Attualità - 01 giugno 2020, 17:28

Farmacisti, psicologi e biologi: il calvario dell’abilitazione

Lettera aperta di un gruppo di neolaureati contro le decisioni assunte dal Governo: un unico esame online e pure a pagamento, con il rischio di bocciatura nel caso salti la connessione. “Chiediamo il tirocinio abilitante post lauream esattamente come i medici”

In piena emergenza sanitaria, lo scorso marzo, il decreto ‘Cura Italia’ stabilì per i laureati in Medicina l’abilitazione diretta alla professione, senza dover sostenere nessun esame aggiuntivo. La notizia, come in tanti ricordano, venne salutata molto positivamente. Servivano medici, certo, servivano forze fresche, ragazze e ragazzi di buona volontà, per dare una mano a fronteggiare i giorni drammatici dell’emergenza.

Però, con grande rammarico, mentre per i medici veniva presa questa decisione, restava indietro un esercito ‘silenzioso’ di laureati in farmacia, psicologia e biologia che sarebbe stato altrettanto utile e prezioso alla causa.

Loro, già a marzo, non vennero neppure presi in considerazione, e non lo sono tuttora, per quanto sotto molti aspetti la loro posizione andrebbe decisamente equiparata a quella dei medici. Invece, non solo l’esame di stato per queste categorie è rimasto in vigore, ma ora non viene organizzato e l’ipotesi della modalità online spaventa e preoccupa non poco.

Nelle scorse settimane, i neolaureati in Psicologia, Biologia e Farmacia hanno fatto ‘cartello’ comune in tutta Italia, provando a farsi sentire presso le istituzioni, da quelle locali a quelle centrali, dagli ordini di categoria all’opinione pubblica.

Risultati? Tante promesse, ma fatti zero. E oggi Francesco D’Angelo, nel ruolo di portavoce di questo foltissimo gruppo di persone, ha scritto una lettera aperta alle redazioni, perché tutti conoscano questo enorme e inaccettabile ‘ritardo’ rispetto alla loro situazione. “Siamo - scrive D’Angelo a nome di tutti - i laureati in Psicologia, Farmacia e Biologia, candidati all’imminente esame di stato per l’abilitazione alla professione. Vi scriviamo in quanto non ci sentiamo tutelati dalle istituzioni che dovrebbero rappresentarci, prima tra tutte il Ministero dell’Università e della Ricerca. Per ottenere l’abilitazione, è necessario superare l’esame di stato che si tiene due volte l’anno: prima sessione a giugno, la seconda nel mese di novembre. Questo poderoso esame si compone di quattro prove e ha una durata di diversi mesi, dal momento che per accedere alla prova successiva è necessario il superamento di quella precedente. In questi mesi di emergenza sanitaria, dovuta alla pandemia di Covid-19, sono state prese diverse decisioni politiche in merito allo svolgimento di tali esami, purtroppo senza mai considerare la nostra opinione”.

La lettera riassume la sequenza dei fatti. In sostanza, lo scorso 25 marzo il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU), massima espressione della rappresentanza studentesca universitaria e organo politico e ministeriale, redige un documento nel quale si richiede al Ministero dell’Università della Ricerca di legiferare in merito agli esami di abilitazione alla professione. Tale documento riporta la volontà e la necessità di una reale semplificazione di tali esami in quanto a meno di due mesi dal loro inizio non sono state date disposizioni in merito agli stessi da parte del Ministero. Alla fine, dopo quattro settimane di trattative, il 29 aprile viene approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DM n. 57/2020.

“In quest’ultimo il Ministro Manfredi, in deroga alle disposizioni normative vigenti, convoglia l’esame di stato di abilitazione all’esercizio delle nostre professioni - per la prima sessione dell’anno 2020 - in un’unica prova orale, da svolgersi in modalità a distanza, omnicomprensiva di tutte le materie previste dall’esame di stato canonico. Nel prendere tale decisione, Manfredi consulta gli Ordini professionali per chiedere il loro parere: questi ultimi accordano il proprio consenso. Gli Ordini, dunque, esprimono tale parere senza considerare le richieste che abbiamo sottoposto alla loro attenzione - relative alla situazione critica che stavamo vivendo e chiedendo informazioni in merito - ignorandoci così per oltre 2 mesi. Allo stesso modo vengono deliberatamente ignorate anche le rappresentanze studentesche - nella figura dell’organo ministeriale CNSU - che avevano provato a comunicare con il Ministro”.

Gli studenti non si arrendono: “Data la situazione, ci siamo radunati sotto un’unica egida, chiedendo che il nostro esame di stato venisse tramutato nel riconoscimento del tirocinio professionalizzante (1000 ore), così com’è accaduto per i laureati in Medicina. La nostra richiesta è più che legittima, essendo la nostra una professione sanitaria. Inoltre, sappiamo bene che l’abolizione degli esami di abilitazione risulterebbe anticostituzionale: motivo in più, quest’ultimo, per rendere il nostro tirocinio post lauream a tutti gli effetti abilitante”.

Ci sono stati contatti con gruppi parlamentari, ma tutto si è risolto in un nulla di fatto. E, nel frattempo, “le università hanno pubblicato bandi nei quali viene specificato che, nel caso in cui saltassero le connessioni internet, durante il colloquio dell’esame di stato, spetterà alle commissioni esaminatrici decidere per un’eventuale bocciatura: in tal caso, la tassa di iscrizione non verrà rimborsata. Abbiamo più e più volte cercato un dialogo per dimostrare che le barriere tecnologiche purtroppo esistono, e che spesso creano disuguaglianze nel nostro Paese: anche in questo caso siamo stati ignorati”.

I neolaureati sono “arrivati a un punto tale di esasperazione da dichiararci pronti a intraprendere ricorsi legali qualora queste dovessero rimanere le disposizioni finali, ossia un unico esame orale sulle 4 prove canoniche, in modalità telematica. Azioni legali, lo precisiamo, sia nei confronti delle singole Università, sia dei commissari esaminatori. Non è accettabile essere esaminati in una simile modalità, che mette, peraltro, il potere decisionale sul nostro futuro nelle mani delle commissioni esaminatrici, delle quali, ad oggi, non conosciamo neppure il nome di un componente. Un esame che normalmente si svolge in più di 3 mesi, con prove intervallate da finestre temporali di più settimane, adesso verrebbe accorpato e svolto in un colloquio telematico, del quale non conosciamo neppure le tempistiche. Precisiamo che il colloquio telematico, con funzione di esame di stato, verrebbe a costare, in diverse sedi universitarie, oltre 400 euro per candidato, peraltro in un momento di totale crisi economica. Possiamo forse parlare di tutela dei laureati in Psicologia? Ci sentiamo presi in giro dalla politica, e ripetutamente messi all’angolo soprattutto da chi dovrebbe rappresentarci”.

Si fa presto, insomma, a parlare di politiche giovanili. Si fa presto a stupirsi per le ‘fughe’ dei cervelli. Ma se queste sono le condizioni, forse si spiegano moltissime cose.


 

Alberto Bruzzone