24 aprile 1841.
A palazzo Lercari, in quella che si chiamava strada Nuova, oggi via Garibaldi, si sta tenendo una serata di gala ma Nina è triste. Nonostante il matrimonio con Stefano Giustiniani, nobile e filomonarchico, da qualche tempo la giovane ha una relazione con Camillo Cavour, ufficiale dell’esercito e patriota. Una relazione fatta di una fitta corrispondenza, di alti e bassi e di incontri clandestini tra Genova, Torino e Vinadio, che si interrompe bruscamente proprio per decisione di Camillo.
Una decisione che devasta Nina. Al culmine della disperazione, la 33enne incurante della festa che si sta svolgendo, scrive le ultime righe all’amato e si lancia dalla finestra della sua stanza ponendo fine alla sua sofferenza d’amore.
Una cronaca di quanto accaduto che si intreccia alle vicende storiche dei movimenti patriottici e che, inevitabilmente, riporta a una delle numerose leggende di Genova.
Nina era il diminutivo con cui veniva chiamata Anna schiaffino Giustiniani, la giovane suicida all’età di 33 anni, il cui corpo riposa nella chiesa della Santissima Concezione Padre Santo a Genova, in piazza dei Cappuccini.
Nina, nata a Parigi il 9 agosto del 1807, trascorse la sua infanzia sulle rive della Senna.
Arrivata a Genova a seguito del padre, nominato console generale di Francia a Genova, a 19 anni Anna venne data in sposa al marchese Stefano Giustiniani, rampollo di una delle più influenti famiglie genovesi e di posizioni filomonarchiche.
Posizioni che Nina non condivise mai e che anzi contrastò, essendo lei filo repubblicana.
Dal matrimonio nacquero due figli ma in Nina montava la frustrazione per aver sposato un uomo che non amava né stimava.
Il suo fervente attivismo fece nascere uno dei salotti tra i più frequentati, proponendo raccolte fondi per la Giovine Italia Mazziniana e diventando, di fatto, un punto di riferimento del panorama politico genovese dell’Ottocento.
Proprio il suo attivismo la portò a conoscere Camillo Cavour, attore tra i principali dell’Unità d’Italia, allora giovane ufficiale dell’esercito.
Camillo, allora ventenne, vantava un fascino che per le donne dell’epoca era irresistibile; Nina, dal canto suo, vantava un carattere volitivo e una vasta cultura che la rendevano attraente.
Tra i due nacque subito un intenso rapporto epistolare, un’amicizia che ben presto si tramutò in qualcosa di più.
I due si incontrarono clandestinamente nella Villa Belvedere di Voltri, a Torino e in altre circostanze. Una relazione che, seppur clandestina per Anna, sposata, sembrava essere forte.
A troncare bruscamente questo rapporto fu proprio Cavour, una scelta che per Nina si rivelò devastante. La donna cadde in uno sconforto che la portò a compiere il terribile gesto, gettandosi dalla finestra di Palazzo Lercari dove si era trasferita a vivere con il marito.
Prima di gettarsi di sotto, Nina scrisse le ultime righe indirizzate a Camillo: “La donna che ti ha amato è morta. Non era bella. Aveva sofferto troppo. Quello che le mancava lo sapeva meglio di te. E’ morta, dico, e in questo dominio della morte ha incontrato antiche rivali. Se essa ha ceduto loro la palma della bellezza del mondo ove i sensi vogliono essere sedotti, qui ella le supera tutte: nessuna ti ha amato come lei. Nessuna!”.
Nina si gettò da undici metri ma non trovò subito la morte, che la colse dopo sei giorni di atroci sofferenze.
La leggenda vuole che ogni anno, il 24 di aprile, giorno del suicidio di Nina, sotto la finestra dalla quale si lasciò cadere, sul selciato di via Garibaldi compaia ancora oggi la macchia del suo corpo, a ricordo della fine di un amore clandestino e travolgente.