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Attualità | 14 novembre 2018, 12:26

"La figura dello zoosadico non si prende sul serio". Maltrattamenti sugli animali, perché?

Spesso si apprende di episodi di violenza sugli animali. Abbiamo voluto chiedere che cosa ci sia dietro a questi gesti, a chi si occupa di comportamenti socialmente pericolosi e criminali. Intervista alla presidente di Link Italia Francesca Sorcinelli

"La figura dello zoosadico non si prende sul serio". Maltrattamenti sugli animali, perché?

Di recente è stato scoperto un allevamento di asini, a Ceranesi, in cui i poveri animali erano tenuti in schiavitù e in pessime condizioni. E da poco è stato realizzato un cortometraggio sul cane Angelo, seviziato e ucciso in Calabria da quattro giovani che hanno filmato l’orrore commesso vantandosene poi sui social. Per questo abbiamo intervistato proprio chi ha fatto la loro valutazione di pericolosità sociale della condotta. Si tratta di Francesca Sorcinelli, educatrice professionale, che si occupa del recupero e della rieducazione di persone in comunità con disagi, disturbi antisociali di personalità, comportamenti criminali, e che è la Presidente di Link Italia (nel 2017 era stata a Genova in un incontro pubblico organizzato dal gruppo cinofilo Sansone per parlare di violenze su animali in ambito domestico).

Tutti sanno che in ambito digitale il termine “link” significa “legame”, ma nell’ambito di psicologia, psichiatria, criminologia e scienze investigative, per gli anglosassoni è il termine tecnico che indica la stretta correlazione esistente fra maltrattamento e/o uccisione di animali e ogni altro comportamento violento, antisociale e criminale. E Link Italia, che ha all’attivo tre pubblicazioni, di cui l’ultima del 2016, ha analizzato 1087 casi di Link attraverso un’indagine condotta nelle carceri italiane su 682 detenuti, in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato e il Nucleo Investigativo per i Reati in Danno agli Animali.

Spesso si sente parlare di allevamenti lager: che cosa ne pensa?

La violenza in quei contesti è esposizione alla violenza per chi ci lavora, e questo ha implicazioni e conseguenze psicologiche ben precise. La subisci tu stesso e ti rende violento. Come i prigionieri di guerra che oltre a essere tenuti in prigionia e, quindi, in condizione di disagio, vengono torturati dai soldati. La violenza genera violenza. Siamo ancora agli albori, inizia, però, a comparire la prima letteratura su questo sulla personalità e sui danni psicologici di chi fa certi lavori. Bisogna comunque denunciare i maltrattamenti sugli animali, perché sono utili per le perizie psichiatriche e per le investigazioni, laddove le indagini dimostrino il nesso tra chi commette violenze domestiche e il lavoro in quei luoghi in cui, oltre alla violenza connaturata alla tipologia di posto, se ne pratichi altra ancora.

Le violenze sugli animali domestici che scopo hanno?

La violenza sugli animali rappresenta uno strumento privilegiato per colpire psicologicamente e affettivamente le persone, in particolare in ambito domestico: si ferisce fisicamente un animale per ferire emotivamente e affettivamente una persona. Il partner così crea un clima di terrore e di controllo sui minori e le donne e, ora, abbiamo anche una prima letteratura relativa agli anziani. Si tratta di una dinamica molto potente, perché i dati indicano che il 65% delle donne non se ne va di casa proprio pensando agli animali. Se si vogliono mettere in atto strategie efficaci che consentano ai servizi sociali e alla polizia di portarle via di casa, bisogna che tali strategie comprendano anche la messa in sicurezza degli animali. In Italia non esiste tutto ciò, negli Stati Uniti sì, in quasi ogni Stato: ci sono rifugi di animali vittime di violenza domestica, mentre qui non si possono portare nemmeno nelle case protette insieme alle padrone. Come Link Italia quello che cerchiamo di fare è creare una rete di famiglie affidatarie, segrete, che possa prendere in affido temporaneo questi animali: non possono andare in canili o gattili, altrimenti anche queste strutture sarebbero a rischio rispetto allo stalker. Quindi occorre una rete di famiglie, gestite tramite un mediatore, e senza che la donna sappia dove si trovino. Serve per non creare situazioni di pericolo né per uno né per l'altro.

Le pene per chi tortura o uccide gli animali sono proporzionate al reato?

