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Attualità | 19 dicembre 2018, 08:00

Al Vox diventa un altro da se stesso: si chiama “Alter Ego” ed è il suo nuovo disco

La recensione del terzo album dell’artista genovese che va a concludere il percorso nato con “Loop”. In uscita il 2 febbraio

Al Vox diventa un altro da se stesso: si chiama “Alter Ego” ed è il suo nuovo disco

Se dovessi definirlo con una parola direi variegato. Il nuovo disco di Alberto Lupia in arte Al Vox, in uscita per il 2019, ha un qualcosa di sorprendente, enigmatico e sfuggente. Non riesci a comprenderne la caratteristica predominante, un segno distintivo, la cosiddetta etichetta. Al Vox corre più veloce di te e non puoi anticipare ciò che ti aspetta. Questo è quello che è successo a me ascoltando, con orecchio critico, brano per brano il suo lavoro. Quando penso di averlo compreso e inquadrato, ecco che mi sfugge ancora una volta, sconvolgendo i miei piani e superando i confini entro i quali - erroneamente - lo rinchiudo. Ma lui di star fermo non ne vuole proprio sapere.

Se pensate dunque di conoscerlo solo dopo aver ascoltato un paio di brani, vi sbagliate di grosso. Al Vox è un po’ come una matrioska, in cui ogni strato rappresenta uno suo personalissimo modo di interpretare le cose e di metterle in musica. Ogni strato vi porta sempre più nel profondo senza mai svelarvi il punto di arrivo, perché, fondamentalmente, un punto di arrivo non c’è.

Si intitola “Alter Ego” ed è il suo terzo disco da solista che va a chiudere un percorso iniziato nel 2014 con l’album “Loop”. All’interno la matrice elettronica è forte e fa da comun denominatore a tutti i brani, ma non per questo motivo l’artista ha evitato di ampliare i propri orizzonti. Via libera a differenti categorie musicali e alla sperimentazione, via libera alla contaminazione.

 

Aguzzate le orecchie, quindi, e cercate di scoprire - come ho fatto io - quanti e quali generi abbia mescolato tirando fuori uno stile tutto suo. Da Battiato a Piero Pelù fino a Elio e Renato Zero.

Ma veniamo a noi.

Il disco parte forte con “I Know”, una canzone che ha tutta la stoffa per poter essere il singolo di lancio dell’intero album. E infatti è proprio così. Energica, potente. Entra in testa e non esce più. Le sonorità di questo brano mi riportano con la mente direttamente agli anni ‘90, quando con il mio walkman - che a fatica stava nella tasca della felpa - pregavo che il CD non saltasse o non fosse rigato per non perdere nemmeno un secondo dei miei brani preferiti. Un brano che mescolando italiano e inglese in modo molto saggio, ricorda la straordinaria collaborazione tra Caparezza e Tony Hadley in Goodbye Malinconia.

Dai toni altissimi a quelli più bassi e profondi. “Non ho testa” è la seconda canzone del disco, già uscita insieme al videoclip ufficiale. Nonostante i cambi repentini di tonalità, il brano mi permette di concentrarmi sul testo, la parte - a mio parere - centrale dell’intera traccia. Un testo apparentemente distante dall’ascoltatore ma che lascia carta bianca ai pensieri. Parole pensate e pesate tutt’altro che superficiali che rispecchiano la figura dell’artista. “Desiderio innocente di essere ciò che si vuole”: Al Vox è proprio questo, senza recinti preconfezionati intorno, libero da limiti.

Con “Un’altra volta” il pensiero vola dritto verso la sfacciataggine di Piero Pelù. Al contrario di “I Know” e “Non ho testa”, in questo brano vengono mescolate sonorità elettroniche con suoni strumentali e lo stile viaggia più sul binario del Rock piuttosto che su quello della Dance iniziale. Questo dimostra come Al Vox passi da un genere all’altro senza mai perdere la propria personalità decisamente influenzabile. Anche in questo caso il testo porta con sé molte domande e nessuna risposta, come “Ti sei mai chiesto chi sei?”.

