Cultura - 07 febbraio 2019, 17:05

Tiler, il "piastrellista": "Parteciperò a un evento che cambierà il volto di Genova nel mondo"

Compare tra i volti noti di “Genova in un ritratto”, eppure la faccia, quella umana, non ce la mette. Su Facebook ha un seguito di oltre 7 mila persone, usa una maschera da scimmia, ed è balzato agli onori delle cronache molte volte, negli anni, per le sue “incursioni” sui muri cittadini. Tiler, "il piastrellista genovese", si racconta. Ma con la maschera (FOTO)

Anche lui compare tra i volti noti di “Genova in un ritratto” (il progetto fotografico benefico di Claudio Colombo), eppure la faccia, quella umana, non ce la mette. Su Facebook ha un seguito di oltre 7 mila persone, molte delle quali gli lasciano post con i selfie davanti alle sue opere. Si chiama Tiler (piastrellista) usa una maschera da scimmia, ed è balzato agli onori delle cronache molte volte, negli anni, per le sue “incursioni” sui muri cittadini (da Sampierdarena a Molassana e perfino dentro l’Ikea). Le sue piastrelle dai soggetti onirici e dai colori Pop, si trovano sparse per i quartieri genovesi e non solo. E mentre altri street artist, come il romano Sirante, prende di mira politici come Salvini e Trump, lui, che sogna un mondo migliore, in cui gli uomini pensano al bene comune, cita la “Teoria delle finestre rotte” di Philip Zimbardo e intanto preannuncia che parteciperà a un evento che “porterà il mondo dell'arte a guardare la nostra città come non ha mai fatto”.

Cosa puoi rivelarci di te?

Di tanto in tanto, a chi segue il mio lavoro e mi scrive in privato, rivelo qualcosa di me. Nulla di importante che mi possa far riconoscere, ma la gente mi racconta spesso le proprie vite, talvolta anche cose molto private e intime, lo fanno per condividere con me emozioni e io da queste storie traggo ispirazione. Così non sempre riesco a fare l'anonimo, anche io ho i miei pensieri e problemi e spesso mi lascio andare con chi si trova all'altro capo dello schermo. Sono abbastanza adulto da essere un neo papà, una grande gioia che spesso sottrae tempo al mio essere Tiler e viceversa. Le mie giornate si dividono in tre, lavoro diurno pieno di guai, soggetto alla crisi, sempre sull'orlo della precarietà... e poi c'è il tempo per la famiglia e infine mi resta la notte da dedicare al mio essere scimmia. In tutto questo, a volte, dimentico di dormire per parecchio tempo, ma le emozioni bisogna viverle quando ci viene data la possibilità. Per il resto, nessuna formazione particolare, amo l'arte da quando ho memoria, la amo in tutte le sue forme, ho passato una parte della vita a sperimentare, imparare, cercare, il tutto per arrivare a quello che sono oggi. Chissà chi sarò domani...

Quando hai iniziato a fare lo street artist e scelto le piastrelle dipinte?

L'arte di strada è il mezzo migliore che possiamo avere oggi per raggiungere le persone: chiudere il proprio lavoro in una galleria vuol dire destinare la visione a un piccolo pubblico, se non si è abbastanza famosi. Quello che volevo io era arrivare alla gente come me, così ho scelto il passante, colui che ogni giorno percorre lo stesso tragitto con lo sguardo perso nei propri pensieri. Ho pensato che se davo a queste persone un motivo per alzare lo sguardo e distrarsi, lo avrebbero apprezzato, e così è stato. La ceramica è stata una scelta ben ponderata, cercavo un supporto per il mio lavoro, perché solitamente chi lavora per strada usa vernici o carta, ma mi sembravano troppo sporche e non volevo farmi odiare. Le piastrelle sono nate per stare sui muri, non stonano e si levano facilmente proprio come quando si vuole ristrutturare un bagno.

Possiamo definirti il Banksy della ceramica?

Banksy è sicuramente un mito ma preferirei che le persone smettessero di paragonare tutti gli artisti associando il suo nome. Non ho la sua grandezza, la sua bravura comunicativa: è un traguardo irraggiungibile anche per i più bravi. Sono solo Tiler, “il piastrellista genovese”, mi piacerebbe essere definito così.

Perché hai scelto la scimmia per rappresentarti senza mostrarti?

