintomo dissociativo bisogna rivolgersi ad un professionista, e pensare di iniziare un percorso di psicoterapia. Il fatto di lasciare questo fatto psichico, scorrere nel tempo, gli permetterà di allargarsi, di essere sempre più invasivo e soprattutto renderà la persona sempre più insicura, instabile, incerta su di sé e sul proprio funzionamento, aumentando gli aspetti paranoidei e persecutori.

La psicoterapia può, con del tempo e la pazienza di affrontarla, permettere di rafforzare il sé, convalidare le proprie sensazioni ed emozioni, gestire l'incertezza e risolverla. È come se la terapia riuscisse, attraverso la relazione, a costruire una colla attorno a tutti i pezzetti frammentati del sé della persona e a restituirgli un immagine di sé reale, strutturata e finalmente salda.

Cristina Fregara

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