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Economia | 24 ottobre 2022, 07:16

Il report della Cgia sulla crescita nel 2023, per Genova previsioni negative

In Liguria crescono Savona (+0,6%) e Imperia (+0,1%). In perdita Genova (-0,2%) e Spezia (-0,6%)

Il report della Cgia sulla crescita nel 2023, per Genova previsioni negative

È in arrivo uno degli inverni più difficili degli ultimi 50 anni. Per salvare i bilanci delle famiglie e delle imprese, infatti, sarà necessario impiegare entro la fine dell’anno almeno 70 miliardi di euro. Di questi, 35 per dimezzare il caro bollette e altrettanti, con la legge di Bilancio 2023, per non far decadere dal prossimo gennaio alcune misure introdotte dal governo uscente.

A scriverlo è l’Ufficio studi della Cgia, sottolineando che la situazione è critica: il nuovo esecutivo dovrà fare l’impossibile per recuperare tutte queste risorse senza ricorrere a un aumento del deficit, visto che, al massimo, potrà beneficiare su un “tesoretto” che potrebbe toccare i 25 miliardi di euro. Se non riuscirà a recuperarne altri 45, rischiamo un 2023 molto complicato.

Secondo le ultime previsioni, infatti, ben sei province su dieci registreranno una crescita negativa.

Secondo una stima dell’Ufficio studi della Cgia, per mitigare il caro energia il nuovo Governo dovrebbe trovare entro il prossimo 31 dicembre almeno 35 miliardi di euro, per dimezzare gli aumenti di costo in capo a famiglie e imprese previsti nel 2022. Aumenti che, al netto dei 58 miliardi di aiuti erogati quest’anno contro il caro bollette, ammontano complessivamente a 70 miliardi di euro. Ecco perché, secondo la Cgia, sono necessari altri 30 miliardi di euro, a cui si devono aggiungere 5 miliardi per estendere anche al prossimo dicembre gli effetti contro il rincaro delle bollette introdotti con il decreto Aiuti ter.

Visti i tempi risicatissimi, anche approvare in tempo la prossima legge di Bilancio non sarà semplicissimo: per legge il voto definitivo dovrà avvenire entro il 31 dicembre, altrimenti potrebbe farsi strada l’esercizio provvisorio. Pertanto, i tempi a disposizione sono strettissimi e non sarà facile trovare tutte le risorse per confermare, anche per l’anno venturo, molti provvedimenti introdotti dal governo Draghi che, si stima, quantificabili in 35 miliardi di euro, così suddivisi: quasi 15 miliardi di euro per rinnovare nel primo trimestre le misure contro il caro energia previste dal decreto Aiuti ter; almeno 8,5 miliardi di euro per indicizzare le pensioni; almeno 5 miliardi per il rinnovo del contratto del pubblico impiego; 4,5 miliardi di euro per lo sconto contributivo del 2% a carico dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 35 mila euro; 2 miliardi di euro di spese indifferibili.

Sono risorse, quelle appena elencate, che non includono nessun altra misura; tanto meno quelle che sono state al centro della recentissima campagna elettorale. Come l’estensione della flat tax, le pensioni minime a 1.000 euro, il taglio del cuneo fiscale, etc.

Il “tesoretto”, che il nuovo governo “erediterà” dal premier uscente Draghi, potrebbe essere di 20 miliardi di euro: 10 da usare subito e altri 10 da impiegare nella manovra 2023. Risorse che sono state “recuperate” senza fare nuovo deficit, grazie al fatto che in quest’ultimo anno l’esecutivo uscente è riuscito a mantenere i conti ordine. Un ulteriore aiuto potrebbe arrivare anche da Bruxelles, che sta per mettere a punto una misura che consentirà di recuperare i fondi strutturali non ancora spesi o non impegnati in modo vincolante. Il nostro Paese potrebbe avere a disposizione tra i 4-5 miliardi di euro.

Pertanto, a fronte di 70 miliardi di spese da impegnare nel giro di poco più di 2 mesi, il nuovo governo può contare su una copertura di circa 25 miliardi. Nel caso non si volesse fare nessun altro scostamento di bilancio, non sarà certo facile trovare in poco tempo ben 45 miliardi di euro.

Sebbene mai come in questo momento elaborare delle previsioni economiche sia particolarmente arduo, a detta di tutti i principali istituti di ricerca, comunque, il 2023 sarà molto difficile. Delle 107 province monitorate da Prometeia, ad esempio, 67 (pari al 62% del totale) l’anno prossimo registreranno una crescita negativa.

Al contrario, a guidare la graduatoria a livello nazionale sarà la provincia di Milano, dove l’aumento del valore aggiunto sarà dello 0,8%. Al secondo posto, per crescita nel 2023, figura la provincia di Savona con lo 0,6%, a pari merito con quella di Salerno. E, comunque, tra quelle per le quali è previsto un risultato positivo si trovano anche le province di Verbania e Asti (+0,3% entrambe), oltre a quelle di Torino, Aosta e Imperia, tutte e tre con l'incremento dello 0,1%.

Crescita zero invece per Biella e previsioni negative per tutte le altre province del Nord Ovest: Genova (-0,2%), Cuneo (-0,4%), La Spezia (-0,6%), Vercelli, Alessandria e Novara (-0,7%).

Queste ultime si avvicinano alle situazioni più critiche, che riguarderanno Pisa, Cagliari, Ragusa, Messina e Macerata (tutte con una diminuzione della crescita dello 0,8%), Enna e Rovigo (entrambe con -0,9%) e Vibo Valentia (-1%).

Cgia segnala infine che sono molte le province che non hanno ancora recuperato il livello di ricchezza che avevano nel periodo pre-Covid (2019). Le situazioni di maggiore ritardo le scorgiamo a Siena (-1,9%), Prato (-2), Belluno (-2,2) e Pisa (-2,3). Maglia nera, infine, per le province di Campobasso e Vibo Valentia (-2,4).

Per quanto riguarda la crescita 2022 sul 2021 nelle diverse province, la Cgia attribuisce il 4,7% a Savona, il 3,9% a Verbania e Asti, il 3,5% a Torino, Genova e Aosta, il 3,3% a Biella, il 2,9% a Cuneo, il 2,1% a La Spezia ed Alessandria, il 2% a Vercelli e l'1,8% a Novara.

Redazione

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