Nessun riferimento ai Cavalieri dello Zodiaco: si chiamano Crisaore, come il gigante armato di lancia d’oro della mitologia greca, e l’accento - dopo qualche dubbio iniziale - si scopre essere sulla “a”.
“Da amante della mitologia cercavo un nome in questo ambito che potesse calzare bene al progetto - spiega Giulia Sarpero, frontgirl della band - Mi è sempre piaciuta la figura di Medusa ma, data la quantità di gruppi e artisti che rimandano a questo nome, non volevo cedere alla banalità, dunque la scelta è ricaduta sul figlio, appunto, Crisaore”.
Partiti come esperimento all’interno di un più ampio progetto intitolato “L’inverno della Civetta” - nato dalla collaborazione tra lo studio di registrazione Greenfog Recording Studio e due etichette indipendenti liguri, DreamingGorilla Records e Taxi Driver Records - i Crisaore hanno cambiato abito diverse volte prima di avviarsi completamente.
Come racconta Giulia “inizialmente era il nome di un brano, poi, in seguito ad una forte collaborazione con il sound engineer Mattia Cominotto, abbiamo deciso di trasformarlo in qualcosa di più, ed eccoci qua”.
Così sono nati i Crisaore, attualmente composti da Giulia Sarpero alla voce, Paolo Schiavi alla chitarra, Jacopo Boccone al basso e synth e Paolo Di Lorenzo alla batteria. Quattro ragazzi provenienti da scene artistiche differenti e che, anche grazie alle diversità in fatto di gusti musicali, sono riusciti a creare uno stile unico che unisce Pop, Elettronica e Rock: il Dream-Pop.
Saranno in grado di farci sognare?
Perché “Crisaore”? Deriva dalla mitologia o dai manga?
G.S: “Deriva dalla mitologia. Nella fase iniziale del progetto, in cui scrivevo senza sapere ancora di preciso dove sarei arrivata, ero molto ispirata dal personaggio di Medusa. Tuttavia utilizzare questo nome mi sembrava banale data l’enorme quantità di band e artisti che vi si ispirano, quindi ho chiamato in causa il figlio, appunto, Crisaore”.
In che genere musicale vi collocate? E che cosa ne pensate dell’Indie italiano? Chi non si adegua viene tagliato fuori dal successo?
P.S: “Ci rifacciamo molto al Dream-Pop, uno stile che mette insieme musica leggera e ambientale. Il nostro stile è caratterizzato da tempi e ritmi lenti, senza mai perdere però la base pop. Per quanto riguarda il successo odierno, a mio parere, stiamo vivendo un periodo storico in cui vale tutto: ad oggi vengono premiate le idee che funzionano nonostante - è da ammettere - ci sia una forte scena Indie italiana che, fortunatamente, si sta ritagliando un discreto spazio. Fino a qualche anno fa, infatti, non si conosceva nemmeno il genere, mentre oggi circolano grandi nomi”.
Nei videoclip di “Quando c’è” e “Andiamo avanti” avete i volti tinti di colore: vi è una relazione tra i due o si tratta di puro caso?
P.D.L: “Tutto è partito senza uno scopo ben preciso, da un gusto semplicemente estetico. Poi, andando avanti, abbiamo deciso di dare coerenza alle foto iniziali, realizzati per promuovere il progetto, e i videoclip. Nel primo video abbiamo utilizzato il rosso, per esempio, che poi abbiamo mantenuto anche per la grafica dell’EP che è uscito sotto forma di cassetta. Questo stile è stato poi portato avanti anche per il video di Andiamo avanti”.
Attualmente state affrontando brani in italiano: nel progetto sono previste anche canzoni in inglese o altre lingue?
G.S: “Tutti noi proveniamo da progetti musicali precedenti dove si cantava solo in inglese. Per me non è stato facile iniziare a scrivere e cantare in italiano, soprattutto perché, da cantante più che cantautrice, non ero abituata ad esprimermi nella mia lingua. Non escludo però che in un futuro torni l’inglese”.
Quindi ritieni che l’italiano sia una lingua più ostica nel mondo della musica?
G.S: “Per me sicuramente sì. Anche per un fatto strettamente lessicale l’inglese risulta molto più diretto. Alcuni concetti, estremamente semplici, sono molto più belli se espressi in inglese piuttosto che in italiano, per esempio. L’italiano è certamente più complesso, ma non impossibile. La nostra lingua è affascinante e per questo richiede forse una maturità diversa”.
