Politica - 13 agosto 2018, 15:19

Liste Civiche di Liguria: intervista ad Arcangelo Merella

Abbiamo incontrato uno dei fondatori di questa nuova formazione politica, che riunisce liste civiche liguri in vista delle prossime elezioni regionali; Merella ci ha raccontato lo spirito e gli obiettivi della nuova avventura politica

La crisi dei partiti ideologici del ‘900 non è certo una novità, quanto piuttosto un processo in atto da tempo. Tuttavia, se i luoghi e gli strumenti della democrazia come l’abbiamo conosciuta fino a qualche tempo fa arretrano, di certo non viene meno la necessità di governare istituzioni e processi, oltre che quella di ritrovare il consenso dei cittadini, generalmente molto distanti dalla cosa pubblica.

Una delle tendenze è quella che porta i reduci (in alcuni casi è proprio il termine corretto) dei partiti tradizionali a continuare la loro avventura politica ripartendo dal territorio, con progetti meno organici, ma, almeno nelle intenzioni, più attenti a ricostruire un rapporto con l’elettorato. Quella del “civismo” è una tendenza certamente comune ad attori politici provenienti dalle esperienze più diverse, magari anche contrapposte, ma accomunati dalla volontà di superare gli steccati ideologici, o almeno quelli dell'appartenenza. Dopo il significativo successo di Bucci a Genova, sostenuto da una lista civica personale, oltre che dalle forze della destra cittadina, e il lancio in grande stile del progetto di “Vivaio Liguria” di Giovanni Toti in vista delle elezioni regionali, abbiamo incontrato Arcangelo Merella, fondatore e candidato sindaco per la lista civica Ge9si nelle scorse elezioni per l’amministrazione di palazzo Tursi, ora protagonista della nascita del movimento "Liste Civiche di Liguria".

Si tratta di un progetto che coinvolge, oltre alla lista Ge9si, anche altre analoghe esperienze liguri, come le liste Avanti Insieme e Liguria Viva: abbiamo posto qualche domanda ad Arcangelo Merella per capire quale sarà il profilo del nuovo movimento, e quali saranno i suoi orizzonti di azione.

Il primo passaggio che questo nuovo soggetto si troverà ad affrontare sono le elezioni regionali. Nei documenti che hanno accompagnato i primi incontri che hanno dato vita al movimento, si fa riferimento a Mazzini e Turati come due figure che ispirano i valori del nuovo soggetto; al tempo stesso il movimento si definisce “di sinistra”, identificando in un riformismo incentrato su merito, federalismo, diritti individuali e necessità di un rilancio economico il proprio orizzonte di azione. Quale sarà il programma di Liste Civiche di Liguria e qual è la differenza con i percorsi civici partiti da destra?

Noi siamo partiti dalla consapevolezza della sparizione, probabilmente irreversibile, dei partiti novecenteschi, dai quali proviene la maggioranza di coloro che guidano queste liste civiche. La maggior parte di noi arriva da partiti radicati nella sinistra riformista del ‘900, e abbiamo avvertito la necessità di offrire una sponda a quei cittadini che non si sentono rappresentati, rispetto a temi territoriali, identificabili con i bisogni essenziali delle comunità locali. Guardiamo poi con interesse anche a quello che succede anche in altre aree del campo politico. Il tentativo di rappresentare i bisogni delle persone è stato fatto con le elezioni amministrative, che generalmente garantiscono di più un rapporto diretto fra eletto ed elettore. Il risultato ci ha incoraggiato ad andare avanti, visto che abbiamo riscontrato molto interesse. La nostra attività poi si è caratterizzata in particolare per due elementi: un forte rinnovamento del fare politica, partendo dal principio enaudiano del “conoscere per decidere”, che abbiamo tradotto privilegiando la competenza rispetto all’appartenenza. Abbiamo creato un modello di vita associativa e politica che avesse il presupposto di occuparsi dei problemi a fronte di una loro approfondita conoscenza. Per questo abbiamo dato vita a una scuola di formazione politica che tutt’ora opera, si chiama ‘I venerdì dei Ge9si’, e  una volta al mese approfondisce tematiche, mette a confronto le persone e le idee; questo serve per chiarire  le questioni all’interno del movimento, a far emergere il profilo programmatico della nostra iniziativa e a garantire a chi ci segue di essere a conoscenza di quello che facciamo. Non siamo un movimento ideologico, ma abbiamo dei riferimenti ideali, quindi abbiamo indicato Turati o Mazzini, ma potremmo dire Pertini, o indicare altri esponenti della vita politica contemporanea. Il nostro è un movimento che agisce in maniera trasversale, che ha, usando un termine un po' arcaico ma ancora valido, un profilo antifascista; abbiamo un orientamento democratico, che si inserisce nella tradizione del riformismo liberale del nostro paese.

