Con l’approssimarsi delle elezioni europee di fine maggio ferve l’attività politica di Liste Civiche di Liguria, reduce dall’esperienza del convegno “Passaggio a Nordovest” di Verbania, dove si sono consolidati i rapporti con analoghe esperienze politiche di Piemonte e Lombardia. Dopo l’incontro con Arcangelo Merella di agosto, uno degli animatori di questo percorso politico, gli abbiamo chiesto un secondo incontro per sapere a che punto sono i lavori della nuova rete civica, quali sono le intenzioni del soggetto politico per il prossimo futuro, senza dimenticare l’emergenza che vive la Liguria ferita dal maltempo, e Genova con il crollo del ponte Morandi.
Può delinearci le prospettive e le finalità del movimento dopo il convegno di Verbania?
Da agosto ad oggi sono successe molte cose importanti per il nostro movimento: abbiamo consolidato a livello regionale l’accordo fra le reti civiche, che mette insieme realtà del territorio sulla base di valori e principi; abbiamo fatto poi un ulteriore passaggio, cominciando a costruire un percorso che prenda in considerazione tutta l’area del nord ovest, una zona che, se vista nel suo insieme, è paragonabile alla Baviera. Soffre ancora di arretratezza infrastrutturale in alcune sue aree, e ha bisogno di essere collegata meglio all’Europa non solo dal punto di vista della viabilità, ma anche per le politiche che vengono messe in campo. Il fatto di darsi un coordinamento a livello di nordovest è stato un risultato importante, suggellato dal recente evento di Verbania, “Passaggio a Nordovest”, nell’ambito del quale hanno offerto il loro importante contributo personalità di primo piano dell’economia e della politica. Hanno partecipato tre sindaci di Milano, Albertini, Pisapia e Sala, personaggi di grande spessore culturale come Bassetti e Tabacci, il sindaco di Bergamo Gori, il presidente della Regione Piemonte Chiamparino, una rappresentanza di Italia Comune, più tutta una serie di altre personalità che hanno dato corpo a questo convegno con la loro analisi politica. L’evento ha poi visto lo svolgimento di vari tavoli tematici di discussione, dei quali uno su logistica e portualità, dal quale sono emersi elementi significativi che giustificano la realizzazione di molte grandi opere. Sono intervenuti Paolo Foietta nella sua veste di commissario straordinario all’alta velocità Torino-Lione e il dottor Poggi come vicepresidente dell’associazione San Gottardo; c’erano anche l’amministratore delegato del Vte Gilberto Danesi e il direttore generale di Spediporto Gianpaolo Botta, il professor Maresca , ordinario di diritto comunitario. Grazie a questi contributi abbiamo messo insieme i problemi dell’Europa da un punto di vista logistico, normativo, infrastrutturale ed economico, in stretta connessione con il tema della blue economy. Il risultato, che ci ha riempito di orgoglio, è stato praticamente immediato, visto che i tre consigli regionali di Piemonte, Liguria e Lombardia, hanno provveduto o stanno provvedendo alla discussione di mozioni che impegnano le amministrazioni ad intensificare gli sforzi affinché vengano portate a compimento le varie opere infrastrutturali programmate nei territori. In Liguria stiamo parlando di appoggio all’alta velocità, Terzo Valico, Pontremolese e raddoppio a Ponente. Una comune visione caratterizzerà il movimento nei prossimi mesi, un movimento che è radicato e vuole stare in Europa con la parte migliore d’Italia, quella che produce. Pensiamo a un’Europa dei cittadini dei territori e non delle nazioni: su questa linea stiamo facendo passi da gigante, visto che raccogliamo un forte interesse in crescita. Ora vedremo come trasformare tutto questo in offerta alle prossime elezioni. Stiamo guardando con un certo interesse a Più Europa, che ci pare la formazione politica ad oggi più affine a noi, proprio perché caratterizzata dalla visione europeista. Segnalo però che questo movimento di reti civiche comincerà anche ad attraversare settori importanti dell’economia del nord, le università, le associazioni degli industriali, le associazioni dei commercianti, tutte unite dal desiderio di non farsi trascinare a mare da politiche populiste e anti-europeiste, con il rischio che l’Italia rimanga non solo fanalino di coda dell’Europa, ma faccia dei poderosi passi indietro e porti tutti a stare molto peggio di quanto si sia stati fino a oggi.