Il viaggio continua e le contaminazioni di genere non si fermano. Dal Rock si passa, con “Principio egoista”, a sonorità esotiche che mi ricordano i suoni caldi dell’estate, molto distanti dalle precedenti, con un tocco di Renato Zero. Anche in questo caso l’artista si dimostra variegato e variabile pur mantenendo la sua personalità attraverso musica e parole, nuovamente dettate da una scelta lessicale ragionata e mai banale.

Una scarica di adrenalina mi attraversa con “Ego”, dove ritrovo con piacere le sonorità Dance iniziali, vestite però di un nonsoché di psichedelico. Ascoltando questo brano, dove la musica sovrasta il testo - forse unico appunto negativo - mi vengono in mente le immagini colorate e fluide di un caleidoscopio in movimento. Apprezzatissimo l’uso dell’Auto-Tune che, in questo preciso contesto, riacquista il suo fascino anni ‘90.

Si vola verso la Spagna grazie all’intro di “Delirium Tremens” che mi fa viaggiare con la mente. A bussare la porta dei miei pensieri è nuovamente Piero Pelù, ma la somiglianza è piacevole. Si tratta di un brano energico che viaggia borderline tra Pop e Indie. La chitarra elettrica, con un sound molto preciso e ben eseguito, ricorda Santana con la sua eterogenea scelta musicale tra Rock classico, Blues e Salsa.

Ritorniamo al Rock mischiato alla musica elettronica. In “Onda sonora” ciò che mi colpisce maggiormente è l’uso della tastiera. Le sue note regalano proprio la sensazione di un’onda che lentamente travolge l’ascoltatore lasciandolo immobile tra le note. Ed è proprio questa onda che, intrecciata a suoni in stile Tetris e ai piatti della batteria, scandisce il ritmo preciso del brano.

I suoni elettronici continuano in "Coming Home", un pezzo breve ma intenso che si concentra molto più sulla melodia piuttosto che sul cantato, decisamente caratterizzato da un testo semplice e lineare.

A proposito di...“Semplice”, appunto. La volontà è probabilmente quella di autodefinirsi ma - a mio parere - definire questa canzone “semplice” è un po’ riduttivo. Si tratta di una traccia che vuole descrivere vari aspetti della vita apparentemente semplici ma che ci complicano spesso l’esistenza. Per dirne uno? Innamorarsi.

Da “Semplice” a “Sotto shock” è un attimo. Decisamente uno dei brani che più mi ha colpita per la sua capacità di mettere insieme ritmi e toni differenti. Parte sostenuta con un’introduzione quasi rappata, poi torna calma come una poesia per poi scatenarsi con un energico ritornello. Una canzone impazzita. Finalmente c’è chi osa!

“Mi piace”...mi piace! Una vocalità che ricorda vagamente la stravaganza di Elio, suoni e toni bassi che ipnotizzano tenendoti incollato al testo e un ritmo incalzante. Se dovessi paragonare questa canzone ad una corrente letteraria penserei sicuramente al Futurismo: forte, incontrollabile. Sembra che voglia preannunciare l’avanguardia, ma con suoni d’altri tempi.

E che dire del finale strumentale? Una melodia che si discosta dall’intero disco ma che, grazie all’armonia dei suoni, ti accompagna gentilmente all’uscita lasciandoti da solo con un po’ di domande.

Per il 23 dicembre è prevista l’uscita di I Know, singolo di lancio che anticiperà l’intero album. Le copie fisiche di Alter Ego saranno disponibili dal 23 solo durante i live o su richiesta diretta all’artista, mentre la versione digitale sarà online a partire dal 2 febbraio.

 

Qui l'intervista per conoscerlo meglio.

Giovanna Ghiglione

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