lavocedigenova.it - 14 gennaio 2019, 08:00

Il carattere degli Eugenia Post Meridiem: “Cerchiamo l’eternità della poesia”

L’intervista alla band genovese che attraversa Rock, Pop Soul e New Psych (VIDEO)

 

Quando si dice “gli amici sono la famiglia che scegli”. D’ora in poi, quando sentirò questa frase, sarà difficile non pensare agli Eugenia Post Meridiem: band, amici, colleghi, compagni di avventura. Nei loro sguardi complici avverto il loro legame, da come si parlano e da come si completano le frasi a vicenda riesco a comprendere appieno il concetto di gruppo. Gruppo non solo come soggetti che strimpellano all’unisono, ma come persone che - similmente a una melodia composta da diverse linee musicali differenti - attraverso le proprie divergenze, riescono a combaciare alla perfezione, creando e sfidandosi continuamente l’un l’altro.

Sul nome del progetto mi raccontano “Il nome nasce dal significato che attribuisco a certi momenti della giornata, in cui sento una sensazione particolare - spiega Eugenia Fera, voce e frontwoman del gruppo - Tutto nasce dalla poesia e dall’importanza che attribuisco all’arco di tempo che segue il meriggio, cioè il mezzogiorno, il post-meridiem, appunto. Per me assume un grande valore - continua - perché è uno di quei momenti in cui avverto il senso di eternità, dove tutto si ferma. Proprio lì riesco a trovare la poesia del mondo dalla quale prendo ispirazione per tutto ciò che faccio”.

Una band giovane, fresca, con la voglia di fare che trapela dagli sguardi. Gli Eugenia Post Meridiem hanno le idee chiare e nessuna intenzione di rimanere con le mani in mano. “Vogliamo suonare live il più possibile - afferma Eugenia - non importa dove. Amiamo molto il contatto con il pubblico e il luogo passa spesso in secondo piano”. 

La loro musica non ha un collocamento stabile, la cosiddetta etichetta. Ascoltandoli si possono cogliere diverse sfumature prese in prestito da differenti generi attuali e del passato: dal Rock, al Soul fino al Pop e al Neo-Psych. E proprio sul loro stile tengono a precisare “Non sappiamo mai rispondere a questa domanda - spiega Giovanni Marini - Ognuno di noi proviene da un mondo musicale diverso; ognuno di noi ha gusti musicali personali. Ma la cosa interessante - continua - è che queste differenze stilistiche sono servite a dare vita al progetto attuale. Sono armoniosamente confluite tutte in una sola direzione”.

Freschi di registrazione, avvenuta lo scorso agosto, la giovane band non vede l’ora di far sentire il loro primo disco intitolato “In Her Bones”. I brani, registrati in analogico, sono stati ultimati presso il Big Snuff Studio di Berlino, dove la band ha trascorso quasi un mese. Sull’album poco mi anticipano se non che si tratta di un album - come si legge nel loro presskit - di nove tracce in cui, in uno sfogo impaziente, si dipanano immagini di ricordi remoti, memorie del periodo a Lisbona e dei viaggi, che tutti convergono in un’affermazione di poetica: l’arte è tutti quei momenti in cui si prova, si avverte, quasi fisicamente, l’eternità.

In chiusura non manca poi la considerazione sulla scena genovese. Una scena - come spiegano - ricca e piena di talenti che spesso si trovano frenati dalle poche possibilità che la città offre loro. Dispiacere più che polemica, quella degli Eugenia Post Meridiem che, come tanti artisti locali, hanno l’irrefrenabile voglia di esprimersi e di far vibrare Genova d’arte e di musica.

Com’è possibile che una città come Genova, così legata ai propri simboli e alla propria storia, non lotti con ardore per stimolare e supportare il nuovo fermento artistico? Ricordiamo i grandi del passato per rivivere la loro vita e la loro musica ma siamo troppo poco proiettati verso il futuro. Una contraddizione che si traduce in chiusura e che spesso incoraggia gli artisti a fuggire altrove.

Ma non si vive solo di ricordi: spalanchiamole quelle porte, al nuovo, ai giovani, alla loro espressione più intima. Non lasciamo che le nuove voci di Genova si spengano nell’indifferenza.

Perché la musica è qui e c’è adesso, domani chissà.

Ecco l'intervista.

Giovanna Ghiglione