Il primo orizzonte politico a cui il vostro movimento guarda con interesse sono le elezioni europee, come avete deciso di affrontarlo?
Come dicevo stiamo valutando di correre con Più Europa, ma dobbiamo tenere anche in conto che c’è un altro movimento con cui abbiamo un ottimo rapporto, che è Italia Bene Comune di Pizzarotti. L’ideale sarebbe che tutti quanti cedessero un po' di sovranità e gli europeisti convinti facessero un’unica lista per dire che si vuole stare in Europa, e precisare le condizioni alle quali intendiamo farlo. Non vogliamo un’Europa di banchieri, ma un’Europa sociale, politica, forte e in grado di contrastare in maniera adeguata i poteri imperialisti di Cina, Russia e Stati Uniti. Soprattutto in Europa dobbiamo renderci conto che la globalizzazione non è una trovata mediatica, ma un fatto materiale; per difendersi dalle sue insidie non serve stare da soli, ma riunirsi in una grande comunità. Una patria di 450 milioni di abitanti è in grado di difendersi con politiche di crescita, e non di decrescita.
Nel frattempo però la narrazione politica che ha saputo e sa intercettare il consenso dei cittadini è completamente antitetica alla vostra, e nel contempo gli stessi soggetti che la praticano sono al governo, e si trovano a dover gestire l’emergenza che vive la Liguria flagellata dal maltempo e contemporaneamente la doppia emergenza che strangola Genova, ancora ferita dal crollo del Morandi. In una prima fase alcuni esponenti politici addirittura ventilavano più o meno sotto traccia che l’Europa avesse delle responsabilità nella scarsa manutenzione del ponte, e più recentemente le regole europee sulla trasparenza e sulla concorrenza sono state indicate da diversi come motivo principale di ritardo nella ricostruzione. Cosa pensa di queste affermazioni?
Quella di dare sempre colpe all’Europa è una banalità che purtroppo può fare presa su una popolazione poco informata su questo tema. Il fatto vero è che semmai l’Europa ci salva da abusi che possono essere commessi, o da atteggiamenti protervi e arroganti di gruppi particolarmente agguerriti sotto il profilo economico. L’Europa nasce per creare un mercato in cui è consentita l’iniziativa privata sotto la regia dell’organizzazione politica dell’Unione. Queste regole servono per mettere tutti su un piano di maggiore eguaglianza rispetto a interessi economici molto forti, e tutto questo con il crollo del ponte non ha assolutamente nulla che fare, riguarda piuttosto la ricostruzione. Questo comunque è un tema marginale, e un modo per fuggire dalla realtà rispetto alle responsabilità del crollo del ponte, che certo saranno accertate giudiziariamente; emerge comunque una mancanza di attenzione del concessionario e del concedente che ha creato al territorio un disastro destinato a durare nel tempo, proprio in un periodo economico molto delicato di stagnazione.
Le istituzioni nazionali e locali come si sono comportate nell’emergenza secondo voi?
