Cultura - 01 agosto 2018, 10:00

Asymmetry of Ego: "Le maschere che indossiamo fanno a pugni con l'Io"

Simone Carbone, voce della band, racconta la storia e i progetti del gruppo genovese: “Genova, una città viva e piena di talenti da scoprire” (VIDEO)

Letteralmente “Asimmetria dell’Ego”, gli Asymmetry of Ego sono un gruppo Alternative Rock genovese composto da Simone Carbone (voce e chitarra), Paolo Valanzola (chitarra), Marco Fruliano (batteria), Davide Medicina (basso) e Stefano Bergamaschi (synth, chitarra e cori). Nati ufficialmente nel 2014, imbastiscono il progetto musicale già nel 2010, unendo diverse esperienze musicali ma ritrovandosi insieme nell’ambito rock.

Un nome che non definisce soltanto il mood intrinseco di alcuni brani ma che caratterizza anche l’Io della band stessa: la divisione e la convivenza, spesso infelice, che esiste tra personalità più intima e maschera sociale. Come spiega Simone Carbone.

Qual è il significato di “Asymmetry of Ego”?

Il nome nacque da uno spunto del chitarrista Paolo Valanzola che propose un tema particolare diventato con il tempo uno dei fili conduttori di alcuni dei nostri brani. Con Asymmetry of Ego noi intendiamo essenzialmente l’asimmetria dell’ego, quella situazione di divisione interiore che tutti viviamo: da una parte vi è la personalità più intima che delinea la nostra persona, dall’altra, invece, abbiamo le maschere pirandelliane attraverso cui viviamo la nostra socialità. Spesso queste due realtà non convivono in modo pacifico e nascono conflitti interiori importanti. Il nome, inoltre, rispecchia quello che siamo come gruppo: tutti noi siamo diversi, proveniamo da esperienze e gusti musicali differenti e quindi, in questo senso, possiamo definirci asimmetrici.

Nella vostra biografia avete indicato di appartenere all’Alternative Rock: qual è la differenza tra questo genere e il Metal?

Per semplificare potremmo dire che nonostante l’Alternative Rock e il Metal facciano entrambi parte del Rock, il Metal rappresenta la sua anima più aggressiva a livello di sonorità e timbri. A volte abbandona la sua sfera più intima per dare spazio a un’energia più forte e dura. Tuttavia, ci si riferisce sempre al grande calderone del Rock: che si parli di Indie Rock o di Death Metal, comunque ci collochiamo in questo ambito.

Qual è la situazione del Metal a Genova?

Genova dal punto di vista artistico-musicale è una città molto viva e piena di talenti: mi capita spesso di ascoltare band, anche attraverso i social network, che si fanno notare per la bravura e la capacità comunicativa. Genova è piena di artisti che hanno realmente qualcosa da dire. Il mio discorso non si limita all’ambito Rock-Metal ma è più generale: entro molto spesso in contatto con gruppi che si sanno distinguere malgrado la città non sempre offra le giuste strade. Paradossalmente, però, questa chiusura giova agli stessi artisti poiché aiuta a fare una sorta di selezione e a capire chi davvero merita di andare avanti.

Cantate prevalentemente in inglese: avete mai pensato all’italiano?

Il progetto è partito fin da subito con l’idea dell’inglese. Gli esperimenti ci sono stati ma la nostra convinzione è quella che la sonorità della lingua inglese riesca meglio a compenetrare la musica. Inoltre, c’è da sottolineare come il Rock da sempre faccia parte della cultura anglosassone, un po’ di più rispetto a quella italiana e per questo motivo riesce ad essere più diretta e pragmatica. L’italiano, per quanto sia una lingua dolce e meravigliosa, è difficile da mettere in metrica secondo i canoni del Rock.

Possiamo sfatare il mito che associa il Metal a brani cupi e negativi?

Sì, si può tranquillamente sfatare, anzi. Talvolta in alcuni brani appartenenti a questo genere si ha un livello di riflessività che molto spesso nel Pop è inesistente, specialmente oggi. Probabilmente non ha e non avrà mai il peso e l’importanza tipica dell’Hip-Hop, dove il testo gioca un ruolo chiave. Infine, sì, se vogliamo precisare, ci sono branche del Metal, come il Black o l’Heavy Metal dove i riferimenti a contesti macabri e cupi sono molto frequenti, ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio.

Il videoclip del brano “Erase Myself” è molto toccante: che cosa volevate comunicare?