Prendiamo l’esempio del cane Angelo: i suoi assassini hanno ricevuto il massimo della pena, cioè 16 mesi, ma non si fanno mai in carcere. La messa in prova è stata rigettata, ma c’è stata la sospensione condizionale della pena. La giustizia italiana permette di fare 6 mesi di servizi sociali. Al di là del fatto che le pene non sono all’altezza dell’atrocità dell’atto compiuto, si fa l’errore di mettere in un canile o in un gattile queste persone: è come mettere un pedofilo tra i bambini. Ma, mentre nessuno penserebbe di farlo, la figura dello zoosadico, invece, non si prende ancora sul serio. Quindi come Link Italia cerchiamo di fare capire che occorrono percorsi specifici psicologici, zooantropologici, socioeducativi, e così via, in base alla situazione, e con interdizione dello zoosadico dall’avere a che fare con un animale finché non il percorso non è terminato e non ha acquisito le capacità di avere un rapporto sano con l’animale. Non si può mettere un alcolista a fare i cocktail per essere recuperato: è istigazione a mettere in atto la sua criticità, è una follia, eppure in questo momento è la dinamica più diffusa. Cerchiamo di contrastarle questo con un manuale e linee guida specifici per gli operatori del settore.

La violenza sugli animali di che cosa è sintomo?

Maltrattamento e uccisione di animali sono un sintomo patologico che va interpretato come indicatore di contemporanei o successivi altri comportamenti devianti antisociali o criminali ed è uno specifico indicatore. In Italia fino a ora non è stato mai preso sul serio questo indicatore, anche se significa che se il maltrattamento è commesso da un minore, è da considerarsi sintomo di una potenziale situazione di abuso familiare che sta subendo a sua volta. Se si tratta di un adulto, è la conseguenza di una violenza cui ha assistito o di cui è stato vittima da bambino.

Come prevenire questi atti?

In Italia non esiste la logica della prevenzione: ci preoccupiamo solo a fatti avvenuti, senza tener conto degli indicatori. Invece negli Usa se c’è una segnalazione di maltrattamento o uccisione di animali in ambito domestico, scatta una task force che controlla come vivono donne e minori a rischio, perché il maltrattamento di un animale è appunto un indicatore di pericolosità in ambito domestico.

Come sensibilizzare la società civile?

Quando una donna chiamava le forza dell’ordine dicendo che il marito picchiava il gatto, la risposta era quella di non preoccuparsi, perché se picchia il gatto e non lei, può stare tranquilla. Quindi nel 2006 siamo partiti come Link Italia da questo livello, cioè da zero, e abbiamo iniziato compensando gli ambiti scoperti, con la formazione dei professionisti e la sensibilizzazione dei cittadini, attraverso conferenze. I corsi sempre trasversali, aperti ai professionisti e dando crediti formativi, per esempio ad avvocati, assistenti sociali, e al mondo medico-sanitario. Per i giornalisti cerchiamo di attivarli. E poi abbiamo fatto la raccolta dati, l’ultima del 2016, con il Corpo Forestale dello Stato, e la firma dei protocolli di intesa. Essendo un’associazione di volontariato professionale, ma privata, è importante coinvolgere le istituzioni per avere un maggior apporto nella sensibilizzazione. L’obiettivo è far sì che in Italia si radichi Link, come patrimonio di tutti i professionisti.

Qual è il confine tra maltrattamento e no?

Il Link si occupa di violenza su animali già dichiarata illegale. Lo fa entro due ambiti: ciò che è scientifico e no, ciò che è legale e no. Sono ambiti relativi, perché le legislazioni cambiano da Stato a Stato e da periodo a periodo, come anche le consapevolezze scientifiche. I macelli, la vivisezione, il circo, lo zoo e gli allevamenti, allo stato attuale sono legali, anche se, di fatto, sono casi Link, perché in circhi e zoo c’è violenza sugli animali e i minori sono esposti a questo. Quindi è importante continuare a sviluppare sempre più le consapevolezze scientifiche, che fanno pressing sulla legge, che si modifica nel tempo. Come è avvenuto per i combattimenti tra cani. Nel 2002 avrei dovuto dire che tecnicamente erano casi Link, ma legalmente no. Invece dal 2004 in poi possiamo dire che il combattimento tra cani è il caso Link per eccellenza, perché comprende maltrattamento di animali, di minori che assistono, e altri ambiti delinquenziali. Perché non tutti i maltrattamenti di animali rientrano in casi Link, ma la casistica precisa.

Ricordiamo quali casi sono ritenuti Link.

Abbiamo definito Casi Link i casi di maltrattamento e/o uccisione di animali in cui il maltrattatore ha compiuto in passato o commette contemporaneamente anche altri atti devianti o criminali; il maltrattamento di animali è parte integrante di un altro crimine o atto deviante – omicidi, violenza sessuale, pedofilia, violenza domestica su donne e minori, stalking, atti intimidatori di stampo malavitoso, traffico di droga, riti satanici; il maltrattamento di animali è contemplato nelle parafilie classificate; il maltrattatore è un minorenne coinvolto o meno in altre forme di devianza o comportamento criminale; e il maltrattamento di animali è avvenuto al cospetto di un minore.

Medea Garrone

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