Comune e Regione subito hanno reagito bene, forse come meglio non si sarebbe potuto fare; hanno richiamato l’attenzione del governo nazionale, hanno sbloccato delle strade che sembrava impossibile mettere a disposizione della cittadinanza e hanno cercato di governare un fenomeno che non si poteva prevedere nei termini in cui si è verificato. Ora però c’è da ricostruire il ponte e bisogna farlo bene. Si aprono dal mio punto di vista due riflessioni: la prima è che non è possibile costruire un ponte in un anno, e quindi non bisogna raccontare bugie alla gente. La realtà è che occorreranno almeno trentasei mesi , e quindi sarà necessario trovare soluzioni ai problemi complessivi della città: e questo invece non è stato fatto a dovere. A questo punto si tratta di capire se, ricostruito il ponte Morandi, ha ancora senso mantenere la Gronda alta. So che, dicendo questo, sarò criticato da chi vuole la Gronda subito e teme che una riprogettazione significhi un passo indietro. Abbiamo visto però come il sistema viario della città si stia rafforzando anche per l’accelerazione impressa ad alcune opere recentemente ultimate, che già così compongono un quadro diverso rispetto alla situazione precedente: la strada a mare, il collegamento diretto con il casello, la viabilità di sponda in Valpolcevera inserita in quella cittadina, la strada interna del porto, il nodo di San Benigno. Se mettiamo insieme queste cose con il Terzo Valico e il nodo ferroviario di Genova, con un orizzonte al 2022-2023, il quadro complessivo è molto diverso in termini di offerta viabilistica. Questo a mio avviso difficilmente riesce giustificare due ponti distanti pochi chilometri fra una decina di anni; forse è molto meglio pensare che la Gronda bassa possa tornare nuovamente di moda, per cui la linea Voltri Sampierdarena su un sedime autostradale declassato andrebbe a congiungersi con tutta la viabilità a mare, per raggiungere Genova Ovest, la Sopraelevata, ed eventualmente in tunnel subportuale. Così si dà una risposta davvero forte alla domanda di mobilità cittadina, mentre una Gronda con un nuovo tracciato, che rimanga molto più in basso e vada a riallacciarsi sul nuovo ponte, eviterebbe di costruirne un altro. Gli interventi di rifunzionalizzazione dell’A7 verso Milano e dell’aggancio con l’A12 saranno a mio avviso più che sufficienti a supportare il traffico. Credo occorra riflettere bene prima di fare delle scelte che lasciano il segno per sempre. Il sindaco come commissario è impegnato a ricostruire il ponte velocemente, e secondo noi occorre farlo anche bene.
Certamente va ricostruito il ponte, ma esiste anche il problema della ricostruzione di un tessuto cittadino di fatto lacerato dal 14 agosto. Che cosa pensate in merito a questo tema?
E’ chiaro che c’è un grande tema urbanistico, occorrono interventi di riqualificazione: se le case di via Porro vanno demolite, le si butti giù sistemando dignitosamente chi ci abitava; poi sul sedime disponibile vanno costruite abitazioni con criteri di sostenibilità ambientale, a basso regime di consumo energetico, belle e di tipo economico, in maniera che sia possibile ricollocare in zona chi ci abitava, e occorre buttare giù la diga di Begato, anch’essa in Valpolcevera, per rimarginare una ferita al territorio. Naturalmente un’operazione del genere richiede 15-20 anni, ma bisogna cominciare a farla. Molti urbanisti e architetti si stanno attrezzando ora per affrontare questa che è la vera questione: la Valpolcevera è uno delle aree più stravolte negli ultimi trenta anni, e il cui impianto urbano è un po’ frutto del caso.
Già a pochi giorni dal crollo la Regione si è affretta ad individuare nel progetto di Renzo Piano la soluzione per ricostruire: diversi tecnici e commentatori hanno criticato questa scelta, giudicandola affrettata. Qual è la vostra posizione in merito?
Capisco l’urgenza di comunicare alla cittadinanza, non si poteva tergiversare. Che poi la soluzione offerta da Piano, che professionalmente stimo, sia quella preferibile mi lascia più dubbioso. Personalmente trovo più convincente il progetto presentato da Autostrade, ma potrebbero essercene anche altri validi. Quello che sta mettendo i bastoni fra le ruote a Bucci è il notevole ritardo del governo nell’approvare il Decreto Genova: lì ci dovrebbero essere gli strumenti per consentire al commissario di operare e alla città di risollevarsi. Bucci è un decisore, e forse è la persona giusta in questo momento; deve però tener conto che si agisce con norme che non possono essere eluse e che ciascuno fa il suo interesse: quindi bisogna affidarsi ai più bravi.