Solo alcune settimane fa, quando eravamo nel pieno dell’emergenza da coronavirus, La Voce di Genova ha raccontato l’odissea che molti italiani stavano vivendo in America del Sud nel tentativo di tornare a casa, tra voli per Roma cancellati e voli organizzati da altre ambasciate, costosi e con destinazione finale Parigi o Francoforte. E tra questi c’era anche Luca, che dall’Argentina è riuscito, lo scorso 23 aprile, a tornare finalmente a Genova, e da Marella, con l’Alitalia.
La situazione, però, non è migliorata, tutt’altro, e sono ancora moltissimi i nostri connazionali bloccati all’estero, come il genovese Paolo Femia, che si trova a Santa Cruz, in Bolivia. E che vuole denunciare le difficoltà che devono affrontare in questo periodo, in un paese straniero fortemente instabile, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche socio-economico, quasi sull’orlo della guerra civile, con un governo transitorio e in attesa di nuove elezioni (il presidente Evo Morales si è dimesso, fuggendo in Messico, a novembre 2019), che avrebbero dovuto tenersi il 3 maggio, ma che sono state rinviate. E con il lockdown che “durerà fino all’11 maggio, ma che sicuramente sarà prolungato alla fine del mese”.
In città militarizzate, in cui si può uscire – senza protezioni perché i dpi sono pressoché introvabili – una volta alla settimana per fare la spesa, i nostri connazionali, che sono turisti, studenti, genitori arrivati in Bolivia per un’adozione, si sono organizzati attraverso una chat su WhatsApp, per scambiarsi informazioni e sentirsi più vicini, ma avrebbero bisogno di ricevere un maggiore supporto da parte dell’ambasciata.
Non solo perché, essendo costretti a soggiornare lì ormai da parecchio tempo possono trovarsi in difficoltà economica, ma anche perché riuscire a viaggiare e rientrare in Italia sembra quasi impossibile. “L’ambasciata si limita a proporre voli organizzati da altri paesi, costano fino a 1500 dollari e non hanno nemmeno l’Italia come ultima destinazione”. Perché si tratta di voli per la Francia, la Spagna o la Germania, se non addirittura di aerei organizzati dalla Malesia e con destinazione San Paolo, in Brasile. “E da lì ci si deve arrangiare”. Ammesso, tra l’altro, che si riesca a raggiungere l’aeroporto di Santa Cruz, da dove partono i voli intercontinentali, in quanto ci sono italiani che si trovano distanti: “alcuni sono sul lago Titicaca, altri a Trinidad o Cochamba – continua Femia -. La Paz dista 850 chilometri da Santa Cruz, e senza voli interni e pullman è impossibile da raggiungere”.
L’appello all’ambasciata italiana, quindi, è quello di “mostrarsi più interessata alle sorti dei propri connazionali, cercando di fornire un aiuto anche economico a chi si trovasse in difficoltà, ma anche mascherine chirurgiche per poter uscire in sicurezza e cibo non deperibile, perché inizia a scarseggiare”, conclude Femia.