Cultura - 11 luglio 2018, 12:28

Donatella Mascia: il mio "corto" tra vizi capitali, gatti e invenzioni

Donatella Mascia, ingegnere genovese e scrittrice di romanzi e racconti di successo, dopo aver vinto il premio "Racconti per corti" di LuccAutori, che diventerà un cortometraggio, si racconta e racconta da dove nascono le sue storie

Foto: Francesca Traverso

Aveva un nonno inventore e col pallino per la meccanica. Lei, da ingegnere, ama la tecnologia, ma ha scoperto che la sua grande passione è la scrittura e intanto sogna di scrivere sceneggiati per la tv. Da qui nascono le storie di Donatella Mascia, in cui il nonno, ma anche gli animali, sono protagonisti di avventure gialle e romanzi storici, prevalentemente per ragazzi. Ha vinto numerosi premi e riconoscimenti – finalista nel concorso Giovane Holden, secondo classificato al Premio Letterario Città di Recco 2016, finalista al Premio Acquistoria 2016 e altri ancora – fino ad arrivare all’ultimo, il premio “Racconti per corti” con il suo “Vizio capitale”, che diventerà un cortometraggio. Ecco chi è Donatella, anche copresidente, con Francesca Traverso, di EWMD (European Women Management Development).

Qual è la tua storia prima di diventare scrittrice?

Mi laureo in ingegneria, come mio padre, che mi diceva che era il mestiere più bello del mondo, e sono contenta di averlo fatto, anche perché ho lavorato con lui per molti anni nello studio Mascia, e poi ho intrapreso la carriera universitaria insegnando Costruzioni Navali, non dove insegnava anche lui, perché, giustamente, non voleva fossimo accusati di nepotismo. Ora sono in pensione, ma continuo a insegnare ai ragazzi che lavorano nel mio studio, la Società Archimede. Ho avuto soddisfazioni notevoli, lavorando a progetti importanti, come al Carlo Felice, ai Magazzini del Cotone e altri legati a Expo. E al Mose, che è un bel riconoscimento professionale. Sono molto aperta all’innovazione, e infatti tutti i progetti sono fatti con Building Information Modeling, ma vorrei staccarmi dallo studio, dove adesso lavora anche mia figlia, per dedicarmi a quella che ho scoperto solo nel 2013 essere la mia passione.

Come hai scoperto che scrivere è la tua passione?

Ho iniziato, appunto nel 2013, decidendo di scrivendo del fratello di mio padre, che a quindici anni è scappato nelle Camice Nere: ho voluto così raccontare dei perdenti che ci credevano, e questo è stato pubblicato anche dal Secolo XIX, dandomi soddisfazione e iniziando a scrivere romanzi e racconti.

Il ricordo dei familiari e la passione per la tecnologia sono un fil rouge dei tuoi romanzi?

Sì, infatti il primo romanzo, “Magnifica Vis(i)one”, rappresenta l’incontro tra la nuova tecnica, la meccanica, e la realtà contadina del 1920, che in Piemonte e ha avuto come tramite i miei nonni da giovani. Le sorelle Gaslino, infatti, incontrano i fratelli Caffarena, facendo capire come la mancanza di rapporti fosse dovuta alla mancanza di comunicazione, che poi è stata superata poi col treno e i mezzi di trasporto propri: infatti mio nonno, che amante della meccanica e un inventore, aveva la moto e raggiungeva il Piemonte così. Al primo contatto con mia nonna non si capivano nemmeno, perché parlavano uno genovese e l’altra piemontese. Si capisce l’isolamento all’epoca dovuto al Passo del Turchino. E poi la meccanica che arriva nella tradizione contadina, quindi il trattore, e tutto ruota intorno a un tesoro, e al Castello di Visone, che è il paese di mia nonna. Nel paese, l’uomo amante della meccanica e dell’invenzione cerca il tesoro della leggenda e inventa una macchina per trovare i metalli senza avere energia elettrica. Il tesoro bisogna vedere se è proprio quello che si cercava o se è metaforico, e in tutto questo contesto il deus ex machina è il parroco. La ricerca del tesoro è una scusa per raccontare abitudini contadine di allora, che non erano molto cambiate negli anni Cinquanta rispetto al 1920.

