"L’Europa finora non ha fatto abbastanza per combattere le disuguaglianze salariali tra uomo e donna, ma la soluzione non sono le quote rosa bensì le opportunità di accesso e la meritocrazia". Così ha dichiarato l’europarlamentare Isabella Tovaglieri (Lega), membro della Commissione FEMM del Parlamento Europeo, intervenendo ieri sera nell’aula di Strasburgo sul tema del gender pay gap "Solo attraverso il giusto riconoscimento delle capacità e delle competenze – ha spiegato Tovaglieri - è infatti possibile coniugare le pari opportunità con la pari dignità".
L’on. Isabella Tovaglieri ha ricordato che le Nazioni Unite hanno definito le disuguaglianze salariali, a livello globale pari al 23% e al 16% nella UE, come “il più grande furto della storia”. Sempre secondo l’Onu, senza interventi urgenti e concreti, serviranno 200 anni per eliminarle del tutto.
Per l’europarlamentare lombarda la proposta della Commissione europea di riservare alle donne quote rappresentative nei CdA delle grandi società, è una soluzione fuorviante e insufficiente poiché destinata a un’élite ristretta di professioniste, oltre che illiberale. "Invece di comprimere la libertà di impresa – ha sottolineato la Tovaglieri - l’Europa dovrebbe impegnare i Paesi membri ad abbattere le barriere economiche e culturali che frenano l’accesso delle donne ai più alti livelli professionali e retributivi".
"Far passare il pericoloso concetto che le donne siano una categoria protetta da quote rosa - ha concluso Isabella Tovaglieri - indebolisce, invece di rinsaldare, la forza contrattuale femminile".
Questo il discorso dell'Onorevole Tovaglieri: "Signor Presidente, 'il più grande furto della storia' come lo hanno definito le Nazioni Unite, continua impunito sotto i nostri occhi: ancora oggi nel mondo le donne guadagnano in media il 23% in meno degli uomini! Si tratta di un divario che, secondo l’Onu, senza interventi urgenti e concreti, richiederà 200 anni per essere sanato! Finora l’Europa non ha fatto abbastanza. Non è sufficiente, infatti, riservare alle donne quote rappresentative nei CdA delle grandi aziende. Questa soluzione, che favorisce tutt’al più una ristretta élite di professioniste, è in realtà fuorviante e insufficiente, oltre che illiberale. Invece di comprimere la libertà di impresa, l’Europa dovrebbe supportare i Paesi membri nell’abbattimento delle barriere economiche e culturali che frenano l’accesso delle donne ai più alti livelli professionali e retributivi. Far passare il pericoloso concetto che le donne siano una categoria protetta da 'quote rosa' indebolisce, invece di rinsaldare, la forza contrattuale femminile. Al contrario, solo attraverso il giusto riconoscimento delle competenze e del merito, è possibile coniugare le pari opportunità con la pari dignità".