Cos’hanno in comune Niccolò Paganini e Jimi Hendrix? Non solo e non semplicemente la musica, ma il “disuguale metodico”; ossia il ripetersi di disuguaglianze grafiche nella scrittura manuale. Che è il segno base della creatività in generale. Insomma, mostrami che grafia hai e ti dirò se sei un genio (magari incompreso).
È quello che ha spiegato la grafologa Maria Teresa Morasso durante l’incontro, tenutosi nell’Archivio Storico di Palazzo Ducale, “Paganini e Hendrix: il linguaggio nelle mani”.
Le loro doti artistiche, infatti, non emergono solo dalla straordinaria capacità di suonare rispettivamente violino e chitarra, ma anche dal loro modo di scrivere. È dal segno grafico, infatti, che emergono le caratteristiche di entrambi, che avevano in comune anche la vivacità, evidente dal segno “scattante”, e la capacità seduttiva, sebbene espresse in modi diversi.
“Paganini era più concentrato, come si nota da una grafia più piccola – spiega Morasso – mentre in Hendrix c’era un’espansività maggiore, era più estroverso. Inoltre Hendrix era seduttivo suo malgrado, invece Paganini era seduttivo per il personaggio che gli è stato costruito attorno, forse più cupo, malato e misterioso”.
Il nostro genio nostrano, Paganini, non ha lasciato scritto moltissimo (tanti dei suoi appunti sono stati vergati dal suo segretario), ma nell’Archivio Storico di Genova è conservata, per esempio, una sua lettera autografa.