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Era stato duro lasciando i pentastellati, dei quali ha fatto da portavoce per la Liguria, conoscendo da dentro i meccanismi del movimento. A distanza di qualche giorno dallo sfogo delle dimissioni, che sui social hanno totalizzato un boom di interazioni, Lorenzo Tosa non raffredda i giudizi. Piuttosto incalza. Lo abbiamo ascoltato, a bocce ferme, per approfondire cosa ha da dire sugli ex compagni di strada. Tosa rimarca gli "slogan come mantra" e parla, di "silenzio assordante che si sente vibrare nei bunker di qualche segreta riunione della comunicazione", che rispecchierebbe "un atteggiamento fideistico". Un movimento che oggi, secondo Tosa, ha poco delle origini grilline e che si identifica nella trasformazione governativa guidata da Di Maio. Ecco le sue parole.
Decidi di accettare l’incarico come portavoce del M5S quando non è ancora forza politica di governo, né tanto meno è ancora entrato in Regione Liguria. Il Movimento che conoscevi è cambiato negli anni arrivando a gestire una posizione di potere?
Nel 2015 le Regioni avevano un buon collegamento con la parte nazionale del movimento, garantendo una buona connessione con il territorio. Poi con il passare del tempo quella tendenza cominciata con il boom delle politiche del 2013, ovvero la tendenza a puntare tutto sul nazionale, lentamente ha preso una piega che poi è diventata assolutamente una deriva interna. E’ successo che tutte le energie comunicative e politiche sono state concentrate unicamente sul treno in corsa verso il governo, che poi è stato incarnato dai vari Di Maio e Di Battista; il tutto, naturalmente, all’ombra del grande burattinaio Casalino che ha avuto un peso notevole in quel mutamento culturale e comunicativo. In questo processo è avvenuto uno scollamento totale con gli eletti nelle Regioni, che sono stati abbandonati a loro stessi. Tutto questo è avvenuto con il dispiacere e il rammarico spesso malcelato di molti consiglieri, che poi hanno dovuto mettere la faccia su tante vicende dove spesso le responsabilità sono da ricercare a Roma.
A quale vicende ti riferisci?
Sto parlando ad esempio della vicenda del ponte Morandi, gestita in maniera lunare dal ministro Toninelli, su cui poi hanno dovuto mettere la faccia i consiglieri liguri. Anziché ribellarsi di fonte a questa assenza totale di risposte, hanno accettato in silenzio la loro parte per rassegnazione o per paura di andare contro i vertici del Movimento. Mi riferisco ad Alice Salvatore e a coloro che si sono occupati del ponte Morandi: hanno accettato la totale mancanza di informazioni per la città. Anche sulla vicenda del Terzo Valico i 5 Stelle liguri sono stati vittima della politica nazionale, poi sono arrivati 500 lavoratori a chiedere chiarimenti sotto la Regione con Alice Salvatore costretta a fare una figura oggettivamente barbina leggendo un ordine del giorno scialbo, senza costrutto, una vera e propria presa in giro per i lavoratori che erano presenti: ammetto di aver provato vergogna nel mio ruolo in quell’occasione, ma non era certo la prima volta.
E’ stato un episodio che ha avuto un peso decisivo nella tua decisione di andartene?
Io avevo già deciso di lasciare e lo avevo già comunicato, ma è stato la conferma finale delle mie intenzioni. Ho stretto i denti fino all’ultimo, ma in quel momento sarei proprio voluto essere da un’altra parte. Quel giorno le contraddizioni del Movimento sono esplose in tutta la loro evidenza, e questo sono in parte può essere attribuito alla responsabilità dei consiglieri regionali, che pure non hanno saputo gestire la cosa in maniera efficace, visto che sono stati abbandonati letteralmente loro stessi. La comunicazione in questi anni si sta occupando di altro, non delle questioni territoriali, e le Regioni si trovano a non saper gestire le cose, non hanno spesso una porta a cui andare a bussare.
Queste contraddizioni del Movimento che tu evidenzi cosa produrranno nel tempo? E’ probabile una perdita di consenso elettorale o è più probabile la divisione del soggetto politico proprio a partire dagli eletti in posizioni istituzionali?