Uno degli elementi di crisi maggiore che sta facendo sparire quanto rimane dei i partiti della sinistra tradizionale non è proprio quello di aver abbracciato visioni della realtà troppo poco distinguibili da quelle della destra e del liberismo? Un soggetto politico che si ascrive al campo della sinistra riformista come affronta questo nodo politico?

Una lista civica per sua natura , almeno in una prima fase, tende a non entrare nelle “grandi questioni”; poi è vero che la rete “Lista Civiche di Liguria” ha contatti significativi con analoghi soggetti di Lombardia e Piemonte, tanto è vero che all’atto fondativo del movimento sono arrivati i saluti da esperienze civiche di tutta Italia, a partire dal movimento di Pizzarotti, fino ai gruppi consiliari regionali di Lombardia e Piemonte, e del Comune di Torino, perché guardiamo anche al nord ovest come una macro regione dove devono crescere questi valori di rappresentanza delle istanze territoriali. E’ infatti probabile che questo tipo di esperienze trovi un momento di intesa in occasione delle prossime elezioni europee, dove il collegio di quelle dimensioni può esprimere anche una sua candidatura. Questo potrà mettere realtà civiche come la nostra un po’ più a contatto con temi di fondo come il lavoro, le imprese eccetera. Complessivamente però abbiamo un’idea moderna della politica, io personalmente sono molto legato alla tradizione socialista degli anni ’80 e ’90, Craxi e Martelli, la società dei meriti e dei bisogni, la libertà di impresa, la lotta con il sindacato più retrivo per garantire maggiore sviluppo, tutta la battaglia che ha fatto sulla scala mobile Craxi prima, poi anche il governo del paese, DeMichelis… si tratta di un momento della politica agito da uomini di un’altra generazione, sicuramente meglio attrezzata culturalmente e politicamente rispetto a questa banda di sprovveduti con cui abbiamo a che fare oggi. Questa è la nostra visione, che poi si adatta anche ai mutamenti della società: la globalizzazione certamente ha creato dei problemi, l’Europa stessa così com’è ora non piace nemmeno a noi.

Mi sembrava interessante una ricognizione sui "“grandi temi” perchè una delle istanze del movimento che sta nascendo è una forte spinta federalista, che porti agli enti locali maggiori responsabilità di governo, connesse a una maggiore capacità di spesa e investimento sul territorio...

Sicuramente la rete Liste Civiche di Liguria nasce proprio sulla base di una stretta connessione fra i cittadini e chi deve decidere come indirizzare risorse e politiche; inoltre io da sempre sono favorevole a un federalismo di tipo tedesco, svizzero. Un alto tasso di autonomia alle regioni accresce il senso di responsabilità dei vari amministratori, favorisce una certa competizione positiva: una gran quantità di risorse pubbliche vengono dissipate al sud, dove ci sono gli ospedali che usano cartone al posto del gesso, spesso costano più che al nord, e hanno una capacità di erogare servizi pari a un ospedale da campo di una zona di guerra. Poi molte aree del paese scontano un grande ritardo nella realizzazione delle infrastrutture, la presenza massiccia della criminalità, tutta una serie di cose che devono essere sconfitte anche grazie a quel meccanismo che mette in relazione le regioni virtuose, rispetto a quelle che non lo sono. D'altra parte noi abbiamo la fortuna di essere in un contesto, quello del nord ovest, che è una delle aree più  ricche d’Europa, sia per quanto riguardi il Pil che per quanto riguarda il reddito pro-capite, e il nostro compito è lavorare per uno sviluppo economico ordinato, per il rispetto dell’ambiente, delle imprese e del cittadino.

Non c’è il rischio che invece addossare più responsabilità a istituzioni locali aumenti questo divario fra aree economicamente più e meno floride del paese?