Il video di Erase Myself viaggia su un binario parallelo rispetto a quelle che sono le parole del brano. Il testo, infatti, vuole affrontare il concetto dell’influenzabilità della mente umana, quanto, cioè, i fattori esterni e le apparenze possano pilotarci in una direzione piuttosto che in un’altra, a livello di ideali ma anche di semplice atteggiamento. Il video, invece, cerca di mostrare il concetto da un punto di vista più personale: parla di una persona che sembra avere una determinata intenzione, ma che viene smentita solo alla fine. L’idea è stata del regista Andrea La Rosa di Lucerna Films, il quale si è lasciato ispirare dal brano stesso e ha ideato una trama ad hoc che potesse comunicare il concetto tramite immagini evocative. Ha realizzato un lavoro splendido e in tempo record. Siamo stati davvero soddisfatti di aver collaborato insieme a lui e il video ci ha emozionati molto.

I brani del vostro ultimo album Forsake Beyond the Dusk sono collegati da un filo conduttore: ce lo puoi spiegare?

Sì, in molti brani del disco c’è la volontà di raccontare il rapporto tra personalità intima e maschere sociali. La storia del brano I Don’t Know, di cui sono autore, è una di quelle che più mi ha colpito. Racconta di quando, alcuni anni fa, ho conosciuto una persona affetta dalla sindrome di Tourette. A causa di questo disturbo, suo malgrado, aveva degli atteggiamenti inconsulti tra cui urla e gesti frenetici. Ciò che più mi colpì è che per questa persona le movenze non erano in nessun modo rappresentative della sua personalità. Tuttavia, per chi entrava in contatto con lei era quasi impossibile discernere personalità reale da quella apparente. La conseguenza di questo disturbo fu la solitudine; per questo motivo decisi di raccontare la sua storia attraverso una canzone.

Nel panorama musicale odierno sembra avere successo solo l’Indie: che cosa ne pensi?

Si tratta di un discorso un po’ delicato. Oggi si sente parlare di Indie come se fosse un genere totalmente nuovo, ma stiamo parlando di uno stile che rientra nel Pop, come il Metal rientra nel Rock. Anche la musica è storia: ci sono periodi storici in cui certe sonorità e alcune strategie musicali per veicolare i messaggi sono più efficaci di altre; ma è un concetto in continua evoluzione e mutamento. Si potrebbe fare un altro esempio con il genere Trap: anche in questo caso, è evidente come il periodo storico attuale permetta ad esso di veicolare meglio i messaggi. Oggi sta funzionando ma domani i tempi cambieranno. A questo proposito è bello evidenziare come la musica rappresenti una sorta di specchio sociale nel quale si riflette la realtà: basti pensare alla storia del Punk. Trovo spesso che le arti in generale siano strettamente legate al momento storico in cui si manifestano.

Da dove prendete ispirazione per i vostri brani?

In linea di massima ovunque. Ciononostante abbiamo dei punti di riferimento molto chiari nel panorama musicale Rock-Metal, a partire da ciò che ascoltavamo in adolescenza, come il New Metal Alternative, fino ad arrivare a influenze più moderne dal mondo del Progressive. Sulle melodie capita spesso che le influenze arrivino addirittura dal mondo del Pop e dall’R’n’B cui io, Marco e Davide siamo molto legati. Ci siamo sempre dati una linea guida da seguire ma lasciamo con molta libertà che le contaminazioni arrivino da sole, che è poi la vera natura del Prog-Rock, un genere influenzato da molte realtà musicali.

Quali sono i vostri progetti futuri?

Attualmente stiamo lavorando ad alcuni nuovi brani in vista dell’anno prossimo. Nel frattempo stiamo già collaborando con la nostra agenzia, Sorry Mom! per riuscire a raggiungere alcuni obiettivi prefissati da tempo e arrivare laddove non siamo ancora arrivati. Recentemente, inoltre, siamo entrati a far parte di una bellissima realtà, orgogliosamente genovese, Black Widow Records: un’etichetta discografica che si occupa di band progressive su scala mondiale. Per noi rappresenta un grande traguardo essere riusciti ad entrare a far parte di questo gruppo anche se siamo solo agli inizi.

Chi è per te la voce di Genova?

Si tratta di una domanda difficile. La risposta ovvia sarebbe certamente Fabrizio De André ma la verità è che, nell’ambito Rock, le voci genovesi sono state davvero molte. Di sicuro, a livello di importanza, di influenza e di argomenti trattati, Fabrizio rimane inarrivabile. Tuttavia, se devo pensare a qualcuno che abbia giocato un ruolo cruciale a livello musicale mi viene in mente Ivano Fossati; un artista ricco non solo dal punto di vista testuale ma anche musicale e soprattutto molto più progressive di ciò che si possa pensare.

Giovanna Ghiglione