Sono probabili entrambi i fenomeni. Per quanto riguarda l’aspetto elettorale il M5S è palesemente in un vicolo cieco, in bilico fra le grandi promesse di rottura che ha fatto e la realtà. Se la proposta politica era di fare riforme radicali e cambiare il paese in campagna elettorale, le promesse si scontrano poi con la realtà dei fatti: sei al governo e il gioco cambia completamente, a maggior ragione se il governo lo fai con la peggiore destra fascio-populista come quella di Salvini. A quel punto, se avevi vocazione ambientalista, democratica o sociale devi renderti conto che occorre trattare con Salvini su questi temi, diventa difficile con queste premesse. Esiste questa distanza clamorosa, che secondo me nei prossimi mesi uscirà fuori in maniera eclatante, tra le cose promesse e le cose che saranno fatte, ma è già evidente e mi meraviglio come molta gente ancora non lo voglia vedere: si passa da voler chiudere l’Ilva a fare il contratto per tenerla aperta, e a me va bene, però hai ingannato le persone per anni parlando di fantomatici parchi divertimenti. Sui vaccini stessa cosa, una continua giravolta su temi cruciali sui quali non è accettabile alcun tipo di cedimento. E’ anche vero che nel M5S ci sono due grandi nuclei, che ribollono sotto la superficie: quello più ‘ortodosso’ dei Fico e dei Di Battista – associabili se vogliamo alla sinistra - e il partito di Di Maio, che non si può nemmeno definire di destra. È peggio: è l'emblema dell'assenza totale di ogni cultura e identità politica. Non c’è più nulla di vero lì dentro; l’unica cosa che lo lega al passato è il brand del Movimento, che esiste, ma credo ancora per poco. Quando non hai un retroterra comune, quando non hai un’identità culturale, quando i diritti civili sono l’ultima cosa che ti preoccupa, alla fine il tappo è destinato a saltare e avverrà molto presto.
Una certa indefinitezza di identità non è sempre stato un tratto distintivo del Movimento 5 Stelle e forse la sua forza originaria o, come dice qualcuno, il "peccato originale"?
Anche il fatto di dichiararsi post-ideologici è stato un inganno, dire “non siamo né di destra né di sinistra” alla fine ha determinato un’assenza totale di valori condivisi nel Movimento. Destra e sinistra cosa sono se non portatrici di valori politici e sociali? Se tu cancelli tutto ciò che sta a destra e a sinistra cancelli anche i valori stessi. Poteva avere un senso il voler andare oltre la contrapposizione ideologica vecchio stile, visto che il mondo è cambiato, e la vera contrapposizione che viviamo oggi, lo vedremo alle prossime Europee, è fra un globalismo sano e un sovranismo che ha preso accenti pesantemente xenofobi, ma questo lavoro non è stato fatto, creando un totale vuoto di identità. I 5 Stelle seguono i sondaggi, se il giorno prima la maggioranza del paese dice di no i vaccini loro sono per il no, ma se il giorno dopo il 51% degli italiani diventa a favore lo diventa anche il Movimento, e questo secondo me è uno dei tratti più preoccupanti di questa ‘Spa del consenso” che sono diventati i 5 Stelle. La ricerca compulsiva e cinica del consenso è l’unica cosa che muove il ‘gruppo Casalino’, per cui la comunicazione è un mero strumento per ottenere voti.
Cosa consideri ancora genuino, oggi, secondo la tua esperienza, nel Movimento 5 Stelle?
Un certo spirito di rottura genuina, che agli esordi si respirava, a prescindere dai toni urlati che non ho mai condiviso, però una forza di rottura c’era, e tanta gente l’ha percepita, complice anche il fatto che venivamo da un bipolarismo veramente stantio, che non dava più risposte agli italiani.
Cosa non perdoni al M5S?
Il fatto di aver proprio trattato l’ignoranza come un qualcosa di cui vantarsi e la cultura come un qualcosa di cui vergognarsi. Questo è uno dei danni più grandi che ha fatto il M5S in questi anni, aggravato con la formazione del nuovo governo. Si è raccontato un mondo con nuove parole in cui se hai letto per caso un libro sei un radical-chic, se hai un sentimento di compassione per un migrante sei un buonista.
E ora? Continuerai la tua professione di giornalista o hai la tentazione di impegnarti in prima persona di politica?
Non è un’idea che scarto a priori, come non ho mai scartato nulla a priori nella vita. Di sicuro se prima ero molto legato alla mia professione di giornalista, or ho capito che la comunicazione la puoi fare a tantissimi livelli e non solo su un giornale o su un blog, e la politica è uno di questi modi. Mi piacerebbe sicuramente nel mio piccolo di approfittare di questo spazio che ho avuto per parlare con qualcuno che condivide le mie idee e sente l’esigenza come me di uscire da questa buca in cui siamo finiti. Ci sono degli spazi su cui lavorare, però va detto che conosco tante persone come me che condividono un’impostazione europeista, per i diritti civili e sociali, ma bussando alla porta della sinistra progressista, che sulla carta dovrebbe condividere questi valori, non ci ha aperto mai nessuno. Forse nel Movimento 5 Stelle io come altri ho visto un’occasione di conquistare quegli spazi di agibilità politica che altrove non ho trovato, un modo per ‘sfondare’ quella porta che in tanti abbiamo trovato spesso chiusa. È arrivata l'ora, secondo me, di aprirle quelle porte. Domani potrebbe essere già troppo tardi.