Il problema passa attraverso la fiscalità, attraverso i soldi che riesci a trattenere sul territorio e sulla responsabilità di doverseli gestire. Una delle proposte che abbiamo fatto durante la campagna elettorale per il comune di Genova con la lista Ge9Si, e che Toti ha fatto propria in un certo qual modo, è quella che parte dei proventi della fiscalità dei porti rimanga ai territori. Ad oggi non è così: solo il porto di Genova genera 5 miliardi di Iva e altre imposizioni fiscali sulle merci. Queste risorse vanno tutte a Roma, e sarebbe opportuno che una parte anche minima rimanesse alla città, anche solo l’1% a valori attuali significherebbe 50 milioni di euro per fare investimenti di carattere strategico. La Giunta Toti ha chiesto invece che una parte dell’Iva rimanga alla regione per investimenti di carattere infrastrutturale, ma il senso è lo stesso: prendere risorse da dove sono generate sulla base delle caratteristiche dei territori, a noi non interessa lucrare, ma prendere risorse dove ci sono e distribuirle equamente per generare più ricchezza. 

Un altro elemento interessante nei vostri documenti è il richiamo al concetto di patria, in che senso secondo voi occorre rivalutare l’uso di questa parola?

Si tratta di riconoscere nella patria l’idea di un’appartenenza ad un luogo geografico, politico, economico e umano che ti appartiene ed è tuo, che la nozione di “paese” aveva un po' abbandonato. Non si tratta di strizzare l’occhio al sovranismo, cosa che non ci interessa, visto che siamo tutti convintamente europeisti. Secondo noi oggi pensare di rinchiudersi all’interno dei propri confini non serve, lavorare invece in una nuova Europa dei diritti e doveri sì; non ci piace quest’Europa della finanza, non ci piacciono i paesi governati dalla troika, ma ci interessa molto un‘Unione in cui i temi fondamentali come i diritti delle persone, i temi del lavoro, dello sviluppo e dell’ambiente abbiano una rigorosa cornice normativa osservata in tutta l’Unione Europea. Questo è un grande mercato, in cui si può vivere bene se si produce bene, io vivrei con terrore l’idea di tornare alla lira. Giro abbastanza così come i miei figli, e chi ha fatto anche solo l’esperienza dell’Erasmus pensa come me che sia improponibile tornare a dover varcare una frontiera europea con documenti, dogane, cambio di moneta.

Come ridurre quella che da molti è considerata un’antitesi fra un’Europa più forte e delle nazioni più forti?

Io credo all’Europa delle nazioni, all’Europa delle patrie, è dal suo momento fondativo che questo principio è stato propugnato, nessuno pensava di sopprimere le identità nazionali. Ci vuole una maggiore integrazione, una difesa comune, una giustizia comune e delle politiche economiche che tengano sotto controllo le banche nazionali, perché singoli fallimenti rischiano di mettere in crisi l’intero sistema continentale. Tutto questo naturalmente nella visione di uno sviluppo ordinato, perchè dell’Europa che si occupa di autorizzare l’uso degli insetti a tavola non so che farne, ma un‘Unione che uniforma le regole per il mercato del lavoro con l’obbiettivo di qualificare la persona, o dove un processo amministrativo abbia la stessa lunghezza ovunque è fondamentale. Giustizia, difesa, sicurezza e dignità del lavoro sono temi su cui occorre un’intesa a livello europeo.

Sui fenomeni migratori quli sono le vostre posizioni?

Va bene il tema dell’accoglienza, ma nei limiti e secondo le regole del paese che si trova ad ospitare le persone in difficoltà. Se io garantisco dei diritti a chi arriva in Italia, devo anche avere la certezza che ci sono dei doveri, come quello di essere solidale con il paese che ospita. E’ necessario poi trovare delle vie di inserimento nel mondo del lavoro di queste persone, ad esempio con una dazione volontaria di lavoro da parte loro. Questo impegno non deve essere retribuito, per evitare di creare differenze nei confronti di coloro che si reputano discriminati in quanto italiani e senza impiego, ma ci sono numerosi lavori di pubblica utilità che possono essere così svolti, abbattendo i costi della manodopera. Sarebbe un’operazione importante anche per le amministrazioni locali, che spesso non hanno risorse sufficienti  alla manutenzione delle strade, dei parchi, delle ville. In questo modo ci sarebbe una forza lavoro da impiegare contro il degrado, magari sotto la guida di vecchi artigiani che conoscono il lavoro, in maniera che i migranti imparino un mestiere da mettere poi a disposizione della comunità. Siamo i primi a fare l’elemosina, ma lasciare queste persone a ciondolare la testa perché non sanno cosa fare è pericoloso, anche perché poi in mancanza di risorse di altro genere e abbandonati a loro stessi questi soggetti hanno una forte probabilità di finire per delinquere.

