- 17 gennaio 2019, 11:46

Omicidio Janira: il pm chiede l'ergastolo per Alessio Alamia

I fatti risalgono al 7 aprile 2017, quando Alamia uccise l'ex fidanzata con 49 coltellate

Omicidio di Janira D'Amato. Questa mattina, il pm Elisa Milocco ha chiesto la condanna all'ergastolo per l'ex fidanzato (accusato di omicidio volontario premeditato) Alessio Alamia. Ad influire sulla richiesta, anche la contestazione di stalking, aggravata dalla premeditazione per la quale è stato chiesto un anno e sei mesi reclusione. 

I fatti risalgono al 7 aprile 2017, quando Alamia uccise con 49 coltellate l'ex fidanzata Janira D'Amato nella sua casa situata in piazza Morelli a Pietra Ligure. 

Dalla ricostruzione effettuata dagli inquirenti, era emerso che il giovane, dopo essere stato lasciato, aveva iniziato a pedinare Janira e, nella speranza di farle cambiare idea, aveva iniziato anche a perseguitarla attraverso telefonate e messaggi continui.

Ma non è tutto. Tra il 4 e 5 aprile intorno alle ore 3.16, Alamia aveva inserito navigando su internet (Google e Youtube) mediante il proprio telefonino, le parole "Uccidere persone", "Come uccidere persona" e poi "Uccisione senza traccia". Il tutto al termine di una conversazione lunga 8 minuti con l'ex fidanzata. 

"Alamia ha provato a dare giustificazioni ma si è contraddetto - ha spiegato il Pm nella requisitoria di questa mattina - non ricordava il motivo della ricerca e ha dichiarato che voleva uccidere Davide Andrea suo rivale in amore per il quale nutriva un sospetto e poi ha spiegato che voleva suicidarsi. Da più di una settimana aveva il sospetto che Janira avesse un rapporto con un'altra persona, ciò induce Alamia a fare una ricerca".

Il Pubblico Ministero ha inoltre concentrato l'attenzione sul coltello, spiegando che ne erano stati trovati altri due sul tavolo della camera da letto: "Alamia aveva un coltello in tasca e su questo tema ha fornito più versioni illogiche e contraddittorie. Ha detto che lo aveva già mezz'ora che arrivasse Janira, che lo aveva da qualche giorno e lo teneva sotto il cuscino per paura di un'aggressione (da parte di Joseph Castello con cui aveva avuto uno screzio) e infine ha sostenuto di possederlo dal pomeriggio ipotizzando di togliersi la vita dopo che Janira sarebbe andata via da casa sua. Nel secondo interrogatorio invece ha dichiarato che gli serviva per fare un lavoro, parole smentite spiegando che era sotto shock".

Secondo la perizia di Gabriele Rocca, psichiatra forense di Genova, Alamia era capace di intendere e volere durante l'aggressione all'ex fidanzata. La difesa sostiene invece che lui aveva avuto un momento di raptus, da lì la decisione incontrollabile dopo una lite furiosa.

"Era chiaramente consapevole di quello che stava facendo - continua il Pm Milocco - la scarsa empatia, la situazione difficile familiare in cui versava, il basso quoziente intellettivo, l'immaturità, sono tratti disarmonici che non creano disturbo, non sono patologie di tipo psichiatrico. Alamia era sì sfortunato, il padre e la madre avevano diversi problemi, il nonno a cui era legato come un padre era morto, ma fortunato perché aveva trovato una brava ragazza che gli dava una mano, ma non ha voluto cogliere l'occasione, la manipolava e la teneva insieme a lui utilizzando i suoi problemi come arma".

Redazione