L’invenzione ricorre anche nel secondo romanzo storico?

Sì, finalista ad Acquistoria 2016, “Lo spione di Piazza Leopardi” si svolge negli anni Trenta a Genova, appunto in Piazza Leopardi, ed è un giallo che parla di falsari, scritto con una certa ironia. Il richiamo alla tecnica nel romanzo è dato dal sistema di registrazione della voce, servito a una delle prime indagini ambientali dell’epoca, e naturalmente è fatto dall’inventore, quello del primo romanzo, che se la costruisce. Poi ci sono le indagini, le storie di denaro falso e una velata storia d’amore. Ma i miei libri sono per ragazzi.

Anche in “Quel gran signore del gatto Aldo” ci sono giallo e tecnologia.

Sì, Gatto Aldo si svolge ai giorni nostri, e racconta di un gatto raccolto da una pianista in pensione, Eugenia, cui è molto grato, perché salvato da morte certa, e quindi per ringraziarla le porta un dono al giorno, finché le porta uno strano oggetto. Sarà Oscar, il ragazzo cui dà lezioni di pianoforte, a capire che si tratta di una pennetta usb. Da qui, guardandone il contenuto, si sviluppa il giallo. Questo libro ha vinto il Primo Premio dell’Antico Borgo e ha ricevuto una bella recensione al Premio Italo Calvino. Il 14 luglio lo presenterò a Viareggio.

E ora “Vizio capitale” diventerà un cortometraggio.

Sì, nell’ambito di “Racconti nella Rete” ho vinto la sezione “Racconti per corti 2018” e il cortometraggio sarà realizzato dalla Scuola di Cinema Immagina di Lucca. È un racconto, ma dal momento che i miei racconti hanno sempre molto dialogo, è facile trasformare “Vizio capitale” in una sceneggiatura. Sarà proiettato a Lucca in occasione della XXIV edizione del festival LuccAutori in programma dal 21 settembre al 7 ottobre 2018.

Possiamo rivelare la trama di “Vizio capitale”?

In una piccola chiesa di campagna è quasi l’ora del desinare, ma Giuseppina, una vecchia contadina, decide di mettersi a posto la coscienza, perché ha commesso un grave peccato. Quale migliore occasione di una confessione per lavarsi l’anima? Don Giacomo, schiacciato dentro il confessionale non vede l’ora di uscirne, visto che il suo stomaco reclama, e pensa di cavarsela rapidamente. Ma non sarà così. Un grande dilemma si abbatte sui due personaggi. Saranno capaci di risolverlo?

Cosa rappresenta per te vedere un tuo racconto trasformato in video?

Il mio sogno è scrivere sceneggiati per la tv, quindi per me è molto importante e avrò la possibilità di seguire le riprese a Lucca. Ho cercato anche i bandi della Rai, ma richiedono soggetti molto brevi, o essere affiancati da un regista, che conosca e indichi tutta la parte tecnica. Mi dispiace aver iniziato ora, senza aver fatto una scuola, perché che ora è tardi.

Hai altre opere nel cassetto?

Ho scritto una commedia, che ha vinto un premio, e nel cassetto ho una serie di racconti, che farò uscire, e che hanno gli animali come denominatore comune: animali che trionfano sempre, come in “Un tesoro di cane”, “Il risveglio” e “Laurea ad honorem”, finalisti del Premio Letterario Mario Soldati. Infine sto scrivendo un altro romanzo, “Ricostruzioni”, sullo scandalo negli anni Sessanta della Pedemontana; anche qui ci sono un’indagine e al centro un cane lupo, Uto, sempre presente, un po’ come il Gatto Aldo.

E a proposito di premi: con l’associazione femminile EWMD avete indetto un concorso letterario.

Sì, lo scopo di EWMD (European Women Management Development) è quello di valorizzare la donna nella società, quindi nel mondo del lavoro e non solo, e dopo essere andata a Brescia, dove sono molto attive, a presentare il Gatto Aldo, ho pensato di indire un concorso letterario: abbiamo avuto successo, perché abbiamo ricevuto più di cento racconti da tutta Italia e vogliamo replicare. Come associate ci riuniamo una volta al mese, ma ci vorrebbero tante socie per mettere su progetti e avere le risorse finanziare adeguate.

Medea Garrone