Quali sono gli artisti a cui fate riferimento?
J.B: “Siamo senza dubbio quattro persone con gusti spesso divergenti e spesso simili: per questo abbiamo cercato di mettere insieme tutto ciò che ci piace rimanendo coerenti con lo stile del progetto. Tra i nomi che possiamo citare ci sono i Subsonica, i Metric, i Daughter, i The Naked and Famous e tutti i gruppi che fanno Synth-Pop e che, per alcuni versi, possono sfociare nel Post-Rock”.
Qual è la situazione musicale di Genova? C’è futuro qui per gli emergenti?
G.S: “Quando frequentavo il liceo ricordo che avere una band e suonare a Genova era piuttosto seguito e vi erano più posti dove potersi esibire, basti pensare al Milk o al Buridda. Oggi la situazione è cambiata ed è più difficile farsi strada, probabilmente perché non va più di moda avere una band e si preferiscono i dj-set agli show classici. Ciononostante Genova rimane una città interessante dal punto di vista artistico generale”.
P.S: “Ci sono molti progetti validi ma molti pochi spazi dove suonare. Probabilmente questo è legato all’ordinanza, ormai di qualche anno fa, relativa alla movida che ha tolto la possibilità di suonare dopo una certa ora”.
P.D.L: “La verità è che molti locali, a mio avviso, erano troppo settoriali e poco aperti a diversi generi musicali. Era molto difficile trovare luoghi, a Genova, in cui scoprire varietà musicali vaste. Oggi forse la situazione sta lentamente cambiando: stanno nascendo nuove realtà, come il locale Il cane, dove, finalmente, si può entrare in contatto con diversi generi e tante nuove personalità”.
Giulia, tu sei testimonial di “Models of Diversity”: parlaci di questo progetto e di come hai coinvolto anche il gruppo…
G.S: “Models of diversity è un’agenzia di Londra che ha a che fare con modelle diverse; la diversità può riguardare l’etnia, la disabilità o altro. Io sono stata coinvolta per caso, in quanto modella con una disabilità, per un evento per cui ho realizzato degli scatti fotografici insieme ad un team italiano. Da questa esperienza sono uscita arricchita e da quel momento ho realizzato che affrontare il tema della disabilità, non solo attraverso la moda ma anche attraverso la musica, poteva essere una bellissima occasione per comunicare un messaggio positivo, anche attraverso al coinvolgimento dei ragazzi.
Ultimamente mi sono anche trovata a prendere parte ad una onlus chiamata Raggiungere che si occupa di bambini con malformazioni agli arti. Attraverso questi impegni mi metto in prima linea per aiutare e comunicare positività.
Nella musica, invece, non trattiamo il tema in modo esplicito ma sempre attraverso metafore e concetti velati, anche perché esprimersi riguardo alla disabilità in modo elegante e intelligente non è mai semplice”.
Quali sono i vostri progetti futuri? Potete anticipare qualcosa sul vostro primo album in uscita il prossimo inverno?
J.B: “Nell’immediato futuro è prevista l’uscita di un disco di cui stiamo ultimando le registrazioni in questi giorni presso il Greenfog Studio con l’aiuto di Mattia Cominotto”.
G.S: “Questo disco prevedrà le partecipazioni di diversi artisti: nella produzione stiamo collaborando con Giovanni Facelli de Lo Straniero e con Filo Q. Siamo molto felici di poter lavorare con diverse persone perché ci dà energia, idee e nuovi spunti per i nostri progetti.
Il disco uscirà il prossimo inverno, ma non sappiamo ancora quando di preciso né il titolo che porterà: stiamo ancora cercando il nome giusto”.
P.S: “Probabilmente il tutto verrà anticipato dall’uscita di un singolo che aprirà l’album”.
J.B: “Infine speriamo di portare in giro per l’Italia i nostri nuovi brani il più possibile”.
Chi è per voi la voce di Genova?
P.S: “Per affetto io dico Gino Paoli…”
G.S: “Io, senza alcun dubbio, dico la mitica Antonella Ruggero…”
P.D.L: “Può sembrare banale ma per me la voce di Genova rimane De Andrè!”
J.B: “Io voglio citare i Meganoidi, a cui sono molto legato”.