Economia - 27 agosto 2018, 08:45

Souvenir e ricordi delle vacanze, il marketing delle emozioni scopre una solida economia

Un viaggio tra idee geniali, oggetti kitsch e regali senza tempo che rappresentano però un business maledettamente serio.

Pensiamo ad un Paese come l’Italia amato in tutto il mondo per la qualità e la bellezza della sua essenza. Aggiungiamo un po’ di storia, arte, tradizione ed enogastronomia, più o meno il 70% di tutta la compilation culturale del mondo; mettiamoci una spruzzatina di Vaticano, Colosseo, Venezia, Cinque Terre, Pompei, Valle dei Templi, Cenacolo di Leonardo da Vinci, Sassi di Matera, Gardaland, Santuario mediterraneo dei Cetacei Pelagos e un po’ di millenarie architetture mozzafiato. Ora misceliamo il tutto nello shaker del «saper fare» italiano e capiremo facilmente perché ogni maledetta cosa che abbiamo nello stivale sia una startup, un piccolo gioiello che il business dei souvenir riproduce e vende con margini di guadagno colossali. Senza però intaccare il patrimonio naturale di ecosistemi protetti.


Alzi la mano di non ha mai comprato per parenti, amici vicini o lontani o solo per il gusto di possederlo, un gadget del nostro Bel Paese? Di più, chi di noi conosce la vera potenzialità economica del fenomeno?

Un fatturato di 800 milioni di euro, secondo un Report della Camera di Commercio di Milano-Monza-Brianza-Lodi, per un’industria che però passa del tutto inosservata e in cui manca un Marketing Manager, un Direttore Commerciale e persino un Amministratore Delegato, e per la quale il Responsabile della Comunicazione lavora con un budget praticamente a zero con la sola forza del passaparola. Un fenomeno che nel solo Regno unito ha alimentato un mercato da più di 80 milioni di euro in occasione delle nozze di Meghan Markle con il Principe Harry.

Il souvenir, in altre parole, è una sorta di certificato delle emozioni vissute, un bollino di garanzia della scatola dei ricordi a memoria dei luoghi visitati. Un oggetto che pur essendo diventato negli anni sempre più digitale, ha mantenuto un valore pericolosamente in equilibrio tra il kitsch ed il colpo di genio, magari da nascondere appena suonano alla porta gli amici oppure da mostrare con fierezza come un trofeo con l’aria di chi vuol dire “tu non lo avrai mai!”.

Una cosa è certa, siano simboli artistici, icone di eventi, sfere con neve a caduta, poster, bomboniere, reliquie, miniature di monumenti, oggetti che ricordano dove abbiamo lasciato pezzi di anima e di cuore o prodotti locali, l’Italia dovrebbe valorizzare decisamente meglio questa solida economia che non solo genera fatturati e ricavi in crescita anno su anno, ma che consente di creare posti di lavoro stabili e un sano marketing fatto di passaparola, condivisione di emozioni, ricordi, stimoli e quindi scelte di viaggio. I soli prodotti locali legati alle eccellenze enogastrofood occupano oggi stabilmente più di un terzo del budget di ogni viaggiatore e hanno la caratteristica di generare un frequente rinnovo di acquisto per condividere gusti, sapori, profumi e prodotti con amici o addirittura con i propri clienti.

Per tutto quanto, ahimè, non si mangia, ci vorrebbe invece il coraggio di riappropriarsi della produzione lasciata oggi per quasi il 90% ai mercati asiatici. Produrre i souvenir in Italia significa tramandare la memoria storia, le tradizioni e la capacità artigianale italiana a quei 4 turisti su 10 che scelgono di acquistarli, ma in fondo anche godere di fatturati generati dall’unicità del patrimonio nazionale.

A conti fatti, i souvenir sono il World Wide Web dei ricordi, un’àncora di salvezza a novembre nel pensare alle prossime lontane vacanze estive oppure un pezzo di storia a memoria della proposta di matrimonio fatta in una piazzetta ligure affacciata su di una foce alla propria splendida moglie.

Un suggerimento per moltiplicare i ricavi per l’economia del turismo italiana? Iniziare a stringere accordi commerciali con tour operator giapponesi per portare i cittadini del Sol Levante a visitare in massa l’Italia a partire dal 2019. Motivo? Perché per la millenaria cultura nipponica acquistare un regalo “di viaggio” è praticamente un obbligo di onore per chiedere scusa della propria assenza. Certo, meglio magari se non Made in China.  

Detto questo, lo confesso anche a casa mia - dolcemente appoggiata su di una colonna di marmo bianco - c’è una lattina azzurra perfettamente conservata la cui etichetta sussurra “Aria di Napoli”!

L’Italia è la startup di sé stessa. Ecco perchè il futuro del nostro Paese è nelle nostre mani.


Enrico Molinari