“Se non cambiamo il nostro modello di sviluppo, le conseguenze per il clima e il territorio sono inimmaginabili”. A lanciare l’allarme, citando l’ultimo report dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) è Santo Grammatico, presidente regionale di Legambiente.
“Noi siamo suffragati da decine di documenti scientifici non prodotti da associazioni ambientaliste, ma da scienziati che studiano questi fenomeni. – spiega Grammatico a Imperia News - Il punto non è il non ritorno, ma la ricerca di un equilibrio. L’ultimo report dell’IPCC, un consesso di oltre 2mila scienziati che studiano questi fenomeni in tutto il mondo, ci informa che siamo in una situazione in cui abbiamo ancora la possibilità di gestire un aumento della temperatura globale media compresa tra un grado e un grado e mezzo. Gli effetti sono però quelli che vediamo. Dovremo fare i conti con un rischio che aumenta perché dobbiamo cercare di non superare quelle soglie. Gli scienziati ci informano che se non facciamo con urgenza scelte di cambiamento del modello di sviluppo, cercando di eliminare le immissioni di gas serra, la temperatura potrebbe salire di due gradi centigradi. Tra l’altro, parlando di temperature medie, potrebbero esserci luoghi che non avranno cambiamenti significativi, e altri che invece avranno aumenti anche di quattro gradi. Pensiamo alle conseguenze che comporterebbe per esempio sullo scioglimento dei ghiacci”.
Per Grammatico c’è però la possibilità di un nuovo equilibrio.
“L’importante è non spingere oltre, non andare a un eccesso di aumento della temperatura. Con due gradi in più gli stessi scienziati alzano le mani e ci dicono che non sappiamo a quel punto, nelle dinamiche di fisica dell’atmosfera che cosa potrebbe accadere per quanto riguarda l’estremizzazione dei fenomeni metereologici. Con un grado, un grado e mezzo, quello che si vedrà saranno le mareggiate che abbiamo visto: dieci, dodici metri di altezza d’onda con un periodo di dieci secondi. Sarà davvero difficile difendere la nostra costa, e non è pensabile immaginare di costruire dighe alte venti metri per difendersi da onde che saranno sempre più forti. Da qui il ragionamento per cui forse vale la pena fare un passo indietro e cominciare a liberare degli spazi davanti alla costa, perché altrimenti il mare se li riprenderà con i danni conseguenti”.
Il presidente di Legambiente indica una serie di concause dei disastri che hanno colpito il Paese, compresa la Liguria, dove la furia del vento e delle mareggiate non ha risparmiato le coste provocando danni per decine di milioni di euro oltre alla morte di Vincenzina Bruzzone ad Albisola, travolta da una parte di cornicione.
“I due imputati sono, in primis i mutamenti climatici in atto anche alle nostre latitudini. C’è il riscaldamento del pianeta che fa sì che si intensifichino fenomeni meteo estremi, perché è vero che abbiamo già avuto nella storia mareggiate, alluvioni e frane, ma da decenni gli scienziati ci avvisano su questa tragica ipotesi che è diventata realtà, vediamo questi fenomeni sempre più ravvicinati nel tempo, tra alluvioni, frane, vento che ha spirato fino a 180 km/h sulla nostra costa, questi fenomeni non avvengono più nella scala dei decenni, ma ormai ogni due anni vediamo che si inseguono”.
“L’altro aspetto – continua Grammatico - è aver aumentato il rischio per la popolazione e per i beni mobili e immobili perché in passato, non seguendo con attenzione quello che la scienza metteva agli atti, sempre di più si sono occupati degli spazi a rischio sui nostri territori. Ne cito banalmente due: il centro degli alvei dei torrenti che abbiamo cementificato avvicinando sempre di più i cittadini al punto più pericoloso dei nostri borghi e delle nostre città. Addirittura abbiamo sepolto letteralmente torrenti e fiumi, in alcuni casi dimenticandocene l’esistenza. L’altro aspetto è stato lo sfruttamento della costa. Anche in questo caso l’esposizione di servizi fronte mare, ovviamente fa sì che quando si sviluppano fenomeni di questo genere si faccia la conta di milioni di euro”.
Parlando dei cambiamenti climatici, Grammatico sottolinea la responsabilità dell’uomo. “Sono dovuti all’immissione di gas serra, principalmente di anidride carbonica, e la responsabilità è dell’uomo perché con un modello di sviluppo a partire dal bruciare il carbone con la rivoluzione industriale, ma anche con i sistemi di mobilità e di produzione energetica che ci sono, continuiamo purtroppo a far crescere la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera. Questa è una responsabilità che è solo dell’uomo, di un modello di sviluppo che oggi purtroppo ci si ritorce contro”.