Il Gallo, quello che qui a Genova indica, per antonomasia, Don Andre Gallo, gli aveva detto in genovese: “Tu non sei un portuale, vai a fare il poeta”. E lui, Ivano Malcotti, l’ha preso alla lettera.
Autore di testi di teatro sociale, Ivano, che lavora a stretto contatto con gli ospiti della casa per anziani di Sori, e non solo, per il prossimo spettacolo ha deciso di coinvolgere non un gruppetto d’attori, ma l’intera cittadinanza del Comune di Sori. Grandi e piccoli, uomini e donne, tutti partecipano alla sua rappresentazione, perché, appunto, si tratta non di un teatro qualsiasi, ma di quello di “cittadinanza”, che come in epoca di cinema Neorealista, vede come protagonisti gli attori di strada, ma in questo caso con scopo terapeutico, pedagogico e di partecipazione collettiva. E questi attori si stanno preparando da mesi, con entusiasmo, all’evento. Si tratta di “Radio Marelli”, testo che sarò messo in scena nel teatro comunale e prodotto dal Gruppo Città di Genova, per ricordare il 27 Gennaio, la Giornata della Memoria, e celebrare un concittadino, Paolino, detto Lino, Costa, che ha lasciato un segno importante nella storia di Sori. Si tratta, infatti, della rivisitazione drammaturgica del suo diario, scritto a mano e con una bella grafia, in cui Lino ha voluto raccontare la propria esperienza da ex deportato nel campo di lavoro di Dachau durante la Seconda Guerra Mondiale: “Non è uno scritto di cultura letteraria, ma parole semplici di un uomo di 85 anni che vuole tramandare alle giovani generazioni il valore della pace”.
Prima di tutto: che cos’è il “Teatro di Cittadinanza”?
Il teatro di cittadinanza ha una gestazione lunghissima, che comincia esattamente 22 anni fa, quando ero volontario da Don Gallo, che mi disse: “Ti nu tei un purtuale, vanni a fa u poeta”. Quando gli ho chiesto come avrei potuto fare a vivere, mi ha risposto che lui aveva buone conoscenze lassù, per cui mi avrebbe dato una mano. Lì per lì l’ho presa per una sua solita boutade, ma poi in effetti ho voluto provare e sono andato a studiare da Renato Zero. E da lì ho cominciato, anche perché Don Gallo mi mandava a intervistare chi stava, purtroppo, per morire e da lì ne è nato il primo libro, “Dialoghi ultimi”, e ho iniziato a imparare a fare teatro in presa diretta. Così 10 anni fa è nato il progetto “Teatro Politico istantaneo”, secondo il concetto aristotelico di politica. Dopo questi anni lo abbiamo trasformato in Teatro di Cittadinanza. Il presupposto è che sia fatto da persone assolutamente profane, cioè non dilettanti, ma persone che non abbiano mai calcato il palcoscenico e che amino portare in luce storie locali inedite e interessanti. Così, quando la signora Gianna Fasce, moglie di Lino Costa, mi ha parlato del manoscritto del marito, ex deportato a Dachau, ne ho tratto un lavoro storico-romanzato, "Radio Marelli".
Come hai rielaborato i diari di Paolino Costa?
Quando la moglie mi ha dato il diario, ad aprile dell’anno scorso, mi ci sono gettato a capofitto, finendo la stesura del testo in tre mesi, a Ferragosto. Ho preso tutte le notizie del memoriale, facendo una ricerca capillare dal punto di vista storico, cercando informazioni anche attraverso i giornali dell’epoca. Ne ho estratto tutte notizie attendibili, così come i discorsi di Pavolini, Mussolini e altri gerarchi fascisti. Il testo l’ho dato all’unico professionista del gruppo, Giorgio De Virgiliis, il regista, mentre a coordinare tutto e tutti è Valerio Stagno. Si tratta di un grandissimo lavoro, dal momento che mette insieme i cittadini soresi, musicisti compresi, che hanno preso canzoni dell’epoca rivisitandole.
Che cosa emerge da questo diario?
