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| 04 gennaio 2019, 10:31

"Savona, lavoro e vertenza industriale": lettera al direttore di Franco Astengo

"Un tema che appare del tutto trascurato dalla gran parte degli amministratori pubblici in particolare da quelli del Comune capoluogo che sembrano proprio non accorgersi del progressivo spegnersi della Città"

"Savona, lavoro e vertenza industriale": lettera al direttore di Franco Astengo

Attraverso questo intervento si cerca di sollevare con forza la “questione lavoro” nella provincia di Savona e l’avvio di una vera e propria “vertenza industria”.

In questo senso debbono essere sollecitate le organizzazioni dei lavoratori a un’iniziativa molto più pregnante sul piano della capacità propositiva e della mobilitazione rispetto a quella, un po’ rassegnata, portata avanti in chiave meramente difensiva.

Da diversi giorni, complici probabilmente le festività, non si hanno notizie riguardanti il drammatico tema del lavoro in Provincia di Savona.

Un tema che appare del tutto trascurato dalla gran parte degli amministratori pubblici in particolare da quelli del Comune capoluogo che sembrano proprio non accorgersi del progressivo spegnersi della Città.

Savona sta vivendo un momento di vero e proprio “abbandono” nella presenza di storici esercizi commerciali: un segnale di ulteriore aggravamento della crisi, in una Città percorsa stancamente da crocieristi che spingono improbabili trolley verso la meta delle loro vacanze, oppure invasa dai banchetti di mercati sempre più spesso presenti a cercare di raccogliere quel poco che rimane.

Un’impressione davvero triste che lascia la visione di una Città che un tempo era una delle più vivaci del triangolo industriale: quello che trainava l’economia di tutto il Paese.

E’ il caso, però, di fare il punto su alcune situazioni:

1) Restano completamente in sospeso i casi di Piaggio e Bombardier: le due aziende più importanti della nostra provincia sono in difficoltà da tempo, all’interno di un quadro di grande trascuratezza per l’industria. Esistono problemi di commesse e d’innovazione tecnologica, problemi di carattere economico derivanti anche dalle proprietà multinazionali. Piaggio si trova commissariata in amministrazione straordinaria, Bombardier dipende dalle scelte industriali della casa – madre canadese e delle sue filiali europee, con il sito di Vado fortemente a rischio. Tra Bombardier e Piaggio sono in ballo più o meno 2.000 posti di lavoro che, nel deprecabile caso di un tracollo complessivo, finirebbero con il far salire la quota di disoccupati in provincia a circa 10.000 unità. Oltre al clima d’incertezza che pesa ancora sulla vertenza Piaggio Aerospace, ecco un’altra mazzata per l’indotto e che arriva direttamente dalla Laerh di Albenga, azienda del settore aerospaziale insediatasi ad Albenga nelle aree ex Fruttital dopo l’accordo di programma per Piaggio del 2014. Nel frattempo i lavoratori della Laerh si trovano in cassa integrazione;

2) Istituzioni, imprenditori e sindacato hanno puntato molto sulla costruzione della piattaforma Maersk a Vado Ligure allo scopo di incrementare traffici portuali e logistica. Addirittura si è parlato di Vado come uno dei terminali della “nuova via della seta” che l’espansionismo economico cinese sta aprendo tra l’Estremo Oriente e l’Europa. Sulla piattaforma Maersk si presentano, comunque, due questioni molto complesse: la prima di carattere ambientale; la seconda di carenza infrastrutturale nel complesso dell’area. Due punti che lasciano tutta la vicenda gravida di grandi incognite;

