Domenica 12 gennaio dalle 17.30 alle 19.30 a Palazzo Ducale si terrà un importante incontro promosso da Arcigay Genova, Chiesa valdese di Genova e Progetto Algebar: “Omosessuali credenti: percorsi di fede a confronto”. All’evento, che si colloca all’interno della Giornata per il Dialogo tra Omosessualità e Religioni, parteciperanno Letizia Tomassone, pastora della Chiesa valdese e metodista di Firenze e docente di “Studi femministi e di genere” alla Facoltà Valdese di Teologia a Roma, Rav Haim Fabrizio Cipriani, rabbino presso le comunità ebraiche di Marsiglia e Montpellier, fondatore della comunità Etz Haim, Franco Barbero, ex sacerdote cattolico impegnato nella cura pastorale delle persone omosessuali, William Jourdan, pastore della Chiesa valdese Genova, Daniele Ferrari dell’Università di Siena e Renato Carpi del Progetto Algebar Genova.
Si tratta di un dibattito su come una persona omosessuale possa vivere serenamente un percorso di fede all’interno del cristianesimo e dell’ebraismo e per questo abbiamo chiesto a Letizia Tomassone come, in una società in cui la discriminazione è anche di genere, il mondo protestante si ponga nei confronti nono solo dei gay, ma anche delle lesbiche, che, in quanto donne, rischiano di essere doppiamente discriminate.
Quali sono l’importanza e il significato di questo incontro?
Significa dare dignità e visibilità a persone che fanno parte delle comunità cittadine, cristiane o religiose in generale, ma che solitamente sono costrette a tenere nascosta la propria identità sessuale.
Possiamo considerare Genova una città più aperta di altre al dialogo e al confronto?
Non saprei, manco da tanti anni da Genova, ma qui Arcigay è molto attivo, quindi si tratta di un luogo in cui i temi di questo genere sono portati avanti con forza. Direi, comunque, che in molte città medio-grandi d’Italia questi argomenti non sono più nascosti.
Poterne almeno parlare significa già un passo avanti rispetto a quello che sembra essere ancora un tabù, almeno all’interno della Chiesa cattolica?
Si tratta, più che di un tabù, di una forma di discriminazione, a partire dalla lettura di alcuni testi biblici, che si ripercuote anche su quella ebraica e musulmana. Infatti dal Medioevo l’interpretazione cristiana ha influenzato il pregiudizio secondo cui l’omosessualità è un peccato di fronte a Dio e non corrisponde all’idea di una divisione naturale tra i sessi. Questo è ciò che va smantellato, perché nelle Scritture non è scritto così.
In particolare a quali si riferisce?
Al Levitico nell’Antico Testamento e al racconto di Sodoma, per il quale, ormai da tempo, tutti gli studiosi della Bibbia mettono in evidenza come il peccato commesso non sia la violenza omosessuale, ma l’incapacità, da parte della città, di accogliere lo straniero: è quindi un testo che si rovescia, perché quest’incapacità, semmai, è sempre stata esercitata nei confronti degli omosessuali. Invece nel nuovo Testamento, nella lettera ai Romani di Paolo, vengono abbinate l’omosessualità di tipo greco, cioè la pederastia, e l’idolatria, ma lo stesso Paolo in un altro testo ha scritto che in Cristo non c’è né maschio né femmina, né giudeo né pagano, né schiavo né libero, portando, invece, l’idea di una comunità cristiana inclusiva, che non espelle le persone a causa della loro identità o dei loro orientamenti. Se vogliamo vincere ogni forma di pregiudizio, l’interpretazione delle Scritture non può essere solo una questione accademica, ma deve riguardare la società, in cui prevalgano la capacità di stare insieme, la reciprocità e la mutualità. In questo senso, quindi, è importante che la voce delle persone Glbtq sia ascoltata, perché è una differenza che non fa che arricchire la vita della comunità cristiana e civile.
La Chiesa valdese e quella cattolica in che modo guardano all’omosessualità maschile e femminile?