Emerge la storia di Lino, che ha subìto la disperazione della povertà, la deportazione nel campo di lavoro più duro che ci fosse, la fame perenne, il ritorno a casa e la voglia di lasciare qualcosa ai posteri. È un grande messaggio etico e un testo storico, in cui niente è inventato, nemmeno i dialoghi, perché me li ha suggeriti la moglie, Gianna Fasce, in base a episodi realmente accaduti. Il diario inizia nel 1940 quando Lino aveva 17 anni; da lì il racconto della deportazione nel ’43: era andato in Piemonte per aiutare i partigiani, cui papà, ciabattino, faceva le scarpe. I fascisti fecero una retata e loro furono arrestati: il padre rilasciato e Lino portato prima a Marassi e poi nel campo di Dachau, da cui è uscito solo con la liberazione da parte degli Alleati. Quando è tornato a Sori era irriconoscibile: pesava solo 30 chili. Distrutto nel fisico, è rimasto cagionevole di salute per tutta la vita. Ma ha scritto appositamente per i ragazzi il memoriale, anche se ormai sembra che l’interesse per la Resistenza sia poca apprezzata. La vedova ne ha fatto alcune copie, ma dal momento che col tempo l’interesse viene scemando, quando la signora Gianna mi ha contattato ho deciso di buttarmi in questo progetto.
Che cosa significa per i soresi partecipare?
Prima di tutto significa riparlare di un cittadino famoso a Sori. E poi è un teatro terapeutico, grazie al quale i cittadini si incontrano. Quindi, appunto, ha un valore di cittadinanza, al di là dell’aspetto performativo, perché l’importante è l’insieme e il coordinamento. Ogni sera la signora Gianna supervisiona le prove e si commuove. Recita anche la nipote. Le prove sono iniziate da ottobre e dureranno fino al 26 gennaio. Il regista dà anche ripetizioni private gratis a casa sua a Nervi. Nessuno diventerà Gassman probabilmente, ma è bello il rapporto che si è instaurato tra loro. La partecipazione umana è straordinaria, anche perché Il teatro di cittadinanza non esclude nessuno, nemmeno le disabilità gravi, gli stranieri e chi è in difficoltà: è aperto a tutti.
Le parti come sono state decise?
Non secondo la bravura, ma in base a chi ha il piacere di fare. Per esempio chi interpreta Lino non è il migliore. Anche perché se si dovesse fare una scelta per meriti, si finirebbe per prendere il professionisti. La soluzione vincente di questo tipo di teatro è che tutti si sentono uguali.
Il regista è l’unico professionista.
Sì, è Giorgio De Virgilis, che ha 84 anni e alle spalle 50 di palcoscenico: il suo ultimo lavoro è stato in “Don Matteo” con Terence Hill. Suo padre era un famoso pittore, suo nonno un artista del cinema muto, e lui, anche se non è stato primo attore, ha lavorato con i più grandi registi, come Strehler e ha esperienza internazionale. Ha conquistato tutti raccontando gli aneddoti con Ernesto Calindri, Eduardo De Filippo ed Enrico Maria Salerno. E ci sono anche i musicisti. Sì, perché ho inserito alcune canzoni dell’epoca, come “Baciami piccina” e anche della Prima Guerra Mondiale, perché il padre di Lino l’aveva combattuta. Sono canzoni eseguite dal gruppo di dilettanti, i Licorice Dream, anche loro di Sori: hanno creato una saletta di registrazione nella cantina della casa, in una piccola crosa di Sori, favolosa.
Il lavoro sulla riscrittura dei ricordi, che funzione ha sulla psiche?
C’è una forte richiesta di questa tipologia di lavoro: anche a Santa Margherita sto facendo la riscrittura creativa, attraverso cui le persone anziane raccontano le proprie storie. Si tratta di un protagonismo sano, da cui, tra l’altro, tiri fuori storie che altrimenti si perderebbero. Per esempio andrò a raccogliere la memoria di una signora che faceva la staffetta partigiana. E’ un approccio che piace, perché si tirano fuori le emozioni positive, i ricordi belli, che fanno stare bene, e che sono la medicina più potente a quell’età, perché gli anziani hanno bisogno di tornare ai vecchi sogni e alle vecchie energie. È teatro terapeutico e pedagogico.