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Attualità | 29 ottobre 2022, 12:40

Festival della Scienza, Vera Gheno: "Il linguaggio ampio dà forma al pensiero"

Per nominare correttamente la diversità e creare una società che non esclude è necessario ascoltare le differenze

Festival della Scienza, Vera Gheno: "Il linguaggio ampio dà forma al pensiero"

Nominare correttamente la diversità per far sì che diventi parte attiva dell’identità comune è una necessità della società contemporanea.

Questo porta a un’evoluzione del linguaggio necessaria e capace di dare forma al pensiero e un’identità alla società stessa che, mai come oggi, vede nelle parole e nel loro utilizzo un elemento fondamentale per creare una realtà accogliente per tutti.

Di linguaggi ampi e inclusione si è parlato durante l’incontro con la sociolinguista e divulgatrice Vera Gheno.

Organizzato da Fondazione Veronesi, che nella conferenza Science for Peace and Healt del prossimo 11 novembre affronterà proprio il rapporto tra differenze sessuali e di genere e la loro ricaduta a livello sociale, l’incontro che si è svolto nell’ambito del Festival della Scienza ha visto Gheno protagonista insieme a Claudia Bianchi per un intervento basato su scienza, linguaggio e diversità moderato da Alessandro Volpe.

"Qual è la connessione tra linguaggio e inclusone? - esordisce Gheno - Sono molte le connessioni in realtà anche perché con il linguaggio si parla non solo della lingua, cioè delle parole che usiamo, ma in generale anche del linguaggio del corpo, delle posizioni che assumiamo nello spazio che a loro volta possono avere un fine di attenzione nei confronti degli altri e quindi di inclusione.

Prima di andare a definire meglio questa questione, voglio fare un’osservazione di lessico.

Io tendenzialmente non parlo di inclusione come non parlo di linguaggio inclusivo perché, partendo da una riflessione di Fabrizio Acanfora, che è uno studioso della diversità e dell’inclusione, siamo arrivati a dire che in realtà non basta neanche essere inclusivi perché inclusione continua a presupporre che ci sia qualcuno che ha il potere di includere e qualcuno che viene incluso e quindi che subisce in qualche modo l'inclusività, gli viene tolga l’agency.

Chi sono gli inclusi? Sono i diversi.

Chi sono gli includenti? Sono i normali, mettendo 57 virgolette intorno allea definizione normalità, perché ovviamente la normalità è qualcosa di molto aleatorio.

Chi decide chi è normale e chi è diverso?

I normali hanno potere sui diversi, in questo momento, nella nostra società, che è una società patriarcale, androcentrica e soprattutto con il mito del normale, cioè normocentrica".

Come si fa dunque a evitare distinzioni? Gheno spiega ancora: "Tornando alla questione quindi come si fa a sostituire inclusione e inclusività? Fabrizio e io usiamo convivenza delle differenze invece di inclusività e inclusione e linguaggio ampio invece che linguaggio inclusivo.

Siccome il linguaggio è un po’ conseguenza delle cose però da anche forma al nostro pensiero, ci può aiutare, se usato bene, a vedere le cose in maniera diversa.

Di solito in una società basata sul logos, come la nostra, cioè basata sulla parola, e questo lo dice De Mauro e ancora prima lo diceva Aristotele, quindi non sto inventando niente, chi non ha le parole per definirsi esiste a metà, perché se il centro, il collante della nostra società, è la parola, chi non viene nominato non è che non esista, però per lo meno si vede meno.

Allora nominando correttamente le persone e i fenomeni noi possiamo far si che quelle persone diventino organismi sociali, diventino parte a pieno titolo della società. Quindi è importante nominare bene la diversità. Il modo migliore per farlo è ascoltarla. 

Noi continueremo a sbagliare perché non possiamo sapere tutto, grazie al cielo direi anche, l’importante è conoscere i proporlo limiti. Il famoso sapere di non sapere. Oggi cito tutti filosofi Se abbiamo dei dubbi possiamo sempre chiedere ai diretti interessati o a* dirett* interessat*, così posso scoprire che il cieco vuol essere chiamato cieco, no non vedente, che la persona con disabilità non vuole essere chiamata diversamente abile.

Lo stesso discorso lo posso fare con tutte le tantissime varietà di persone che esistono al mondo".

Isabella Rizzitano e Chiara Orsetti

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