Cosa siamo, in fondo, se non scimmie? Se guardi ai mali del mondo, generati da invidia, lussuria, violenza, noti che si tratta di tutte aspetti che fanno parte del nostro carattere e del nostro essere ancora animali. Prova ad osservare la vita delle scimmie libere nel loro mondo e noterai molti comportamenti simili ai nostri, con la differenza, però, che noi ci definiamo "esseri evoluti". In realtà saper creare un computer non è l'evoluzione che vorrei per l'uomo, la vera evoluzione verrà il giorno in cui non cercheremo più il potere, ma il bene comune.

Secondo quale criterio scegli i luoghi, quartieri e vie, in cui applicare le tue opere?

Solitamente scelgo luoghi un po’ degradati, muri abbandonati, zone su cui attirare l'attenzione tramite i miei post sui social. Cerco di influenzare i media per migliorare ciò che non mi piace quando giro per la mia città. Spesso ci sono riuscito, ma la risposta dei politici di turno per risolvere le problematiche non arriva quasi mai, spesso sono i cittadini a prendersi carico di migliorare le cose laddove possono.

Temi che ti possano multare come se le tue installazioni potessero essere comparate ai graffiti?

Potrebbero e l’affissione illegale comporta una multa ridicola - se non rovini nulla di importante - ma è una legge che spesso non viene applicata. Basta camminare per la città per vedere i muri dei palazzi ricoperti di volantini incollati che pubblicizzano serate in discoteca, corsi, eventi: una vera piaga che deturpa le vie. Se le nostre strade avessero muri più puliti, non mi permetterei mai di fare quello che faccio. E' la teoria delle finestre rotte di Philip Zimbardo, una teoria che chi ci governa dovrebbe prendere in considerazione.

Cosa provi quando, furtivamente, attacchi le tue piastrelle lasciando la tua firma?

Adrenalina! Mi sento un fantasma. Più gente ho intorno mentre lo faccio e più è divertente. Le persone credono che esca quando in giro non c'è nessuno, ma non è così, solitamente le mie uscite sono intorno alle 22 o addirittura di giorno: la cosa divertente è fare tutto senza farsi notare. Un esempio è stato il mio attacco dentro il negozio IKEA in pieno sabato in mezzo a tutta la clientela! In quanti conoscono la tua identità? Amici, qualche conoscente con cui ho collaborato. In fondo il mio non vuole essere un gran segreto, tengo nascosta la faccia per evitare di ricevere attacchi alla mia vita reale. Poi credo che non sia importante chi sono realmente, ma quello che voglio dire alla gente: mostro loro i miei sogni e questo basta a chi segue il mio lavoro.

Sirante, il tuo collega romano, è stato definito l’artista anti-sistema, perché è particolarmente provocatorio nei confronti dei politici, sia italiani che stranieri (l’ultimo contro Salvini). Possiamo dire, invece, che anche le tue sono contro il sistema, ma più visionarie e improntate a lanciare un messaggio di speranza, per far sì che l’uomo si accorga che sta rovinando il mondo?

Io penso che il sistema sia l'unico mezzo con cui si può cambiare il sistema: scusa il gioco di parole! Mi spiego: se vuoi che le cose cambino non devi essere contro il sistema, ma studiarlo, prepararti, capire bene quali siano le tue capacità e a quel punto, da dentro, provare a cambiare la situazione. Oggi il mondo è pieno di persone che giudicano senza averne le competenze, la politica è fatta di persone e rispecchia le nostre capacità. Vogliamo migliorare il mondo? Non serve dare addosso alle istituzioni, serve di più istruire i nostri figli. Il mio lavoro non si riferisce a nessuna persona in particolare perché rappresenta quello che sogno, i miei pensieri. Spesso mi vedete creare immagini rappresentanti il pianeta in difficoltà, quelle sono immagini del futuro che mi capita di visitare con la mente, ma non le creo pensando di salvare il mondo, non ha bisogno del mio aiuto, Lui sopravviverà a noi qualsiasi sia lo scempio che saremo in grado di creare.

Qual è l’opera che più ti rappresenta?

