Nel 2019 la Regione Liguria ha fatto richiesta al Ministero della Salute di 90.600 grammi di cannabis terapeutica per il nostro sistema sanitario. Un aumento notevole per soddisfare il fabbisogno annuale dei pazienti, considerando che nel 2018 erano stati 70.160 e nel 2017 solo 39.000 grammi.
Anche se la suddivisione tra Asl è diversa, dal momento che si registra un grande divario tra quantitativi richiesti e ricevuti: basti pensare che l'Asl1 ha chiesto 3.750 grammi e l'Asl2 25.000 grammi.
Nonostante l’aumento di scorte previsto per il 2020, permangono, però, ancora delle criticità, tanto che 16 settembre scorso l’associazione InFioreScienza è stata audita in Regione a un tavolo cui hanno partecipato anche i Direttori e i Commissari di Asl2 e Asl3 insieme al Direttore dell’Ospedale San Martino.
“Abbiamo presentato una nota che elenca le problematiche più sentite dai pazienti in cura con la cannabis terapeutica in Liguria. A distanza di alcuni anni, infatti, in questa regione la continuità terapeutica e l’accessibilità alle cure continuano a essere processi fragili, lacunosi, tutt’altro che consolidati – spiega Valentina Zuppardo, presidente dell’associazione Infiorescienza -. Ultimamente registriamo alcuni passi avanti ma restano da sciogliere i nodi più difficili, nonostante il consiglio regionale si sia chiaramente espresso in materia”.
Quello che è emerso dall’incontro è che entro il 2019 la Asl3 (Genova) prenderà in carico tutti i 170 pazienti che attualmente sono seguiti in Asl2 (Savona), ma che risiedono a Genova. Per migliorare l’approvvigionamento e la distribuzione della terapia è stato, inoltre, creato un tavolo regionale, che, però, al momento ha coinvolto solo le Asl 2 e 3.
“C’è una disomogeneità di trattamento del paziente fra le 5 Asl, poiché non vengono garantite le stesse varietà di terapia – spiega Zuppardo - ad alto contenuto di THC, ad alto contenuto di CBD e con simil contenuto di THC/CBD, e stesse tipologie di preparazioni, con cartine e olio”.
E a proposito di olio la Asl5 ha chiesto una convenzione con la Asl4 per la preparazione di olio di Bedrocan, mentre la Asl 3 si sta organizzando per preparare anche olio di Bediol.
Per quanto riguarda, invece, i medici prescrittori – pochissimi - si è stabilito che spetti al tavolo regionale organizzarne la formazione.
C’è infine la possibilità che le Asl chiedano delle convenzioni con le farmacie, “ma non è chiaro il motivo per cui questa opportunità non venga sfruttata”.
Non va poi dimenticato che tra chi è in cura con cannabis terapeutica ci sono anche i piccoli pazienti dell’Ospedale Gaslini. L’istituto pediatrico, infatti, è l’unico centro pubblico italiano -dotato di un Protocollo scritto- a prescrivere la cannabis terapeutica ai bambini (qui da febbraio 2018 non c'è sospensione di scorte di cannabis). Arrivano da ogni regione genitori e bambini o ragazzi afflitti da patologie complesse, come encefalopatie con epilessia resistente ai farmaci, tetraparesi spastica e patologie neurologiche degenerative progressive per le quali si usa la cannabis come palliativo per gestire i sintomi della terminalità.
Tra questi ci sono anche i genovesi Mirco e Matteo, rispettivamente il più grande e il più piccolo paziente in cura dal Dott. Luca Manfredini, pediatra che si occupa di cure palliative e terapia del dolore cronico. E in entrambi i casi le mamme affermano che la cannabis terapeutica ha cambiato la vita a loro e a tutta la famiglia.
MIRCO: IL PAZIENTE 001 DEL GASLINI
Mirco ha 20 anni, ma è come se fosse un bambino: pesa solo 28 kg, non parla, non cammina, non riesce a reggere il capo ed è alimentato tramite PEG (Gastromia Endoscopica Percutanea). Soffre di tetraparesi spastica a causa di un danno da parto: dopo appena 6 ore dalla nascita, ecco già la prima crisi epilettica, e da lì un susseguirsi continuo, fino a 15 crisi al giorno, con dolori lancinanti. Le cure erano quelle tradizionali, a base di farmaci antiepilettici e benzodiazepine, finché la mamma di Mirco, Maria Teresa Castelli, è venuta a sapere degli studi che il Dott. Manfredini stava conducendo sulla cannabis terapeutica: “Il Gaslini, però, non la passava ancora, così mi sono rivolta all’Ospedale di Pietra Ligure. Abbiamo iniziato con le tisane e poi siamo passati all’olio. Già dai primi giorni le crisi erano nettamente diminuite, addirittura all’inizio scomparse, al punto che per 20 giorni non ne ha sofferto”. Successivamente, con l’introduzione della cannabis terapeutica anche al Gaslini, Mirco, seguito da Manfredini, è diventato il “paziente 001 e ne siamo fieri”. Oggi grazie a queste cure i farmaci tradizionali, anticonvulsivi, sono stati ridotti. “Quando sento gli altri genitori dubbiosi, dico che a me ha cambiato la vita; tra l’altro la somministrazione è facile. A volte riesco ad avere un boccettino per un mese, a volte per meno. Non siamo senza da gennaio dell’anno scorso, ma ci sono sempre difficoltà a reperirla”.
MATTEO: IL PAZIENTE PIÙ PICCOLO
Matteo, Teo, come lo chiamano la mamma e il papà, ha solo 3 anni ed è affetto dalla Sindrome di West, grave forma di encefalopatia epilettica, spesso farmaco resistente. “Erano le crisi epilettiche a scandire le nostre giornate – spiega la mamma, Barbara Bagnale – le aveva all’addormentamento, al risveglio, per ogni dolore, per ogni rumore e a ogni stimolo”, tanto che un elettroencefalogramma durato 24 ore aveva registrato ben 98 episodi tra spasmi e crisi. E poi anche per lui la scoperta della cannabis terapeutica al Gaslini. “Dopo attenti esami e dopo aver valutato insieme al Dottor Manfredini ogni aspetto della terapia, abbiamo incominciato a fargli assumere la cannabis terapeutica – continua - Ecco in quel preciso istante la sua vita, e di conseguenza la nostra, è cambiata”. E infatti il numero delle crisi è sceso subito fino ad arrivare a 2 o 3 leggere al giorno. I benefici, poi, sono evidenti anche per quanto riguarda i dolori muscolari: Teo sopporta meglio i dolori derivanti dagli spasmi e dall’ipertono e ha la muscolatura più rilassata. “La cannabis è una sostanza naturale ha migliorato la qualità di vita di mio figlio e quella di tutti noi che viviamo per lui – conclude la mamma - Purtroppo la discontinuità terapeutica non ci permette di aumentare i dosaggi e valutare la possibilità di scalare alcuni dei medicinali che Matteo assume”.