La Chiesa valdese, o protestante in generale, ha dato ampia cittadinanza alla presenza di gay, trans e lesbiche, al punto da trasformare la teologia e le liturgie: dal 2010 in Italia la chiesa valdese e luterana fanno anche la benedizione di coppie omoaffettive. Quindi il mondo protestante è molto aperto, mentre quello cattolico è molto variegato: in quasi tutte le città italiane esistono gruppi di omosessuali credenti, in maggioranza cattolici e non c’è dubbio che a sostenere il lavoro che si fa su fede e omosessualità sia stato il centro protestante Agape, molto conosciuto fin dagli anni Ottanta, ma anche se c’è stata la spinta all’ospitalità di gruppi omosessuali credenti in chiese valdesi, questi restano gruppi cattolici. Alcuni vescovi, però, hanno riconosciuto la pastorale delle persone omossessuali, quindi dei ministeri di accompagnamento; non c’è dubbio, quindi, che quello cattolico sia un mondo più vario di quanto ci si immagini.
Pensa che nella Chiesa cattolica le donne omosessuali siano più discriminate degli uomini omosessuali?
Il problema è che, soprattutto la morale cattolica, spinge la donna a rientrare nell’ambito materno-famigliare, e il fatto che ci possano essere donne lesbiche o madri o coppie lesbiche con figli, sconvolge questa morale così irrigidita sulla divisione dei ruoli e dei generi. Quello che si dovrebbe fare è dare più ascolto alle donne: ogni etica all’interno del mondo religioso penso debba partire dall’ascolto delle persone e non da idee precostituite o da dogmi.
Nella Chiesa valdese ci sono discriminazioni tra gay e lesbiche?
Non c’è discriminazione, ma ci sono gruppi e associazioni in cui donne e uomini stanno insieme. Spesso, invece, i gruppi di credenti cattolici sono tendenzialmente maschili, mentre le donne hanno poco spazio, forse perché sono meno e così diventano anche meno visibili.
Di recente Frédéric Martel ha pubblicato l’inchiesta-scandalo “Sodoma” sull’omosessualità nella chiesa cattolica. Cosa ne pensa?
Il problema è che la Chiesa cattolica reprime ministri nei di culto la sessualità, che sia etero od omosessuale; e questo crea una specie di costipazione della situazione, che può sfociare anche in violenza e pedofilia - che, in realtà, c’entrerebbe poco con l’omosessualità - ma è come se, bloccando in generale la sessualità umana, non si riuscisse a gestire un modo di stare nelle relazioni che diventa violento.
Come sono viste, invece, le donne nella Chiesa valdese?
Nel mondo protestante si lavora moltissimo sulla violenza di genere, tanto che si sono fatte inchieste in tutte le chiese protestanti di ogni parte del mondo, e quella che è più evidente è la sottomissione da parte delle donne rispetto agli uomini, ai mariti, a partire da testi biblici, il che porta anche a legittimare una violenza di genere. Quindi per esempio, dal movimento ‘Me too’ le chiese, specialmente quelle anglofone, hanno rilanciato il ‘Church too’, perché anche all’interno della chiesa avvengono violenze, abusi e discriminazioni verso le donne. E questo ingloba anche il tema dell’orientamento sessuale.
Quindi nonostante le donne abbiano un ruolo più elevato nella Chiesa valdese rispetto a quella cattolica, restano ugualmente discriminate?
Nella società permangono le differenze e le discriminazioni, quindi è vero che ci sono le donne nei ministeri e anche le donne vescovo, ma tutto sommato le chiese sono vicine al clima sociale. Si tratta di un problema di potere, degli uomini sulle donne.
I pastori omosessuali possono sposarsi?
Possono sposarsi, ma siamo ancora all’inizio di questo cammino. So che all’estero c’è stata una grande discussione sull’unione omoaffettiva dei ministri di culto. Noi siamo chiese piccole in Italia, ma anche qui se ne parla, e almeno un pastore luterano sposato con un uomo e con un bambino c’è.