Dove sono andati a finire i 48 milioni di euro che il tribunale di Genova vorrebbe sequestrare dopo la condanna di Bossi per truffa ai danni dello Stato? Il tesoro del Carroccio e l'attività della magistratura genovese sono al centro di una laboriosa inchiesta de L'Espresso, in edicola domenica 1 aprile. Dal titolo eloquente: "I conti segreti di Salvini". Secondo il settimanale, che ha preso in rassegna anche documenti bancari, sia sotto la gestione di Roberto Maroni, sia in seguito sotto quella di Salvini, ci sarebbero stati numerosi investimenti di denaro.
"Una legge del 2012 - anticipa L'Espresso - vieta ai partiti politici di scommettere i propri denari su strumenti finanziari diversi dai titoli di Stato dei Paesi dell'Unione europea. Il partito che si batte contro l'Europa serva di banche e multinazionali ha cercato di guadagnare soldi comprando le obbligazioni di alcune delle più famose banche e multinazionali".
"In questa trama finanziaria si ritaglia un ruolo anche un'associazione finora sconosciuta - prosegue il settimanale - Si chiama 'Più voci'. Una onlus come tante, ma di area leghista. Con una particolarità: è usata dalla Lega per ricevere finanziamenti dalle aziende, denari girati subito dopo a società controllate dal partito. L'associazione è stata creata da tre commercialisti fedelissimi a Salvini nell'ottobre del 2015, nel pieno del processo per truffa contro Umberto Bossi e l'ex tesoriere Francesco Belsito. Non ha un sito web, né sembra attiva nel dibattito pubblico. Di certo, però, su quel conto corrente hanno lasciato traccia lauti bonifici".
"Chi ha finanziato la sconosciuta Più voci?", si chiede L'Espresso, che pubblicherà i nomi delle aziende e degli imprenditori che hanno offerto il loro contributo alla Lega.