Potrei rispondere: l'ultima che ho creato, perché sicuramente rappresenta quella più corrispondente al mio stato d'animo del momento. Questa risposta potrebbe essere valida per sempre. In realtà, però, esiste un’opera su 25 piastrelle che si chiama “Lucifera”, che racchiude dentro di sé un bel pezzo della mia anima, i suoi colori mi sanno incantare e mi perdo nella sua forma. Non me ne sono mai riuscito a liberare, non l'ho voluta mettere per strada e mi sono rifiutato di darla per le collezioni private: è l'unico pezzo che appartiene alla mia collezione privata.

Suoi social sei molto apprezzato: pensi che anche chi vede le tue opere per strada comprenda il messaggio?

Quelli che mi seguono sui social sono arrivati a me tramite la strada, ma non tutti mi amano. Del resto è giusto così, l'unica cosa che non mi piace è chi mi giudica senza conoscere il mio lavoro, senza essersi mai fermato a guardare ciò che faccio o penso. Quando i giornali due anni fa mi hanno regalato la mia piccola fama ho ricevuto tanti applausi dalla gente, ma anche tanti insulti, minacce, attacchi gratuiti di persone che amano riversare la loro frustrazione su chi nella vita prova a costruire qualcosa. Il mondo si divide in tre categorie, i costruttori, i nulli e i distruttori.

Ti ispiri a qualche modello?

A tutti e a nessuno. Giro il mondo in cerca di ispirazione, visito le città, entro nelle chiese e nei musei, vado alle mostre di artisti famosi e meno famosi, tutto per tenere la mente accesa. Però un idolo ce l'ho, io amo Andy Warhol e quando nel mio studio facevo ricerche e studi su come trovare la giusta forma per esprimermi, era a lui che pensavo sempre. La sua grandezza risiedeva nella semplicità complessa che sapeva esprimere nel suo lavoro, una grandezza irraggiungibile. Le stesse opere le fai anche per acquirenti privati? Mi occupo di collezioni private perché credo che il miglior modo per essere ricordati per un artista sia quello di distribuire al meglio il suo lavoro.

Hai intenzione di andare anche oltre Genova e l’Italia?

Sono stato a Milano, Bologna, Firenze, Modena, Pisa, Castelmola in Sicilia, Loano, Noli. Ho messo i miei lavori anche in Francia, ad Antibes, che è un paese in cui ad ogni angolo si respira bellezza e arte: ne puoi trovare due girando per i suoi vicoli. Poi sono stato nel paese degli artisti, Saint Paul de Vence, dove ho lasciato un lavoro nel bagno pubblico - ho fatto un bel video quel giorno - e infine mi sono spinto nella terra dei tori e dei cavalli lasciando un lavoro a Saintes Maries de la Mer su un palazzo fatiscente che qualche giorno fa è stato finalmente demolito. Ne avessi la possibilità passerei la vita in giro ad attaccare lavori, ma il tempo a mia disposizione è quello che è, lo devo gestire al meglio per non perdermi nulla per strada.

Costa stai preparando?

In questo periodo mi dedico alla creazione dei soggetti che poi andranno a diventare ceramica, in più mi preparo a partecipare ad un evento che si svolgerà a Genova, una cosa grossa di cui ancora non dico niente, ma che porterà il mondo dell'arte a guardare la nostra città come non ha mai fatto. Da quando ho iniziato a lavorare su Genova, uno dei miei obbiettivi era proprio quello di attirare l'attenzione di artisti di fama mondiale. Prima hai parlato di Banksy ma come lui, ce ne sono tanti che, se attirati a lavorare sui nostri muri, porterebbero luce a un turismo che oggi a noi manca. Questa città ha bisogno di svoltare pagina, di cambiare vita, di smettere di vivere nel passato, le nostre grandi fabbriche non danno più lavoro e non è costruendo centri commerciali o supermercati che risolveremo il problema. A noi serve il turismo e dobbiamo imparare a mostrare ciò che di bello possediamo senza troppo brontolare.

Le stesse opere le fai anche per acquirenti privati?

Mi occupo di collezioni private perché credo che il miglior modo per essere ricordati per un artista sia quello di distribuire al meglio il suo lavoro.

Un giorno uscirai allo scoperto?

Come già detto non ha importanza chi sono realmente, ma ciò che riuscirò a fare, quante emozioni saprò regalare e quante persone si ricorderanno di me. Il mio vero volto non c’entra niente con la mia vita notturna, io mi chiamo Tiler e ho la faccia di una scimmia.

Medea Garrone