Lo ius soli è un provvedimento che incontrerebbe il vostro favore?

E’ una norma in molti casi giusta, con tutte le complessità connesse, che certamente aprirebbe fenomeni che andrebbero governati. Poi in Italia è molto difficoltoso discutere a ragion veduta di questi temi, perché subito ci si divide in opposte tifoserie, per cui spunta fuori il dato ideologico e le controparti i attaccano sistematicamente senza arrivare ad alcun risultato. Bisogna anche vedere cosa succede altrove, ad esempio mio figlio ha avuto un bambino ad Amsterdam, ma ha solo la cittadinanza italiana, ci vogliono anni per diventare cittadino olandese.

Riconoscere la cittadinanza a questi bambini non potrebbe anche aiutare a intervenire sul problema del calo costante delle nascite?

E’ possibile, ma sarebbe bene che lo stato aiutasse gli italiani ad avere dei figli, visto che attualmente è un costo esagerato; bisogna aiutare la famiglia. Non è che i giovani non vogliano fare figli, ma non hanno il denaro per permetterselo, dobbiamo aiutare i nostri cittadini, poi se avanzano delle risorse si può aiutare anche gli altri, ma prioritariamente bisogna pensare a chi è già cittadino altrimenti si creano dei risentimenti che fanno diventare un “gigante” un “nano” come Salvini.

Ormai quindi non ci si può più affrancare per necessità o convinzione dalla massima “prima gli italiani”?

Noi abbiamo chiamato la nostra lista “Ge9si”, dicendo ‘prima i genovesi’, ma non in termini razzisti. Il fatto è che tu devi curarti di chi vive nelle tue città da sempre, e la sensazione diffusa, non sempre sbagliata, è che chi non è nato qua sia più agevolato degli altri, pensiamo all’accesso alle case popolari o ad altri servizi. Ci sono dei dati che fanno riflettere; sono per aiutare tutti, ma anche per non trascurare chi è in casa sua da sempre.

Un altro tratto identitario di Liste Civiche di Liguria è quello di avere una ispirazione “liberal”, sul tema della famiglia ad esempio, qual è la vostra posizione su diritti civili e famiglie atipiche?

Siamo un movimento civico e, per sua definizione, trasversale in cui confluiscono tradizioni politiche e personali molto diverse, e questi temi di carattere etico non riscontrano mai un’unitarietà di vedute. Posso dire come la penso io, che sono abbastanza tradizionalista sotto questo profilo. Se ci sono diritti vanno riconosciuti, ma io preferisco che un bambino abbia un padre e una madre, non genitore 1 e genitore 2. Se c’è però l’esigenza di una coppia omosessuale che vuole adottare un bambino, magari solo, è meglio che lo possa fare. Sono invece contrario a quelle coppie che si fanno fare i figli per dire ‘sono i figli miei’, ma è bene che nel movimento ci sia anche chi la pensa in maniera più libertaria. Siamo per la laicità, per le libere coscienze, ed è giusto che ciascuno abbia le proprie posizioni su questi temi.

E invece su altri temi come eutanasia e stupefacenti come la pensate?

Penso non affronteremo mai questi temi se non nell’ottica di qualche norma regionale o qualche indirizzo di carattere amministrativo per quanto riguarda i Comuni, ma fra di noi ci sono posizione le più disparate. Personalmente sono finito sui giornali insieme a Baget Bozzo e al portiere della Sampdoria del tempo in cui facevo politica da giovane, perché inseriti nel novero dei proibizionisti. Sull’eutanasia penso che finchè qualcuno è in vita è bene si faccia di tutto per prolungare la sua esistenza. Poi se ci sono situazioni di sofferenza dove non ci sono possibilità di miglioramento e l’interessato esprime la sa volontà, si può anche valutare di dare corso alle sue richieste. Sulle droghe invece sono molto più fermamente contrario a forme di liberalizzazione, anche per quanto riguarda le sostanze considerate leggere.

Carlo Ramoino


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