Gli abiti dei confratelli sono splendidi e preziosi, tanto quanto è splendida, preziosa, da conservare e assolutamente da tramandare la storia delle confraternite liguri, una delle tradizioni più antiche, importanti e nobili della nostra regione.
A Ponente, in particolare, sono moltissime le confraternite ancora attive, e che hanno potuto godere di una stupenda vetrina nelle scorse settimane, grazie alla mostra ‘Cristezzanti’ che è stata allestita presso le sale del Museo Navale di Pegli, con il grande lavoro del Municipio VII Ponente e, in particolare, degli assessori municipali Matteo Frulio e Silvia Brocato.
Quella bella esposizione ha attirato oltre mille visitatori e ora l’esperienza prosegue, seppur indirettamente, con tutta una serie di iniziative collaterali, pressi i principali oratori della zona. Il primo appuntamento ‘ex post’ è fissato per domenica prossima, 9 febbraio, alle ore 16,30, presso l’Oratorio dei Santi Nazario e Celso di Multedo, in salita Monte Oliveto, su iniziativa della stessa Arciconfraternita.
Si parlerà, in un incontro aperto al pubblico, de ‘I Tabarrini e gli Argenti nelle Confraternite del Ponente a Multedo’, insieme alle relatrici Elisa Levrero e Letizia Ciarlo, che hanno curato gli studi sui tessuti e gli argenti delle confraternite del ponente genovese e di Mele proprio per la mostra ‘Cristezzanti’. A moderare sarà Emanuele Montaldo, priore dell’Arciconfraternita di Multedo.
Nell’occasione, saranno esposti i tabarrini settecenteschi già appartenuti all’Oratorio di San Giacomo delle Fucine, oltre a un prezioso e inedito Messale. I tabarrini sono stati tra i grandi protagonisti della mostra ‘Cristezzanti’. “Tra questi - racconta Matteo Frulio - è stato restaurato il prezioso tabarrino della Confraternita di Sant’Ambrogio di Voltri da Elisa Levrero, che ha anche curato la ricerca storica di ogni singolo corredo liturgico. Accanto gli argenti utilizzati nelle processioni, i canti, che con il loro fruscìo metallico, sono collocati alle estremità dei crocifissi processionali, i calici e le mazze processionali hanno concluso il percorso approfondito da Letizia Ciarlo”.
Oltre ai tabarrini, nella mostra ‘Cristezzanti’ sono stati collocati crocifissi processionali dell’ambito di Anton Maria Maragliano e Agostino Storace, studiati da Sara Garaventa, accanto a sculture lignee ritrovate in questi ultimi anni, tra cui un gruppo completo di Cerofori della fine del ‘500, collocati un tempo agli angoli di un’antica cassa processionale e ritrovati nell’Oratorio di Santa Maria Assunta di Pra’. A ritrovare il suo antico splendore, inoltre, anche il San Michele Arcangelo di Fiorino, conservato in una soffitta e restaurato proprio in occasione dell’iniziativa da Aurelia Costa.
L’Oratorio dei Santi Nazario e Celso si trova all’inizio di salita Monte Oliveto, su di una fascia sovrastante la via Antica Romana di Pegli. È una semplice costruzione a capanna a una sola navata con una piccola abside quadrata orientata a sud est. Sulla facciata, che dà su uno slargo della salita ed è orientata a nord ovest, sono state chiuse le finestre di varie forme e dimensioni di cui restano testimonianze in alcune foto degli anni cinquanta del Novecento. Sia sul lato a monte, che su quello verso il mare prospiciente la salita, sono addossate costruzioni realizzate in tempi diversi.
L’Oratorio sorge sul sito dove era la vecchia chiesa dei Santi Nazario e Celso, che una tradizione fa risalire ai primi secoli della cristianizzazione della Liguria e che è citata in documenti a partire dalla fine del primo millennio. Dipendeva dalla Pieve di Santa Maria Assunta di Palmaro ed era divenuta sede della parrocchia di Multedo tra il 1200 e il 1300. Nel libro dei decreti di Monsignor Bossio, visitatore apostolico nel 1582, risultano note relative alla nuova chiesa di Santa Maria, di cui si sollecita il termine dei lavori di costruzione e alla vecchia chiesa parrocchiale dei Santi Nazario e Celso, nonché ad un oratorio sempre dei Santi Nazario e Celso, che si trovava nei terreni della villa Lomellini.
Terminati i lavori della nuova chiesa regolare del Monastero di Monte Oliveto, intitolata alla Natività di Maria Santissima, il 12 luglio 1584 vi era trasferita la parrocchia “coi suoi redditi, reliquie, campane e ornamenti”.
La nuova chiesa acquistava così come contitolari i Santi Nazario e Celso, mentre la vecchia chiesa, con atto notarile del 18 dicembre 1584, veniva ceduta al patrizio genovese Bartolomeo Lomellini, in segno di gratitudine, per avere contribuito alla costruzione e all’abbellimento della nuova. La concessione aveva luogo a determinate condizioni e, precisamente, che la chiesa continuasse ad essere totalmente dedicata al culto divino e che in nessun modo fosse adibita a usi profani.
Così è stato, e proprio dentro questa tradizione s’innesta la storia dell’Arciconfraternita, e la storia nella storia dei suoi fantastici tabarrini.