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Politica | 23 novembre 2020, 13:55

Le cure per i disturbi alimentari nel Servizio sanitario nazionale: prosegue la campagna

La onlus ‘Mi nutro di vita’ è impegnata affinché i cosiddetti Dca siano inseriti dentro i livelli essenziali d’assistenza come malattia a sé stante: giovedì se ne parla anche in Consiglio comunale a Genova con l’interpellanza di Lorella Fontana

Le cure per i disturbi alimentari nel Servizio sanitario nazionale: prosegue la campagna

Inserire i disturbi del comportamento alimentare (i cosiddetti Dca) all’interno dei livelli essenziali d’assistenza come malattia a sé stante: è in questa direzione che ci si sta muovendo sia a livello nazionale che regionale attraverso iniziative pubbliche e private. In prima linea c’è l’organizzazione non-profit ‘Mi nutro di vita’ che è nata per la lotta ai disturbi dell’alimentazione ed ha sede in Liguria, fondata su idea di Stefano Tavilla, il papà di una ragazza, Giulia, venuta a mancare qualche anno fa a causa della bulimia.

Ma anche le istituzioni tornano a far pressioni affinché i Dca vengano riconosciuti “all’interno di quelle prestazioni e servizi dei quali ogni regione deve dotarsi, e che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti in maniera gratuita, oppure a fronte del pagamento di un ticket, con le risorse pubbliche raccolte attraverso le tasse”. È il senso dell’interpellanza numero 120/2020 che verrà discussa al prossimo Consiglio comunale di Genova, in programma il 26 novembre, e che è stata presentata dalla capogruppo della Lega in sala rossa Lorella Fontana, da sempre molto sensibile al problema. Nel testo del suo intervento la consigliera osserva che “il rapporto Sism 2018 (Sistema informativo per la salute mentale) pubblicato recentemente dal ministero della Salute indica come patologie legate alla salute mentale i disturbi schizofrenici e della personalità, l’abuso di sostanze e il ritardo mentale come prevalenti nei maschi mentre per la parte femminile i disturbi nevrotici, affettivi e depressivi, senza alcuna citazione per i Dca, rimanendo peraltro inglobati all’interno della salute mentale”.

Secondo Fontana “è evidente il paradosso per cui una patologia con numeri enormi, in costante crescita sia in malati (tre milioni e mezzo di casi nel Paese) che in mortalità (oltre 3.500 decessi a livello nazionale nel 2018) - e che rappresenta per gli adolescenti la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali - con una grave carenza se non addirittura assenza di percorsi di cura dedicati, non venga considerata non solo come emergenza sociosanitaria tanto da essere scorporata dalla macro area della salute mentale, ma addirittura neppure indicata nei suoi rapporti ufficiali e pubblici”. Per questo s’interpellano il sindaco di Genova e la Giunta comunale “se intendono valutare la possibilità di farsi portavoce in Regione Liguria per sensibilizzare il governo affinché i Dca vengano inseriti all’interno dei livelli essenziali d’assistenza come malattia a sé per consentire a tutti la possibilità di cure prendendo finalmente la giusta direzione che da anni malati, famiglie ed associazioni a loro vicine chiedono”.

È di senso analogo la raccolta di firme che nei giorni scorsi è stata lanciata dalla onlus ‘Mi nutro di vita’ su Change.org (a questo link: https://www.change.org/p/ministero-della-salute-inserire-i-d-c-a-all-interno-dei-l-e-a-come-malattia-a-se-stante?recruiter=77370237&utm_source=share_petition&utm_medium=whatsapp&utm_campaign=petition_dashboard&recruited_by_id=1555b54e-7bb5-4d77-8a38-afaab244c5f3) e che ha già superato il traguardo delle diecimila sottoscrizioni. Tavilla afferma: “Aprendo il sito del ministero della Salute ci siamo ritrovati a leggere il rapporto Sism 2018 pubblicato recentemente sui numeri dati rispetto alle persone con diagnosi psichiatriche e sui giorni di residenza nelle strutture dedicate: e qui abbiamo trovato non solo incongruenze bensì la completa assenza di persone affette da Dca, come se fossero invisibili”.

La campagna della onlus è condotta attraverso persone che ci mettono la faccia, ovvero chi è direttamente affetto da disturbi del comportamento alimentare: “Nonostante tutte quelle che possono essere le difficoltà nel far sentire la propria voce, a metterci la faccia anche solo per dare un segnale della propria presenza, sono stati davvero molti e ancor più sono stati a condividere il messaggio; speriamo e siamo fiduciosi che questo sia soltanto un inizio, che chi sta combattendo con la malattia, le famiglie, i professionisti, le associazioni continuino a portare avanti la battaglia per far sì che i disturbi alimentari vengano inseriti nei livelli essenziali di assistenza come malattie a sé stanti”.

Sarebbe una conquista degna di una società civile: vanno benissimo le giornate del Fiocchetto Lilla, ma poi la sensibilità e il rispetto da parte delle istituzioni e di chi deve decidere devono essere dimostrati tutti i giorni di tutto l’anno.

Alberto Bruzzone


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