Il Piano nazionale Impresa 4.0, varato nel 2016 in Italia e conosciuto sino alla fine dello scorso anno come “Industria 4.0”, è legato a doppio filo alla Quarta Rivoluzione Industriale. La prima rivoluzione industriale comportò l’introduzione della macchina a vapore nei processi produttivi, la seconda fu caratterizzata dall’utilizzo dell’elettricità e dei prodotti petroliferi e la terza invase le imprese di elettronica ed informatica; la trasformazione ora in atto porterà ad una produzione industriale del tutto automatizzata ed interconnessa in rete, la così detta Fabbrica 4.0.
Il Piano nazionale Impresa 4.0 rappresenta quindi una ghiotta opportunità per tutte quelle aziende che vogliono cogliere ogni aspetto legato alla Quarta Rivoluzione Industriale.
Proprio in questi giorni, la Legge di Bilancio 2018 con cui Governo e Parlamento hanno confermato gli incentivi previsti dal Piano Impresa 4.0 per stimolare investimenti e competitività delle imprese, introduce nuove misure a vantaggio di aziende strutturate, piccole e medie imprese ed imprenditori.
Oltre alla conferma di misure come la Legge Sabatini - che prevede finanziamenti agevolati alle Pmi per l’acquisto di macchinari, ma soprattutto per investimenti in tecnologie Big Data, Cloud, banda ultra-larga, cybersecurity, robotica, realtà aumentata, manifattura 3D e sistemi di tracciamento dei rifiuti - il piano introduce un nuovo credito d’imposta pari 40% per le imprese che acquisteranno tecnologie e formazione digitale per i dipendenti. Inoltre, la creazione di un Fondo per finanziare anche dal punto di vista amministrativo ed operativo progetti di ricerca ed innovazione Made in Italy a sviluppo del capitale umano, della conoscenza immateriale e della competitività, rappresenta un’ulteriore novità che le imprese dovranno conoscere e saper gestire a stretto giro.
Misure interessanti che sono un’opportunità concreta per imprese strutturate, ma soprattutto per le nostre Pmi e speriamo anche per l’88% delle micro imprese formate da meno di cinque dipendenti, tessuto nervoso del Paese, capace di dimostrare il proprio "saper fare".
Rimane però uno scollamento tra il Piano nazionale ed una corretta informazione sul territorio, anche se molto è stato fatto già dal 2017. Infatti, a partire dallo strutturato progetto PID – Punto Impresa Digitale - istituito da Unioncamere presso tutte le sedi locali delle Camere di Commercio italiane per analizzare il grado di maturità tecnologica delle imprese locali - per arrivare alla creazione dei Digital Innovation Hub e dei Competence Center che accompagnano concretamente le imprese nell’adozione delle tecnologie emergenti, il Ministero dello Sviluppo Economico e il Governo hanno creato una rete di accesso alla conoscenza che prima non esisteva. Ma non basta. Parallelamente Università, Tecnopoli e Centri di Ricerca e di Formazione devono realizzare percorsi formativi in linea al cambiamento del lavoro che la trasformazione digitale comporta. E che purtroppo non si studiano ancora negli Atenei italiani. Questo perché oggi gli ingegneri meccanici sono in grado di tornire un pezzo a Singapore, ma comodamente seduti nella sede milanese della loro azienda, grazie ad occhiali dotati di realtà aumentata e collegati in rete con macchine industriali, logistica, e, perché no, clienti e fornitori. È certamente una questione di consapevolezza nazionale, ma anche di un buon piano di marketing dell’innovazione e di comunicazione pubblica.