Cultura - 21 agosto 2018, 07:26

Crollo ponte, la psicologa Erika Panchieri: “Ai bambini va raccontata la verità”

I consigli per mamme e papà: “Sono troppo piccoli per rielaborare da soli queste immagini e rischiano di farlo nel modo sbagliato. Bisogna dire le cose come stanno e poi trasmettere messaggi rassicuranti”

La psicologa Erika Panchieri

Da una settimana, le immagini della tragedia del Ponte Morandi vengono trasmesse a rullo su tutti i telegiornali, in tutte le emittenti televisive. A ogni ora del giorno e della notte.

Le fotografie del disastro sono sui giornali, sui social. Ovunque. Chiunque ne parla.

Così, più o meno accidentalmente, qualsiasi essere umano ne è venuto a conoscenza. Adulti ma anche bambini. Molti di loro, soprattutto i genovesi, hanno rivisto il loro ponte, un’immagine prima rassicurante, abituale e familiare, ora diventata simbolo negativo. Per i più piccoli sono state emozioni fortissime. Di quelle che non si riescono a spiegare, senza l’ausilio dei grandi.

Hanno visto il Morandi sbriciolarsi come i loro castelli di sabbia, come le costruzioni del Lego. Hanno saputo che, sotto alle macerie, sono rimaste tante persone. Anche bambini che avevano la loro età. Quelli del Campasso poi, in aggiunta a tutto questo, sono stati costretti a lasciare le loro case, le camerette, i loro giochi.

Sono traumi enormi, e i genitori si chiedono come bisogna comportarsi, in una situazione assolutamente insolita e difficile, nel suo essere così catastrofica. Erika Panchieri, psicologa che lavora tra La Spezia e Chiavari e che porta avanti in diversi istituti l’interessante progetto ‘La Scuola Ascolta’, sulla prevenzione del disagio in età giovanile, le dipendenze, i problemi con la famiglia e tante altre questioni, indica a mamme e papà la strada da seguire in frangenti come questo.

“In questi giorni - afferma - ho ricevuto diverse telefonate di genitori, che mi chiedevano appunto cosa fare. Come comportarsi con i loro figli. Che cosa dire e come dirlo. Non ho avuto accessi in studio, nessun caso dal punto di vista clinico, ma ho dato diversi consigli”.

Secondo Panchieri, “è molto difficile che i bambini, a parte quelli di pochi mesi, non abbiano sentito qualcosa. Perché la tragedia del Ponte Morandi è stata veramente trasmessa e mostrata ovunque. E, naturalmente, anche i piccoli hanno recepito e assorbito, a loro modo”.

E’ proprio su questo aspetto, secondo la psicologa, che mamme e papà devono lavorare: “A loro modo vedono queste immagini e, non avendo tutti gli elementi per poter valutare in quanto ancora troppo piccoli, tendono a darsi delle risposte da soli che non sono quelle esatte. Non è ovviamente colpa loro, ma fanno dei percorsi mentali che vanno prevenuti. Il rischio, infatti, è che possano sviluppare ansie e fobie. Come quella di dover morire da un momento all’altro. O quella di passare sopra o sotto a un ponte”.

La presenza degli adulti è quindi fondamentale. E dev’essere una presenza tranquillizzante, pur senza mentire: “Ai bambini, pesando le parole a seconda dell’età, occorre dire la verità. Raccontare le cose così come sono state. Anche parlando delle persone che hanno perso la vita. Ma bisogna che a tutto questo, spiegato con la dovuta leggerezza, si accompagnino anche messaggi rassicuranti: dire che il crollo di un ponte con queste conseguenze è un evento molto raro, dire che si stanno facendo ora tutti i controlli e che si farà in modo che non accada mai più. Devono essere i primi, insieme agli adulti, a riacquistare un senso di sicurezza. Dall’altra parte, i genitori, nel cercare di incanalare le emozioni dei bambini, non devono assolutamente nascondere le proprie. Possono liberamente raccontare di aver avuto paura, di aver pianto, di stare soffrendo”.

Panchieri è convinta che “l’argomento verrà certamente trattato a scuola, e non può essere altrimenti, perché fa parte della vita di tutti noi. Quando riprenderanno le lezioni, mi aspetto di essere chiamata per un supporto, o per una presenza in classe. Nel frattempo, anche per il 2018/2019 ripartirà il progetto ‘La Scuola Ascolta’, al quale tengo moltissimo”.

Erika Panchieri incontra nel suo lavoro moltissimi adolescenti. Ma, naturalmente, cura anche gli adulti. “Anche per loro il crollo del Ponte Morandi è stato un trauma. Un evento ‘importante’ per tutti, percepito in maniera svariata a seconda dei caratteri e delle emotività. E’ normale che qualcuno in questo periodo non riesca a prendere sonno o faccia brutti sogni. Direi che nel primo mese può avvenire abbastanza spesso. Il pensiero torna sempre lì. Come le parole, come tutti i discorsi che si fanno. Io dico che bisogna accettare le emozioni, lasciarle salire, in questa fase. Senza preoccuparsene. Serve del tempo perché prevalga la parte razionale che è in ognuno di noi. Lentamente questo processo si verificherà. Se invece, dopo un certo periodo, i disturbi continuano, allora occorre trattare il caso in maniera diversa. Magari dal punto di vista clinico, per rimuovere eventuali blocchi che possono essersi creati. Il lavoro sulla fobia è serio e complesso. Ma, prima di allarmarsi, è meglio aspettare che sia la nostra stessa mente a completare i suoi percorsi rielaborativi. Certo, una tragedia di questa portata può davvero segnare per molto tempo”.

Alberto Bruzzone