3) Istituzioni e sindacati (questi ultimi in particolare) hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa di proclamazione, per alcuni comuni della provincia in particolare Vado Ligure e Val Bormida, di “area industriale di crisi complessa”. A giudizio dello scrivente quest’adesione mascherava semplicemente l’opportunità – per l’appunto molto gradita dalle OO.SS – di poter usufruire di agevolazioni dal punto di vista degli ammortizzatori sociali. Il sistema “Invitalia” ha mostrato, in assenza di un piano industriale preciso, tutte le lacune che già si erano evidenziate nell’azione di questa agenzia statale in altre parti d’Italia. Al termine di un itinerario molto complesso e sfibrante ci ritroviamo con 15 domande di aziende che intenderebbero occupare aree nel nostro comprensorio al fine di insediarsi oppure di allargare la loro presenza. L’occupazione prevista sarebbe di circa 900 unità (il 10% della disoccupazione presente) per una richiesta di contributi per circa 60 milioni di euro. La somma disponibile per l’area industriale di crisi complessa è di 20 milioni. Se non ci saranno incrementi è evidente che ci si troverà di fronte ad una necessità di diniego per alcune aziende con la probabilità che, completato l’iter, i nuovi posti di lavoro saranno non più di 2-300. Ipotesi comunque anch’essa molto ottimistica.

4) Cancellata colpevolmente la presenza industriale a Savona Città dallo scambio deindustrializzazione /speculazione edilizia che ha visto nel corso degli anni protagoniste l’Unione Industriali e le amministrazioni comunali di centro – sinistra e di centro – destra (a partire dalla “questione morale” di stampo teardiano e poi da Magliotto a Ruggeri fino a Berruti come sindaci da una parte e Gervasio primo cittadino dall’altra), il nodo più intricato del rapporto lavoro/territorio nell’area vadese e in quella della Val Bormida è stato rappresentato dal rapporto lavoro/ambiente emblematizzato da due vertenze storiche: quella ACNA durata decenni e diventata “caso europeo” e quella Tirreno Power. Assieme alla (altrettanto colpevole) dismissione di Ferrania dovuta alla miopia di quella dirigenza industriale in una fase di radicale trasformazione tecnologica del settore, le vicende ACNA e Tirreno Power hanno posto in evidenza il tema delle aree dismesse e del loro necessario riutilizzo e bonifica. Se per l’area Tirreno Power si è avuto l’intervento di Vernazza, che comunque non è azienda produttiva e per l’area di Ferrania potranno essere possibili insediamenti in ragione di assegnazioni derivanti dall’area industriale di crisi complessa, il caso clamoroso rimane quello dell’ACNA. A 20 anni dalla chiusura dello stabilimento e a fronte d’investimenti ad hoc il grado di bonifica dell’area si trova allo 0% (zero per cento), dopo che erano stati promessi mari e monti: addirittura i campi da golf. Il caso della mancata bonifica dei terreni ACNA appare quello più clamoroso ed evidente della trascuratezza (per usare un eufemismo) che le istituzioni a partire dalla Regione, l’Unione Industriali, i sindacati hanno dimostrato nel corso degli anni per, l’industria in provincia di Savona.

Con questo intervento si trascurano, per ragioni di spazio, una serie di considerazioni che pure dovrebbero essere svolte al proposito di diversi argomenti (invecchiamento della popolazione, migrazione, fuga dei cervelli, importante presenza di piccola industria e artigianato).

Lo scopo di questo testo è soltanto quello di riavviare una discussione sui nodi di fondo: senza una presenza industriale adeguata, anche e soprattutto dal punto di vista della qualità tecnologica, non sarà possibile alcun rilancio: i servizi fuggono (logicamente) e il turismo è di secondo, se non di terz’ordine e in ogni caso settore sempre e comunque complementare in una situazione come la nostra e più in generale, siamo vicini, ma non siamo la Costa Azzurra (sul cui territorio comunque non sono rose e fiori).

L’idea sarebbe quella di riflettere su di una “vertenza industria” da supportare con un’adeguata capacità di programmazione, individuando settori e aree d’insediamento e partendo da Piaggio e Bombardier: assicurando la presenza di questi due stabilimenti sul nostro territorio e curandone la capacità tecnologica di competitività a livello internazionale.

Franco Astengo

Lettera firmata

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