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Attualità | 13 novembre 2022, 13:30

Il presidente del FAI Marco Magnifico: "Chiedere al ministro della Cultura altre Soprintendenze e più visibilità al Sud"

Nell'intervista al nostro giornale sottolinea anche: "Le giornate del Fondo per l’Ambiente Italiano hanno risvegliato nel Dna degli italiani, la loro gemma dormiente appassionata di arte e paesaggio"

Il presidente del FAI Marco Magnifico: "Chiedere al ministro della Cultura altre Soprintendenze e più visibilità al Sud"

Se il FAI fosse un’azienda, Marco Magnifico sarebbe considerato un self made-men: in meno di quarant’anni - grazie a grinta, capacità e lungimiranza -, da volontario instancabile, è diventato presidente del Fondo per l’Ambiente Italiano.

Ciò che lega quel volontario di ieri al presidente di oggi sono l’entusiasmo, la passione e l’amore verso le tante cose belle ed uniche che rendono l’Italia, come precisa lui: “Il Paese più bello del mondo”.

“Conosco perfettamente la storia e l’iter che hanno seguito i 70 beni italiani per entrare nel FAI. E confesso - prosegue - di essere un presidente atipico: ad un anno dalla mia nomina faccio ancora fatica a togliermi i panni di volontario operativo per indossare quelli di presidente organizzatore. Ma è una bella sfida”.

E a Marco Magnifico, le sfide piacciono molto. Laureato in Lettere con indirizzo Storico Artistico all’Università di Pavia, specializzato in Storia dell’Arte presso l’Università di Firenze, per quattro anni ha lavorato, in qualità di esperto di dipinti antichi, alla casa d’aste inglese Sotheby’s, prima presso la sede di Londra e poi in Italia. Nel 1985 inizia il suo lavoro al Fai: “Ho imparato molto - afferma il presidente Magnifico - dai fondatori, Giulia Maria Crespi e Renato Bazzoni: dalla prima la capacità di affrontare con determinazione ogni problema, anche quelli apparentemente impossibili da risolvere. Dal secondo uno stile di comunicazione e uno sguardo di sintesi sulla complessità”.

Con quasi quarant’anni di esperienza sempre in prima linea, è testimone di buona parte della storia del Fondo per l’Ambiente Italiano.

Presidente, in questi anni come è cambiata la gestione e soprattutto come è cambiata la sensibilità degli italiani verso i beni culturali e dell’ambiente?

“Ricordo quando festeggiammo i mille iscritti ed ora voliamo verso i 400mila. Un bel traguardo, considerando che nel 2025 festeggeremo i cinquant’anni di attività. Il segreto della gestione da parte del FAI non è mutato nel tempo: noi ci prendiamo cura e proteggiamo i nostri Beni affinché tutti possano viverli, scoprirli, farli propri. E questo viene fatto con un metodo “amicale”: i volontari che accompagnano i visitatori, operano con entusiasmo e professionalità, senza mai ergersi a “maestrini”. Ciò che si percepisce è la volontà di mettere a disposizione un grande patrimonio artistico per farlo conoscere ed apprezzare. Insieme scopriamo le bellezze uniche del Paese dove siamo nati. Il FAI offre l’opportunità di assaporare da vicino i nostri tesori, divertendosi. Ma la più grande scoperta in realtà l’ha fatta il FAI”.

Cosa vuol dire?

“Grazie alle sue attività, il FAI ha intercettato il semino della voglia di arte e bellezza che c’é nel DNA di ogni italiano. Mi piace pensare ad una sorta di gemma dormiente, pronta a risvegliarsi. Ed il grande successo delle “Giornate FAI” dimostrano la veridicità di questa tesi”.

Esiste un luogo o una regione più gettonati di altri?

“No. I dati che abbiamo a disposizione evidenziano un andamento a macchia di leopardo, che cambia anche da un anno all’altro. A determinarlo sono molti fattori, tra questi, il più importante, è l’entusiasmo dei volontari: loro sono il vero motore del FAI”.

Qual è il suo luogo del cuore?

“Non ce l’ho. Sono un entusiasta di natura, mi appassiono a tutto ciò che vedo attraverso gli occhi del FAI. Ecco, potrei dire che il mio luogo del cuore è sempre l’ultimo che ho visitato”.

Durante il suo mandato da presidente FAI, quali obbiettivi si è proposto di raggiungere?

“Puntare sul Sud dell’Italia. Le proposte sono sempre di alto livello, in tutta Italia ma la differenza la fanno gli italiani. Ognuno di noi è convinto di vivere nella città più bella di tutte e questo sano campanilismo alza il livello della richiesta e stimola la curiosità dei visitatori. Il Sud non è solo una perla d’Italia ma dell’Europa, deve solo avere più fiducia, più consapevolezza di sé e di ciò che può offrire dal punto di vista culturale. Il Sud è un tesoro da scoprire, unico nel suo genere non solo per il paesaggio. Vorrei rivoluzionare il concetto di Sud: non solo vacanze estive ma anche scrigno di beni culturali che vanno protetti e valorizzati”.

Il FAi cosa chiede a questo nuovo governo?

“Non ho ancora incontrato il nuovo ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Spero di poterlo fare presto. Chiederemo di rafforzare le soprintendenze, gli organi periferici del Ministero della cultura. Le loro competenze, definite per lo più dal "codice dei beni culturali e del paesaggio", sono solitamente considerate degli ostacoli, un freno allo sviluppo ma non è così. Spetta a queste istituzioni tutelare e valorizzare i beni culturali e i beni paesaggistici: senza le soprintendenze, ci sarebbe stata meno attenzione”.

Liguria, Piemonte e Lombardia: sono regioni che danno molta soddisfazione al FAI.

“Sì, sono tre territori importanti e io li conosco molto bene. La Liguria è sicuramente tra le più generose d’Italia: ha donato al Fai molti Beni, alcuni accessibili solo via mare o a piedi e quindi ancora più singolari ed ha molti scritti. Il Piemonte è uno scrigno di bellezza e cultura: il Castello della Manta, il Castello ed il parco di Masino. La Lombardia, poi, è la culla dove il FAI è nato”. 

 

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