E' di sette arresti il bilancio dell'operazione della guardia di finanza di Taranto che ha eseguito le ordinanze di custodia cautelare, perquisizioni e sequestri per la Ilva. Delle tre ordinanze in carcere (le altre quattro riguardano gli arresti domiciliari), una e' nei confronti di Fabio Riva che allo stato e' irreperibile. Due dei provvedimenti si riferiscono a procedimenti autorizzativi rilasciati dalla Pubblica amministrazione per materie ambientali e discariche, gli altri cinque invece sono riferiti al cosiddetto "filone Ilva" per il quale da luglio scorso e' in atto un sequestro per disastro ambientale degli impianti dell'area a caldo.
Le ipotesi di reato vanno dall'associazione a delinquere (finalizzata al disastro ambientale aggravato e all'omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, avvelenamento di acque e sostanze alimentare), concussione e corruzione . Coinvolti, fra gli altri, Fabio Riva, vicepresidente dell'omonimo gruppo siderurgico, l'ex assessore all'Ambiente della Provincia di Taranto, Michele Conserva, l'ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto, Luigi Capogrosso, e l'ex consulente dell'Ilva di Taranto, addetto ai rapporti con le Pubbliche Amministrazioni, Girolamo Archina'. Ci sono anche circa 20 indagati a piede libero, e' stato sottolineato nel corso di una conferenza stampa svoltasi nella sede del comando dalla Guardia di Finanza, il procuratore capo della Repubblica, Franco Sebastio, non ha escluso ulteriori sviluppi.
Parlando del filone d'indagine relativo all'Ilva, il magistrato ha evidenziato come "il diritto alla vita e il diritto alla salute non siano comprimibili dall'attivita' economica. Non ci possono essere situazioni di inesigibilita' tecnica ed economica quando e' in gioco il diritto alla vita che e' un diritto fondamentale sancito dalla Carta Costituzionale". Un riferimento che il procuratore ha fatto proprio per evidenziare la gravita' dell'inquinamento contestato all'Ilva.
"Stiamo parlando - ha aggiunto il procuratore - di reati di pericolo che coinvolgono un gran numero di persone". Spiegando poi il provvedimento di sequestro sui beni prodotti dall'Ilva, coils e lamiere, il procuratore ha detto che "questi prodotti sono il prezzo e il profitto di un'attivita' che noi riteniamo penalmente illecita e quindi come tale da sottoporre a sequestro". In altri termini, i pubblici ministeri hanno ritenuto di dover sequestrare i prodotti finiti dell'Ilva in quanto dopo il sequestro dell'area a caldo senza facolta' d'uso fatto a luglio scorso, l'azienda ha ugualmente continuato a produrre.
Il procuratore ha poi smentito che questa produzione, avvenuta dopo il sequestro, sia dovuta anche ad un'azione di mancata vigilanza dei custodi giudiziari responsabili delle aree del sequestro. Il procuratore ha infatti chiarito che il primo provvedimento del gip, risalente al 26 luglio scorso, prevedeva che gli impianti dell'Ilva venissero spenti per far cessare le situazioni di pericolo. Successivamente due provvedimenti del tribunale del riesame hanno evidenziato - ha detto il procuratore - che "lo spegnimento non era l'unica misura possibile e che in ogni caso bisognava salvaguardare l'integrita' degli impianti per non comprometterne l'eventuale ripresa produttiva futura e la sicurezza dei lavoratori addetti.
Questa puntualizzazione del riesame - ha sostenuto il procuratore Sebastio - ha fatto si' che i custodi giudiziari sviluppassero un ulteriore lavoro di approfondimento tecnico e noi nelle ultime settimane abbiamo anche contattato delle aziende esterne all'Ilva che si sono dette disponibili a procedere allo spegnimento degli impianti fermo restando tutte le misure e le cautele tecniche e di sicurezza.
Il sequestro fatto a luglio presupponeva anche una collaborazione da parte del soggetto colpito, collaborazione che invece non c'e' stata, ne' noi la potevamo imporre. Ecco perche' si e' reso necessario individuare delle alternative come appunto il ricorso ad aziende esterne, anche se esiste un problema di spesa che dovra' affrontare l'erario". Al procuratore e' stato poi chiesto se di fatto il blocco a valle dei prodotti dell'Ilva non portera' ora l'azienda a doversi autonomamente fermare. Il procuratore ha cosi' risposto: "Questo lo dovete chiedere all'Ilva, non a noi".
Il procuratore ha poi aggiunto che gran parte dell'inchiesta si e' basata sulle intercettazioni "dalle quali non certo emerge - ha affermato Sebastio - un quadro allegro e confortante". A tal proposito il procuratore ha citato un'intercettazione, senza pero' specificare a chi fosse riferita, nella quale si dice testualmente: "Due casi di tumore in piu' all'anno... Una minchiata". Noi - ha affermato il procuratore - siamo dell'avviso che la vita umana sia sacra e anche il diritto alla vita di una sola persona va tutelato sopra ogni cosa. Ci conforta che le nostre richieste siano state accolte integralmente dal gip".